7 aprile 1939: invasione italiana dell’Albania

Alla base dell’invasione italiana dell’Albania, del 7 aprile 1939, c’erano i rapporti tra le due nazioni nel primo dopoguerra. Questi ebbero la loro consolidazione nel 1925. In quest’anno infatti si stipulò un accordo con Zog (futuro re d’Albania) che prevedeva la fondazione della banca nazionale albanese tramite crediti italiani. Questo legame si fece più forte quando nel 1926 e nel 1927 i due governi decisero di sottoscrivere rispettivamente il primo e il secondo Patto di Tirana. Questi patti sancivano una vera e propria alleanza tra l’Italia fascista e l’Albania, la quale era vista, nella politica estera mussoliniana, come baluardo contro una possibile espansione Jugoslava.

Solamente nel maggio del 1938 però si iniziò veramente a pensare ad un piano per occupare l’Albania. Ciano, ministro degli esteri, si pose come ideatore dell’impresa, ma Mussolini ne rinviò la data all’anno successivo sperando di trovare tempi più maturi. Tutto sembrò pronto quando in Jugoslavia, il 4 febbraio 1939, il filoitaliano presidente del consiglio Stojadinovic fu costretto a dimettersi. Questo imprevisto causò le preoccupazioni di Ciano e di Mussolini, i quali temevano un possibile intervento della Germania nella crisi jugoslava. Il timore era la creazione di una sfera d’influenza tedesca nell’area balcanica, obiettivo della politica estera italiana fin dai tempi della prima guerra mondiale.

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Galeazzo Ciano, ideatore dell’occupazione italiana in Albania

A tutto ciò, si aggiunse lo smembramento della Cecoslovacchia. Infatti il 15/3/39 le truppe tedesche entrarono in Boemia e Moravia, occupando Praga. Nello stesso giorno la Slovacchia si pose sotto la protezione tedesca. Il colpo nazista ebbe sul duce un effetto traumatico. C’era voglia di rivalsa nei confronti della Germania, che non aveva messo al corrente quelli che ormai erano i suoi più stretti alleati. Così sembrò finalmente opportuno a Mussolini intraprendere l’impresa d’Albania, cercando quel tanto agognato prestigio per il regime fascista. A questo, va aggiunta quella che era per il duce una risposta alla Francia e alla Gran Bretagna: far capire loro che l’Italia non era alle corde e che contava ancora sul piano internazionale.

Materialmente lo sbarco e l’invasione furono semplici e di breve durata. In due giorni, il 7 e l’8 d’aprile, tutto si risolse. Re Zog abbandonò il paese e una fantomatica costituente decise di offrire a re Vittorio Emanuele la corona d’Albania. L’incoronazione avvenne il 16 aprile e il sovrano italiano accolse la proposta come se fosse un grande onore, dimenticandosi di aver osteggiato l’impresa che, secondo lui, avrebbe portato alla conquista di “quattro sassi”.

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Vittorio Emanuele III di Savoia. Il 16 aprile ottenne la corona d’Albania

Ovviamente l’espansionismo fascista non passò inosservato, anzi fece finalmente aprire gli occhi all’Inghilterra. Il governo britannico capì che non ci si poteva più fidare di Mussolini e delle sue mosse. Inoltre va ricordato che, nello stesso periodo, andavano crescendo le rivendicazioni tedesche sulla Polonia e che, poco tempo dopo, sarebbe stato firmato tra Italia e Germania il Patto d’Acciaio. Il 7 aprile 1939 non fu certamente la causa scatenante della seconda guerra mondiale, ma sicuramente fu uno di quelli eventi che portarono la situazione europea, già molto compromessa, verso un punto di non ritorno.

 


FONTI

Renzo De Felice, Mussolini il duce, Einaudi 2008

Giorgio Candeloro, Storia dell’Italia moderna, Feltrinelli 2014

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