Parigi XXI (Miraggi Edizioni, 2016) è il primo libro di Iacopo Melio – classe 1992, giornalista freelance e attivista per i diritti umani e civili, noto per aver fondato nel 2014 la Onlus Vorreiprendereiltreno, impegnata nella lotta contro le barriere architettoniche.
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Si tratta di una raccolta di poesie, anche se nel prologo lo stesso Melio non la definisce tale, mentre Guido Catalano nella postfazione le restituisce questa etichetta. Ha una struttura singolare: si apre e si chiude, infatti, con una parte in prosa, e al centro vi sono i diversi componimenti.
Se si possono individuare, almeno astrattamente, due protagonisti, essi sono Giacomo e Francesca, e le poesie sono state scritte da lui e raccontano di lei, della sua bellezza e del loro amore. Tuttavia, questi non sono personaggi avulsi dal lettore, ma anzi quest’ultimo potrebbe proprio immedesimarcisi: d’altronde è ciò che si auspica Melio nel prologo, presentando la lettura del libro come una sorta di viaggio avventuroso da compiere insieme all’insegna della condivisione e della riscoperta.
Spiegando, inoltre, cosa ha rappresentato per lui scrivere quest’opera: «Parigi XXI è stato un viaggio, un’escursione, un ‘safari mentale’. La mia ancora di salvezza. Il miglior modo che potessi trovare per esorcizzare alcuni lividi» (p. 6). Dopotutto, si scrive per liberarsi e per esprimersi; e forse, implicitamente e indirettamente, è un ulteriore invito al lettore a riconoscere sé stesso in Giacomo.
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La scrittura, dunque, viene vista come potente veicolo di espressione delle proprie emozioni più recondite, un intelligente metodo per imprimere su carta momenti trascorsi, vissuti e condivisi, catturandoli come se fosse una sorta di fotografia sensoriale da cui si estrapolano gioie e dolori. Quell’amore così bello, ma che ha fatto così male: è sulla scia di questa dicotomia che si muove tutto il libro, destreggiandosi tra un tono delicato ed uno struggente, attraverso una scrittura sempre scorrevole e diafasicamente orientata verso i tratti caratteristici della lingua parlata – periodi brevi, uso notevole del punto fermo e ricorrenza del “che” polivalente.
Si delinea un legame passionale, infatti il corpo di Francesca viene emblematizzato dalle sue mani e dai suoi occhi che si rispecchiano in quelli di Giacomo, costituito soprattutto da abbracci e da promesse e da dettagli, con la leggerezza dei vent’anni ma con l’intensità di chi ci mette tutto il proprio cuore.
E alla fine, che cosa resta? La parte finale in prosa si configura come un ultimo invito che Melio rivolge al lettore: la nostra vita è come un foglio bianco e ogni esperienza che facciamo, ogni persona che incontriamo è una linea colorata e sempre diversa che sfiora il nostro foglio con un tratto più o meno pesante. Non si può cancellare una linea, non si può eliminare un ricordo dalla nostra memoria, e forse non è nemmeno giusto. Lo si può solo accettare e andare avanti, cercando di essere felici. E magari, chissà, un giorno lo si potrà riprendere in mano e decidere di usarlo per trarne qualcosa di bello. Un dipinto. Una canzone. O un libro di poesie.
Iacopo Melio, Parigi XXI, Miraggi Edizioni, 2016