Big Little Lies e l’arte di mostrare donne vere

Una ricca città, californiana, quattro madri, un incidente tra i bambini, e una morte misteriosa. Sono questi i presupposti di Big Little Lies, la nuova mini serie della HBO dal cast sellare (tra gli altri Laura Dern, Nicole Kidman, Reese Witherspoon e Alexander Skarsgard) e dagli stellari risultati, cinque Emmy vinti su otto.

La vicenda si apre a Monterey durante l’inizio dell’anno scolastico. Tutto sembra perfetto, tutti amichevoli. Ma mentre incominciamo pian piano a conoscere le nostre protagoniste, subito un evento sembra interrompere la perfezione del luogo presentatoci: a scuola la figlia di Renata (Laura Dern) è stata strozzata, e la bambina dice che è stato il nuovo arrivato, figlio di Jane (Shailene Woodley), che viene subito catalogato come bullo. È così che incomincia ad emergere la vera natura di Monterey: sotto la perfezione si cela l’odio, l’invidia e il risentimento di persone ricchissime, che dalla vita dovrebbero avere tutto ma in realtà sono profondamente insoddisfatte. Il clima astioso monta inevitabilmente fino alla morte misteriosa di un personaggio, di cui solo alla fine della serie scopriremo l’identità.

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Il punto forte della sceneggiatura è proprio la tensione che riesce a creare tra i vari personaggi, portando lo spettatore a cambiare sempre idea su chi sia stato effettivamente ucciso. A Monterey infatti tutti potrebbero aver ucciso tutti, e tutti potrebbero essere stati uccisi da tutti, perché sotto la patina di perfezione vi è in realtà l’odio più recondito, e spesso vi è nascosta una grande quantità di violenza repressa, che porta lo spettatore a vedere in chiunque i possibili colpevole e vittima. È stata forse Renata ad uccidere Madeline (Reese Witherspoon) perché quest’ultima isola la figlia della prima, o per proteggere il figlio di Jane? O forse è Jane che ha ucciso Renata? O forse ancora è di Celeste il corpo che trovano, ormai uccisa da un marito che, poverino, l'”amava troppo”?

Durante la visione diventa plausibile una risposta positiva a qualsiasi di queste domande, perché gli sceneggiatori  sono riusciti a creare dei personaggi credibili e dunque complessi, che spesso è difficile inquadrare completamente. Questo fattore contribuisce all’indagine da parte dello spettatore, che continuamente si vedrà a cambiare idea su chi sia morto, chi in un qualche modo abbia “meritato” la morte più di altri,  e chi abbia avuto più ragioni per uccidere.

Big Little Lies non è infatti solo un drama condito da un misterioso omicidio, ma è un racconto di dinamiche vere che possono intercorrere tra madri e padri quando subentra un pericolo per la propria famiglia. Tutti in un qualche modo cercano di proteggere i propri cari, e per questo tutti sono passibili d’ipotesi di reato. Soprattutto però il merito della serie coprodotta da Witherspoon e Kidman è quello di – finalmente- portare sullo schermo delle donne vere, dei personaggi complessi e verosimili che non dipendano da altri protagonisti maschili.

Renata, Madeline, Jane, Celeste sono donne forti, capaci ed intraprendenti che spesso creano invidia, ma soprattutto intimidiscono spesso anche gli altri personaggi. Esse non hanno intenzione di sottostare a nessuno, e ciò nonostante sono fragili, spesso spaventate da anche piccoli eventi che sembrano sfuggir dal loro controllo, come può essere il bullismo che vedono subire dai loro figli a scuola.

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Non è dunque una sorpresa che Big Little Lies abbia ottenuto un così ampio successo e consenso – tra i prestigiosi riconoscimenti si contano cinque Emmy, quattro Golden Globes e quattro Critic’s Choice Awards. Questa miniserie non è infatti  solo un ottimo prodotto a tutti i livelli – che si parli di sceneggiatura, regia o interpretazioni attoriali – ma è soprattutto la dimostrazione che, come la stessa Witherspoon ha detto, prodotti incentrati sul femminile e sulla sua complessità non solo funzionano, ma piacciono, e dunque sono redditizi.

Big Little Lies è l’esempio più perfetto di come pensare e realizzare film e serie incentrati sulle donne non sia un servizio pubblico, ma una necessità. E soprattutto in un momento come quello che stiamo vivendo, caratterizzato da movimenti come Time’s Up e #metoo, la miniserie non poteva essere più attuale.

FONTI

IMDb

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