«L’apparenza»: lo squilibrio mentale secondo Lucio Battisti

L’apparenza è una di quelle canzoni che permette di avere una nuova visione di un artista come Lucio Battisti: rappresenta il punto di non ritorno di uno dei cantanti più noti del panorama musicale degli anni ’70 in Italia.

Ricordato per brani di grande successo come La canzone del sole, Dieci ragazze e Non è Francesca, Lucio è diventato il simbolo di una generazione, ma il suo 17° disco – L’apparenza appunto – esula completamente da questo ambito.

Si tratta del secondo disco in collaborazione con il paroliere Pasquale Pannella, noto per inserire solitamente testi al limite del surrealismo e del nonsense. L’apparenza viene pubblicato nell’ottobre 1988, sotto l’etichetta indipendente Numero Uno, in attività tra il ‘69 e il ’98, e segna davvero uno spartiacque per l’artista Battisti e per il suo congedo definitivo dal mondo delle canzonette.

Il testo della canzone che dà il titolo all’album è caratterizzata da un’atmosfera decisamente particolare, che colpisce l’ascoltatore fin dalle prime battute. Le parole sono surreali, come se ci trovassimo di fronte ad una persona con gravi squilibri mentali e di una visione sfalsata di ciò che ha davanti: “Mi metti a parte di una confidenza | senza vocali e senza consonanti”.

Mano a mano che la musica procede le situazioni narrate diventano sempre più scollate dalla realtà, con porte inesistenti che vengono aperte (“Ti rilassi bussando | tristemente assorta sopra una porta | che non c’è per niente, la spingi che era aperta”), oppure regali che, nella sostanza, non esistono: “Mi presenti un regalo | ed attraverso ci vedo | le tue mani”.

Dai versi conclusivi (“Quindi sei l’avversaria di un arioso colosso pugilatore | poi mormori indecenze | senza parole a un confessore | lo respingi in sequenza d’inseguimento”) risulta evidente come non siamo più davanti al Battisti che ci faceva cantare sulla spiaggia, con una chitarra davanti al falò, ma abbiamo ormai di fronte un artista nel vero senso della parola, che sta procedendo verso una chiara affermazione di sé e del proprio modo di fare musica.

Pieghi la schiena
cali il tuo sipario di capelli
sopra l’armamentario voluttuario
quindi ti sollevi in mulinelli
dall’indaco e il blu di Prussia profondissimi.

 


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