Artista scandaloso, drammatico e innovativo: Egon Schiele

Con la perseveranza si spianano le montagne, si pongono confini al mare e si erigono dai sassi mura e città, ma chi vince se stesso è più valoroso di colui che supera le mura più possenti. L’indignazione o la rabbia per le offerse che bisogna inghiottire rappresentano un grande dolore per chi abbia un temperamento impetuoso, nervi delicati e profondità di sentimenti e pensiero, un dolore che toglie il sonno, lo fa dimagrire, lo priva di tutti gli appetiti e infine lo precipita nella malinconia.

Così scrisse Egon Schiele in una lettera datata 5 marzo 1909 rivolta allo zio Lepold Czihaczek, personaggio amato tanto quando odiato dal giovane artista che con queste parole – scritte nel periodo in cui la sua carriera d’artista finalmente prendeva quota – manifestava la sua volontà di debellarsi agli stilemi accademici con cui fu costretto a rapportare il proprio estro. La sua incontenibile personalità, impetuosa quanto vulnerabile, necessitò di esplicarsi nei propri disegni. Quel che produceva con matite, acquarelli e gessi era simbolo della sua libertà, della sua volontà di comunicare e persino la sua cura.

Autoritratto giovanile

Egon Schiele nacque il 12 giugno 1890 a Tulln an der Donau, nella Bassa Austria ed era il terzo di quattro figli del direttore delle ferrovie Adolf e la moglie Marie. Elvira, Melanie e la piccola Gerti (Gertrude) erano le sue sorelle a cui era affezionato, in particolare all’ultima che posò più volte nei primi anni della sua formazione. Nel 1905 a causa di una paralisi progressiva il padre morì e tale perita segnò profondamente il giovane Egon che cercò di compensarla con la realizzazione dei suoi primi autoritratti, seguiti da numerosi ritratti di vario genere. Non curandosi del parere dello zio, divenuto il suo tutore, Egon si allontanò presto dal mondo dell’Accademia di Vienna, dove non era riuscito a rivelarsi un studente brillante e subì invece il fascino dello stile di Gustav Klimt e della Secessione viennese. Mentre cercava di entrare in contatto con Klimt fondò assieme a numerosi colleghi conosciuti in Accademia ed altri artisti la “Neukunstgruppe”, che gli permise di esporre ed iniziare a farsi notare dal suo mentore. L’incontro decisivo avvenne nel 1907 nel Cafè Museum di Vienna: la personalità di Gustav Klimt lo influenzava non meno di quanto avesse
influenzato quell’arte che rappresentava modernità e progresso (propria delle teorie artistiche della Secessione Viennese di cui Klimt faceva parte). Ulteriore elemento che avvicinò i due artisti, ormai divenuti maestro e allievo, fu l’interesse per la raffigurazione del corpo nudo femminile e dell’erotismo, promosso negli stessi anni dallo Jugendstill.

Studio di nudo maschile

Schiele sviluppò fin da subito un tratto inconfondibile che divenne il mezzo d’interpretazione della sua pittura: un segno scabroso, dato da linee rigide e fortemente irregolari, frammentarie, taglienti e addirittura nervose che divennero lo specchio del suo animo irrequieto e del suo travaglio interiore.

Schiele disegnava in fretta. La matita correva sulla superficie bianca della carta come guidata dalla mano d’uno spettro…e a volte l’artista la teneva alla maniera d’un pittore dell’Estremo Oriente. Non usava mai la gomma. […] inevitabilmente qualche disegno non andava, c’erano sempre un mucchio di scarti sul pavimento dello studio ed anche i più grandi capolavori venivano prodotti per gioco, dalle più rilassate, disinvolte ed anche scomode posizioni adottate dall’artista. Ma come penetravano il modello, gli occhi di Schiele! Come percepiva ogni nervo, ogni muscolo! (Otto Benesch, Egon Schiele as a Draughtsman, Vienna 1950).

Aderendo in modo definitivo alla corrente espressionista, l’anno 1910 inaugurò la sua ascesa artistica che venne promossa con l’ammissione all’associazione degli artisti di Monaco Sema, di cui facevano parte anche Kubin e Klee e sempre con la Neukunstgruppe riuscì ad esporre assieme al gruppo Der Blaude Reiter.

Donna inginocchiata in abito rosso arancio

La spigolosità di questo segno stilistico contiene dunque una carica spirituale e psicologica, ma non solo. Attraverso questa componente personale rilasciata dall’artista, le sue linee divennero strumento di provocazione e portatrici di significato. L’artista si pose in conflitto stilistico con la società e ciò che lo caratterizzava – in un periodo in cui poesia e arte spostarono i loro interessi sul progetto della scienza – era la focalizzazione sulle persone nel loro essere umane. È da questo intento che scaturì la sua abitudine di realizzare ritratti, nei quali mimica e gestualità acquisirono un nuovo peso psicologico. Fu in questo periodo che presero forma i primi nudi espressivi, i cui soggetti coincidevano spesso con le sue amanti: quella che più lasciò il segno, nel cuore e nella carriera dell’artista, fu certamente Wally Neuzil. I suoi nudi e la convivenza con la modella non fecero altro che aumentare la collisione col provincialismo degli abitanti di Krumau.

Ragazza con calze nere (Wally Neuzil), 1910

Wally è stata molto di più di una semplice modella. Quello che più colpisce nei suoi ritratti è il suo sguardo, una donna che si mostra in pace con se stessa. La sua enigmatica potenza è tale da renderla una moderna Gioconda.

Donna inginocchiata, 1910
Nudo femminile, 1910

Quel che più infastidiva del suo stile era il modo in cui faceva emergere l’aspetto più crudo e celato dell’intimità dei soggetti. Con i suoi ritratti Schiele rompeva dei tabù e costringeva l’osservatore a rapportarsi con la forte carica erotica che caratterizzava i suoi dipinti. Così facendo l’artista tentò di demolire le più solide certezze della borghesia viennese e tentò inoltre di sfidare quel pubblico, ancorato al bigottismo ed all’ipocrisia, proprio attraverso un linguaggio schietto e aspro che non consentiva al fruitore alcuna possibilità di mantenere una certa distanza con l’opera.

Trasferendosi a Neulengbach, la sua posizione peggiorò, specie quando il 13 aprile del 1912 venne arrestato con l’accusa di “diffusione di disegni osceni” e successivamente condannato a tre giorni di prigione. Il giudice, alla fine del dibattimento, bruciò in pubblico uno dei suoi disegni provenienti dall’atelier. La prigionia lo fece riflettere sul ruolo di un artista e in un diario scrisse: “è un delitto porre dei vincoli ad un artista: significa uccidere una vita nascente”. Realizzò una serie di autoritratti che testimoniarono le sue condizioni di detenzione, oltre ai ritratti di ufficiali russi e austriaci.

Autoritratto come prigioniero, 1912

Prigione di Naulengbach, 1912.
Finalmente un alleviamento alla pena! Finalmente carta, matite, pennello e colori, per disegnare e scrivere. Sono state atroci queste ore crudeli, confuse, indistinte, informi, monotonamente grigie che ho dovuto trascorrere privo di tutto, nudo tra freddi muri spogli.

Questa intenzione voyeuristica di “costringere a guardare ciò che non si dovrebbe vedere”, non era fine a se stessa, ma era il mezzo per condurre lo spettatore a guardarsi dentro con un atteggiamento introspettivo. Schiele si fece portavoce di questo obiettivo continuando, in modo metodico e quasi maniacale, a dipingere se stesso guardandosi ripetutamente allo specchio, proprio come un dandy. L’autoritratto fu il genere in cui più fra tutti si identificò la sua arte, divenendo inoltre il miglior modo per esternare il suo messaggio morale e per lasciare al pubblico un metodo per comprendere i suoi dipinti. Attraverso la cronologia dei suoi autoritratti emerge il fascino di un viaggio compiuto dall’artista attraverso il proprio “io”; si tratta di una sorta di monologo visuale ed allo stesso tempo di un dialogo con il proprio alter ego, testimoniando così la nascente psicoanalisi freudiana.

Autoritratto doppio, 1915

Una volta tornato a Vienna, continuò ad esporre e collaborò con la rivista Die Aktion. Iniziò ad appassionarsi alla fotografia e nel mentre scoppiò la Prima Guerra Mondiale. La paura della guerra si insediò inevitabilmente nei suoi disegni insieme a sentimenti di angoscia, dolore e solitudine che fecero rivivere all’artista i periodi peggiori della sua infanzia. Le opere di quest’ultimo periodo sono contraddistinte da un duplice ed inscindibile rapporto tra eros e thanatos, che troviamo ad esempio nei suoi struggenti abbracci.

La morte e la fanciulla, 1916
Abbraccio, 1917
Abbraccio, 1917

A soli ventott’anni Egon Schiele morì il 31 ottobre 1918 per febbre spagnola assieme alla tanto amata moglie Edith Harms, che maritò soltanto tre anni prima.

In una vita così breve, questo artista controverso realizzò opere che oggi non possono lasciarci indifferenti: hanno infatti indignato, sconvolto e commosso e la maggior parte di esse sono custodite al Rudlolf Leopold Museum di Vienna. Di recente lo si è voluto ricordare sia con l’inedito film drammatico di Dieter Berner (Egon Schiele – Death and the maiden) sia con l’imminente pubblicazione online del catalogo del maestro, aggiornato e ampliato grazie alle nuove ricerche, come conferma Jane Kallir la più autorevole esperta del pittore espressionista.


FONTI

Abscondita, Egon Schiele. Ritratto d’artista, Milano, 2007

IlSole24Ore

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