La città di Roma: tra rovine e rendering

<<Quando si considera un’esistenza come quella di Roma, vecchia di oltre duemila anni e più, e si pensa che è pur sempre lo stesso suolo, lo stesso colle, sovente perfino le stesse colonne e mura, e si scorgono nel popolo tracce dell’antico carattere, ci si sente compenetrati dei grandi decreti del destino>> (Goethe).

L’odierno cittadino e l’incuriosito turista che vagano per le vie romane hanno abituato il proprio occhio ad osservare le rovine: le reliquie che testimoniano il progredire delle civiltà, l’evolversi della storia e l’appartenenza ad un passato che non è stato seppellito, ma che persiste con dignitosa resistenza al perenne mutamento del mondo, elevandosi come simbolo di gloria. Oggi a Roma si respira il sapore di questa grandezza a cui ogni individuo deve essere riconoscente.

Il concetto di ‘rovina’ può collimare con quello del ‘non finito’, o anzi più correttamente con quello del ‘non preservatoci’ (dal tempo e dall’opera dell’uomo, ovviamente). Ciò può generare nell’osservatore moderno un senso di assenza. Una sensazione quasi frustrante dovuta alla mancanza di un completo appagamento visivo. È da riferirsi ad un impulso meramente connesso all’ambito della visione – dato che l’intrinseco significato di una rovina resta indiscusso – ed è un rilesso inconsapevole che fa parte dei nostri meccanismi mentali.

Fori Imperiali

Sebbene siano le rovine stesse a rendere magica la città di Roma, avete mai provato il desiderio di catapultarvi in quella realtà storica, immaginando di vederla ricostruita fedelmente? Quella bramosia di poter osservare il tutto “esattamente come era” per apprezzarne la bellezza, la colossale imponenza e per la possibilità di avere una visione a tutto campo.

Archeologi, studiosi d’antichità e semplici appassionati d’arte antica hanno potuto studiare e immaginare l’assetto originale di questi reperti grazie alla sapiente evoluzione del rendering, condotta da grafici, architetti e progettisti esperti in software 3D. Cos’è il rendering? Rendering è un termine preso in prestito dalla lingua inglese, molto diffuso nell’ambito della computer grafica, noto anche come ‘rendering fotorealistico’ o più semplicemente ‘render’, con cui si definisce il processo che permette di ottenere a partire da un modello tridimensionale elaborato al computer un’immagine artificiale molto realistica. Più in dettaglio possiamo dire che si tratta di un’immagine elaborata al computer a seguito di una modellazione tridimensionale basata su dati di progetto; il modello geometrico realizzato viene rivestito con colori uguali ai materiali reali (le texture) e illuminato mediante fonti luminose che riproducono quelle naturali o artificiali.
Nel caso in cui i parametri vengano impostati ad imitazione di quelli presenti in natura, come la luce solare effettiva, texture in HD, inquadrature prospettiche reali ed altro, allora il rendering può definirsi fotorealistico. Quindi, se una fotografia ha la funzione di illustrare qualcosa che già esiste, un rendering ha lo scopo di illustrare un’idea, un progetto, un modello che non esiste, ma è realizzato come se fosse vero!
Grazie al rendering anche lo spettatore più avverso alla tecnologia può vedere e capire le diverse fasi della costruzione architettonica, sentendosi immerso in una sorta di realtà virtuale in cui i volumi, le decorazioni, gli spazi funzionali e gli originali colori delle strutture risultano più comprensibili.

Ara Pacis, Museo dell’Ara Pacis (Lungotevere in Augusta)

Facciamo subito un esempio trattando dell’Ara Pacis, definita dal grande archeologo Ranuccio Bianchi Bandinelli “testimonianza estremamente tipica del suo tempo”. L’Ara Pacis Augustae è il grande altare commissionato dal Senato di Roma nel luglio dell’anno XIII a.C per celebrare il ritorno di Augusto e la pacificazione di Roma e dell’Impero dopo le campagne militari in Gallia e in Spagna, inaugurato dallo stesso imperatore il 30 gennaio del 9 a.C, nel giorno del compleanno della moglie Livia. Oggi l’ammiriamo nella semplicità della sua composizione, spoglia dei pigmenti che la ravvivavano. Attraverso il rendering ecco come si presenta.

Rendering aspetto originario dell’Ara Pacis

Ma se ricostruire i presunti colori originari non risulta abbastanza sorprendente, proviamo ad analizzare una ricostruzione grafica totale di un edificio che oggi non possiamo, purtroppo, più ammirare esternamente: la Domus Aurea. La Domus Aurea (“Casa d’oro” in latino, proprio perché in essa si utilizzò molto di questo prezioso metallo) era la villa urbana costruita dall’imperatore romano Nerone. A seguito della damnatio memoriae dell’imperatore folle, essa fu letteralmente seppellita dalla costruzione delle Terme di Traiano. Questo maestoso palazzo venne riscoperto sul finire del ‘400, nessuno però si accorse che si trattava di una reggia sommersa: le sale erano quasi interamente riempite di terra e per entrare ci si calava dall’alto per mezzo delle aperture, ancora visibili oggigiorno e dal 1980 la villa rientra nella lista dei patrimoni dell’umanità dall’UNESCO. Non vi piacerebbe poter rivedere l’assetto originario di questa dimora ‘grande quanto una città’? Alcuni esperti si sono imbattuti nella fedele ricostruzione del suo aspetto originario.

Rendering Domus Aurea neroniana

L’importanza della realtà virtuale utile per comprendere bellezze sommerse come questa, è stata adottata anche dal cantiere stesso della Domus Aurea che ha riaperto le porte ai visitatori con degli innovativi interventi multimediali, messi a disposizione della Società Cooperativa Culture di Roma, nella prospettiva di valorizzazione scientifica del cantiere di restauro. Come implementazione rispetto ai precedenti anni, è stato realizzato un progetto site specific di realtà immerssiva e video racconto che fa vivere agli osservatori un fittizio ma coinvolgente viaggio all’interno della dimora.

Infine come ultimo esempio dimostrativo dell’importanza degli sviluppi delle riproduzioni grafiche, quali il rendering, vi si propone le impareggiabili Terme di Caracalla, che rappresentano la costruzione architettonica più complessa dell’età severiana. Le Terme di Caracalla sono uno dei rari casi in cui è possibile ricostruire, sia pure in parte, il programma decorativo originario. Le fonti scritte parlano di enormi colonne di marmo, pavimentazione in marmi colorati orientali, mosaici di pasta vitrea e marmi alle pareti, stucchi dipinti e centinaia di statue e gruppi colossali, sia nelle nicchie delle pareti degli ambienti, sia nelle sale più importanti e nei giardini che sono stati riproposti nelle riproduzioni tridimensionali.

Aspetto odierno delle Terme di Caracalla
Rendering del presunto tepidario
Rendering di una sala delle Terme

Con il rendering non solo è possibile ricostruire edifici architettonici (attraverso elementi fondamentali a noi forniti dalle fonti, quali dimensioni effettive confrontabili con ciò che è rimasto intatto, estensioni degli alzati, dettagli cromatici e compositivi etc), ma anche valutare in una vista aerea l’impatto ambientatale che possedeva l’edifico stesso. Allo stesso modo si può integrare una struttura in una vista ad altezza d’uomo per verificarne la compatibilità con le architetture adiacenti.

È dunque possibile affermare come lo sviluppo tecnologico possa contribuire allo studio e alla ricerca dell’arte antica raggiungendo nuove possibilità per comprendere un mondo parzialmente scomparso, ma continuamente rievocato e tenuto in vita dalla volontà di preservare la bellezza della nostra storia.


FONTI

BibLusBIM

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