Il web per prevenire le epidemie

Negli ultimi anni, con l’esplosione del web, si osserva un interesse da parte di organizzazioni pubbliche e private nei dati che vengono quotidianamente immessi online. Un aspetto interessante è come questi dati possano essere valutati per trarre informazioni preziose sullo stato di salute di una popolazione.

Il primo passo venne compiuto con il programma Google Flu Trends, lanciato nel 2008 dal medico Roni Zeiger negli USA. Egli utilizzò i registri di ricerca web di Google tra il 2003 e il 2008 per elaborare un algoritmo che fosse in grado di stimare il grado di diffusione dell’influenza (o più generalmente di ILI, Influenza-Like Illness, che include anche malattie simili per sintomi all’infuenza ) semplicemente a partire dalle parole più cercate sul web (query di ricerca) in quel momento nella data regione (per il programma, gli USA vennero divisi in 9 regioni statistiche), per prevenire un’eventuale epidemia. L’algoritmo si basava su un’equazione, e i dati preesistenti (le ricerche sul web nel periodo 2003-2008 e la diffusione dell’influenza nello stesso periodo) permisero di scegliere quali query di ricerca scartare e quali considerare nell’equazione, sulla base del principio per cui l’algoritmo dovesse allinearsi ai dati esistenti sugli anni passati. Delle 50 milioni di query, il primo step fu trovare le 100 il cui andamento fosse (ciascuna presa singolarmente) più correlato alle variazioni di ILI; il secondo fu scoprire quale combinazione di esse meglio si adattasse ai dati. Alla fine, il miglior risultato si ebbe con le prime 45 query di ricerca.

L’algoritmo ebbe successo: riuscì a valutare la diffusione di ILI nella stagione invernale 07-08 con il 97% di corrispondenza rispetto ai dati elaborati dal U.S. Centers for Disease Control and Prevention (CDC). Diversamente dai metodi tradizionali di monitoraggio, che di solito hanno un ritardo di 1-2 settimane nelle valutazioni, l’algoritmo invece forniva informazioni in tempo reale, permettendo quindi di intervenire più tempestivamente, vantaggio importante nella prevenzione di epidemie. Si indagò poi se mantenesse efficacia in aree più piccole (come i singoli Stati): purtroppo fu possibile confrontare solo con i dati dello stato dello Utah, e si ebbero risultati rassicuranti (90% di corrispondenza).

I risultati e un confronto: si nota una grande divergenza per quanto riguarda l’inverno 2012-13.

 

Questo metodo però presenta dei punti critici. Innanzitutto, non permette di fare valutazioni locali perché richiede grandi campioni statistici. In secondo luogo, a volte tende a sovrastimare la diffusione di ILI perché si espone a falsi allarmi dovuti ad eventi non usuali (per esempio, il richiamo di un vaccino può aumentare il numero di ricerche), oppure perchè, in caso di vera pandemia, il panico di massa potrebbe portare anche i sani a cercare sul web informazioni, creando appunto una sovrastima. Per questi motivi gli stessi ricercatori ricordano che il loro metodo è essere soltanto un utile strumento per la prevenzione, e non può in nessun caso sostituire il monitoraggio tradizionale.

Oggi Flu Trends è abbandonato, ma in seguito all’esperienza è nata l’epidemiologia digitale, che controlla molte malattie contagiose tramite le query di ricerca, aprendo scenari affascinanti sul futuro legame tra scienza e web.


FONTI

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