IMMAGINAZIONE E FASCINAZIONE: LA RISCOPERTA ROMANTICA DEL MEDIOEVO

Il Romanticismo si può riassumere, per quanto riguarda l’ambito della produzione letteraria, in due termini: immaginazione e fascinazione; la prima si risolve in un impulso artistico non indifferente, specie in materia musicale e pittorica, mentre la seconda si manifesta nell’assoluto e smisurato amore verso ciò che è originario, genuino, autentico, lontano: in una parola, il Medioevo.

La temperie romantica si caratterizza fin da subito per uno spasmodico amore per la storicità e con tutto ciò che ne deriva: nascita delle filologie romanze grazie ai fratelli Schlegel e della storia dell’arte intesa sempre più in senso moderno (dunque non solo come elenco di eventi, ma costituita principalmente dalla critica artistica), riscoperta delle tradizioni e della cultura degli antichi popoli germanici, l’avvio a nuove discipline quali la linguistica storica. Tutto parla di passato, ogni attività rivolge lo sguardo all’indietro per trarre ispirazione a proposito della creazione di un futuro in cui possa mostrarsi apertamente l’identità nazionale.

La riscoperta dell’arte medievale e del Medioevo in generale assume contorni di elevata importanza, soprattutto in Germania: il Settecento aveva infatti bollato l’età di mezzo come epoca di barbarie, di decadimento assoluto, di pestilenze, simbolo della negatività fatta storia. Non può dunque essere un caso quello per il quale il Medioevo era stato definito un’età buia, in aperta contrapposizione alle splendenti luci della ragione operanti nel secolo XVIII. Gli illuministi avevano anch’essi rivolto lo sguardo al passato, ma a un passato classico, armonico, pieno di onori e grazia, privo di bruttezza e rozzezza: Winckelmann aveva per questo focalizzato i propri studi di storia dell’arte in nuce sull’arte della Grecia classica, la quale sarebbe divenuta il modello assoluto di ogni arte fino e oltre la fine del secolo.

Durante il Romanticismo il Medioevo diviene un’immagine, prima che storica, mitica e fantastica: dai contorni indefiniti, segnalati solo dagli estremi del protestantesimo e dell’Illuminismo, esso viene definito come epoca di pace, di splendore, di concordia assoluta che porta inevitabilmente alla rinascita delle arti. L’età di mezzo fa da sfondo ad alcuni fra i più noti romanzi delle letterature romantiche europee: ricordiamo Heinrich von Ofterdingen di Novalis, Notre Dame de Paris di Hugo, mentre in Italia si segnalano i romanzi storici di Tommaso Grossi.

Altro aspetto ineludibile tipicamente romantico nei confronti del Medioevo è la connotazione religiosa: l’arte medievale è prima di tutto un’arte di Santi e di Madonne, è un’arte che ricorda all’uomo la sua miseria e la sua finitezza, che tuttavia contrasta con la spinta che l’uomo romantico e medievale sente verso l’Assoluto, verso Dio. La cristianità diviene elemento unificante dell’Europa intera, come ricorda Novalis ne La Cristianità ovvero l’Europa:

«Erano bei, splendidi tempi quelli in cui l’Europa era una terra cristiana, in cui un’unica Cristianità abitava questa parte del mondo umanamente plasmata.»

Novalis ha occasione di insistere sul significato politico-religioso del Medioevo tanto quanto su quello artistico. È di nuovo la Germania che, dopo Winckelmann, dona alla storiografia moderna la chiave di volta per entrare nella storia dell’arte: Wackenroder. Contrapponendosi nettamente alle preferenze neoclassiche, nei suoi Sfoghi del cuore di un monaco amante dell’arte egli rivendica l’importanza cruciale della media aetas a partire dalla dimensione più squisitamente artistico-sociale: l’artista medievale era ritenuto un tramite fra la comunità e l’esistenza divina, essendo il suo operato l’unica via possibile a cui potevano accedere le masse di incolti per giungere alla conoscenza del Verbo.

È nell’amore per i Minnesänger, l’arte di Dürer e il gotico che si potrebbe sintetizzare il modus operandi romantico: una ricerca nostalgica di se stessi, un amore verso il proprio passato malgrado il passato stesso; un’inesauribile fantasiosa umiltà che non ha natura di vanagloria, ma che si concepisce come una spinta programmatica e creatrice.


FONTI

P. D’Angelo, L’estetica del romanticismo, Bologna, Il Mulino 1997

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