MONIQUE JAQUES E LE RAGAZZE DI GAZA

L’occhio esperto di Monique Jaques e quello del suo obbiettivo si sono soffermati per diverso tempo – a cominciare dal 2004 – sulla Striscia di Gaza per documentare il conflitto fra Israele e Palestina. Negli ultimi cinque anni, però, la sua attenzione è stata catturata dalla vita delle giovani donne che vi risiedono. Una vita definita da una continua sorveglianza, che per ragazze e donne diventa ancora più opprimente: non solo sono costrette, come tutti i civili, a vivere rinchiuse tra filo spinato e guardie che pattugliano, ma sono anche sottoposte ad una costante attenzione di parenti e vicini: una vita su cui non si ha del tutto il controllo e che può essere paragonata ad una prigionia.

Avvicinarsi alle ragazze di Gaza e convincerle a lasciarsi fotografare non è stato semplice inizialmente. La pressione che le famiglie e la comunità esercitano su di loro è incessante e il rispetto delle norme sociali, volto al conseguimento di un matrimonio favorevole, risiede al primo posto fra i valori di queste giovani. Il lavoro di Jaques, che si intitola Gaza girls: growing up in the Gaza Strip, si concentra sugli aspetti più sereni della vita delle ragazze, sui momenti più privati e su quelli all’interno della comunità. Come riportato su Internazionale, la mobilità e la libertà per le donne palestinesi di Gaza sono fortemente limitate:

«Essere un’adolescente a Gaza può essere complicato. La tua esistenza è costretta da limiti reali e metaforici, definiti da politiche culturali e geografiche. La privacy e la possibilità di viaggiare sono molto circoscritte. Per molte donne è impossibile essere completamente libere a Gaza».

La vita a Gaza, coi continui blackout, i bombardamenti e la povertà, mette senza dubbio alla prova la tenacia e la forza d’animo delle giovani: è stata proprio la loro resilienza a destare l’attenzione e l’ammirazione della fotografa, spingendola a documentare il loro stile di vita. Emerge dal suo lavoro uno spaccato della società e dei suoi costumi.

Gli scatti, di notevole impatto, permettono all’osservatore uno sguardo sul tessuto sociale. Dalla fotografia del matrimonio, ad esempio, possiamo venire a conoscenza del fatto che la giovane sposa non può essere ammirata da nessun altro ad eccezione dello sposo; dallo scatto alle giovani surfiste, Sabah Abu Ghanem e la sorella, sappiamo che ottenere permessi e visti per recarsi oltreconfine è estremamente difficile – questo è il motivo per cui, nonostante abbiano più volte vinto gare di surf all’interno della Striscia di Gaza, non hanno mai gareggiato al di fuori della stessa; sappiamo che la pratica del canto non è vista di buon occhio dalle famiglie e dalle autorità di Gaza dalla fotografia scattata in sala di registrazione ad Hadeel Fawzy Abushar, una giovane cantante di venticinque anni; lo scatto di una donna con alle spalle un murales dell’ospedale di Al-Shifa contro la violenza sulle donne ci ricorda che la zona della Striscia è testimone di un alto tasso di violenza domestica (37%); i blackout e i cali di tensione sono una costante a Gaza e, infatti, sono tre gli scatti che catturano questi momenti: una ragazza rimasta bloccata in ascensore, delle bambine che al buio preparano una coreografia, il particolare del telefono a forma di labbra adagiato sul tappeto per la preghiera.

Nonostante tutte le difficoltà che incontrano in una realtà del genere, il sorriso delle ragazze di Gaza è senza dubbio di grande ispirazione: lo ritroviamo, ad esempio, sulle labbra di Doaa, una ragazza non ancora sposata ritratta in una stanza da letto – scatto che lascia presupporre un momento di svago con le amiche – e mentre si scatta un selfie in un bar; sul viso di due adolescenti che, durante un bombardamento, condividono una risata nel rifugio dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati; sui volti dei bambini in cerchio che, insieme a Nisreen Shawa – una giovane donna che lavora per il Palestinian Medical Relief Foundation – cercano di vincere il trauma delle bombe; lo vediamo condiviso dalle studentesse dell’Islamic University of Gaza mentre si concedono una pausa nel reparto maternità dell’ospedale di Al-Shifa.

Il lavoro della fotografa diventerà un libro, che sarà pubblicato tra la fine del 2017 e l’inizio del 2018 in collaborazione con FotoEvidence – che sostiene progetti fotografici dedicati alle tematiche dei diritti civili – e grazie ad una raccolta fondi.

 

 

 

 

 

Fonti:

https://www.internazionale.it

https://www.theguardian.com

https://www.nytimes.com

http://www.nationalgeographic.com

http://www.moniquejaques.com

 

Crediti immagine: immagine 1

Fonte: http://www.moniquejaques.com

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