Oggi, proseguendo con il filone #ArteFaRiflettere, vi propongo un’ artista straordinario: Wim Wenders, uno degli esponenti di spicco del Nuovo cinema tedesco, il quale, attraverso l’uso della fotografia, affronta temi a lui molto cari come la nostalgia, la perdita, il tempo, il movimento e la memoria. Quest’ultimo viene affrontato a pieno nell’opera che affrontiamo oggi.
Dopo la mostra “Wim Wenders. America”, tenutasi a Villa Panza dal 16 gennaio al 29 marzo 2015, l’artista dona alla collezione permanente l’opera Ground Zero “New York, November 8, 2001, I, II, III, IV, V. Si tratta di cinque fotografie, che immortalano le macerie create dal tragico attentato alle torri gemelle del 2001. Delle twin towers non è rimasto nulla se non detriti e polvere.
Come testimonianza dell’immensa ammirazione di Wim Wenders per la Villa, ormai da molti anni patrimonio del Fai, riporto un suo discorso:
“Considero Villa Panza un luogo che rappresenta il cuore della cultura europea e al tempo stesso, grazie alla collezione Panza, l’unione tra Europa e America nella sua piena espressione. Non avevo mai pensato ad una mostra dedicata all’America, ma questo luogo me l’ha ispirata e penso sia stato un grande privilegio poterla fare”
Ciò che più colpisce è l’alone di sacralità che circonda le cinque opere, infatti, prima di accedere alla sala a lui dedicata, un grosso cartello invita a non parlare, all’interno regna un silenzio assoluto, quasi come se ci trovassimo in un santuario. Le porte si aprono e si accede ad una stanza con mura completamente bianche. Il bianco, da sempre simbolo di purezza, si oppone al massacro, alla paura, alla morte delle fotografie di Wim Wenders.
L’artista difficilmente immortala persone, predilige il paesaggio urbano o rurale. Per comprendere al meglio questa sua preferenza, riporto le parole del fotografo:
” You’ll find only a few people in my pictures.
I mostly wait until they’re gone.
It’s not because I’m not interested in our species,
on the country!
But I find it more provocative to see the traces
people have left and let the places do the talking.
I am convinced that streets, houses and landscapes
can speak about us very eloquently.
They have watched us patiently.
They see us all the time… “
(Non ci sono molte persone nelle mie fotografie. / Di solito aspetto finché se ne sono andate. / Non perché mi disinteressi della nostra specie, / al contrario! / E’ solo che trovo più stimolante/ vedere le tracce lasciate dalle persone/ e lasciare che siano i luoghi a parlare. / Sono convinto che strade, case e paesaggi/ sappiano parlare di noi in maniera eloquente. / Ci hanno osservato con pazienza. / Ci guardano per tutti il tempo. )
La catastrofe di, ormai 16 anni fa, non può essere commentata, può essere solo contemplata e soprattutto non dimenticata. L’artista non rappresenta uomini dilaniati o sofferenti, ma detriti. Le macerie rappresentano ciò che l’occhio umano, nella realtà e nella rappresentazione, non avrebbe potuto sopportare ( la morte), sono una metafora delle vittime. E’ un monito a ricordare e tramandare ciò che è successo, in modo tale che rimanga inciso nella memoria dell’umanità. Questa memoria, però, non deve essere rabbiosa o rancorosa, bensì dovrebbe essere pacifica. Il cielo è limpido, non tetro, il luogo è illuminato da una luce decisa, non fioca, il messaggio è, quindi, positivo. Bisogna non dimenticare le vittime e il male, affinché ciò non succeda più.
A proposito del suo lavoro Wim Wenders dice :
“Davanti ai nostri occhi c’era uno spettacolo di surreale bellezza. Sì, era l’inferno quello in cui ci trovavamo, ma il cielo si era aperto per illuminarlo con la luce più incredibile. Lo spettacolo durò pochi minuti, non di più. Quello che la mia macchina fotografica panoramica ha colto era un messaggio straordinario, o almeno io l’ho interpretato così. Era come se il luogo stesso facesse sentire la sua voce, insieme alla città ferita tutt’intorno. Il messaggio registrato dalla mia macchina era: “Qui è accaduto qualcosa di indicibile, di assolutamente infernale. Ma il tempo guarirà le ferite. Fate in modo che tutto questo non generi altro odio. Fate che le vite perse qui non diventino la causa di altro odio, di altri spargimenti di sangue. Che questo sia per sempre un luogo di pace e guarigione”. Ecco cosa ha colto secondo me la macchina fotografica. Ed è per questo che ho deciso di esporre queste immagini.(…) . Secondo me, invece, il luogo stesso aveva un’alternativa da offrire.”
Maggiori informazioni:
Villa e Collezione Panza. Piazza Litta, 1 – Varese
Villa e Collezione Panza è aperta tutto l’anno. Tutti i giorni (ad eccezione dei lunedi non festivi)
Dalle ore 10 alle 18 con orario continuato, chiusura biglietteria: ore 17.15
Ingresso gratuito per chi si iscrive al FAI (o rinnova l’iscrizione) al momento della visita.
Fonti articolo: Fai http://www.wimwendersvillapanza.it/ o
Catalogo Wim Wenders AMERICA
Foto : sito del Fai ( con approvazione del Fai ): http://www.wimwendersvillapanza.it/gallery.html# approvate da Serena Maffioli, responsabile dell’ufficio stampa