Donne del Rinascimento: Isabella D’Este e Lucrezia Borgia

Isabella d’Este e Lucrezia Borgia furono tra le più famose figure femminili del Rinascimento italiano, profondamente diverse per carattere e storia familiare e, diventate cognate con il terzo matrimonio di Lucrezia con Alfonso d’Este, lasciarono il segno nella storia e soprattutto nella cultura dei loro casati e delle loro città.

Isabella d’Este, figlia di Ercole I d’Este, era un’abile stratega, l’archetipo della donna che antepone la ragione di stato ai sentimenti. Lucrezia Borgia, invece, figlia del controverso e discusso papa Alessandro VI e sorella del sanguinario Cesare Borgia, si era ritrovata spesso ad essere usata come pedina dai membri della sua famiglia per ottenere vantaggi politici, ma dopo il suo matrimonio con Alfonso dimostra una grande abilità diplomatica potendo minare l’autorità culturale di mecenate che era appartenuta ad Isabella fino a quel momento.

Ritratto di Isabella d’Este

Isabella ebbe un’educazione intellettuale privilegiata sin dall’infanzia, basata sullo studio dei grandi testi classici, oltre che nelle attività tipicamente femminili come la danza, il canto e la musica. Questa formazione espose Isabella a molte delle idee del Rinascimento: per questo divenne un’entusiasta collezionista di opere di artisti suoi contemporanei, oltre alle statue romane antiche, tanto che commissionò agli artisti presenti alla corte di Mantova sculture moderne in stile antico; come lei stessa scrisse soffriva di “un insaziabile desiderio di antichità”.

Nel 1490 sposò Francesco Gonzaga, marchese di Mantova. Divenuta marchesa, Isabella si prodigò per incrementare le ricchezze artistiche della nuova corte; qui fece allestire nelle adiacenze dei suoi appartamenti lo “studiolo”, una camera privata contenenti tutti gli oggetti preziosi, le opere e le sculture da lei collezionate che mostrava a un cerchio ristretto di persone per impressionarle del suo prestigio e quello della casata dei Gonzaga. Emblema della signora del Rinascimento, Isabella fu capace di farsi rispettare dagli uomini del suo tempo, ebbe corrispondenza con papi, re e principi e fu reggente del marchesato mantovano durante l’assenza del marito.

Soffitto dello studiolo di Isabella d’Este

Isabella era legata all’idea che il prestigio politico di una casata dipendeva soprattutto dalle ricchezze e dal mecenatismo del signore, fu così che sotto le sue “dipendenze” lavorarono i più grandi artisti dell’inizio del Cinquecento: tra questi vi furono Leonardo da Vinci, Andrea Mantegna, Perugino, Tiziano e lo scultore Gian Cristoforo Romano.

Medaglione di Isabella d’Este, Gian Cristoforo Romano, 1505

Fino a noi sono arrivati molti oggetti della collezione personale di Isabella, tra i quali anche il famoso ritratto di Isabella in nero da parte di Tiziano (1534-1536), oltre a un ritratto cominciato e mai completato da Leonardo da Vinci (anche se molti dubitano ancora che la donna del ritratto sia veramente Isabella).

Ritratto di Isabella, Leonardo da Vinci

Isabella amava farsi ritrarre poiché era un altro mezzo per glorificare sia la sua persona sia il prestigio dei Gonzaga e di Mantova. Questo suo aspetto è discordante con l’atteggiamento della sua rivale e cognata che non amava farsi ritrarre; esistono infatti pochi ritratti accertati di Lucrezia, uno di questi è nella Disputa di Santa Caterina dipinto dal Pinturicchio, pittore prediletto da papa Alessandro VI, altro possibile ritratto di Lucrezia per gli studiosi è il Ritratto di Flora dipinto di Bartolomeo Veneto.

Flora, Bartolomeo Veneto, su immagine di Lucrezia Borgia

Anche Lucrezia Borgia aveva ricevuto un’educazione privilegiata: parlava correttamente lo spagnolo, il francese, l’italiano e un po’ di latino ed era anche portata per la poesia, la musica, la danza, il disegno e il ricamo.

Ritratto di Lucrezia Borgia, Pinturicchio

Quando Lucrezia Borgia entrò a far parte della famiglia d’Este aveva già avuto due mariti e la sua “leggenda nera”di donna perduta e avvelenatrice era arrivata in tutte le corti italiane; il primo marito Giovanni Sforza venne accusato di impotenza per permettere a Lucrezia di essere libera da un matrimonio non più vantaggioso per la sua famiglia, mentre il secondo marito, Alfonso di Calabria, verrà ucciso, molto probabilmente dal fratello Cesare, aumentando le voci di incesto che aleggiano sulle reputazioni dei due fratelli. Nonostante le premesse negative, nel 1502 Alfonso d’Este sposa Lucrezia Borgia e nel 1505, quando divenne a tutti gli effetti duchessa di Ferrara, iniziò una tacita competizione tra le due cognate in tutti campi, come la politica, il mecenatismo e la moda. Lucrezia più legata allo spiritualismo che alla vera e propria ricchezza terrena, si dedicò a finanziare i conventi, in particolare quello del Corpus Domini di Ferrara e diede il suo appoggio ai maggiori poeti dell’epoca, come Ludovico Ariosto, Pietro Bembo e Ercole Strozzi.

Ritratto di Pietro Bembo da giovane

Pietro Bembo divenne il suo più intimo amico, la loro relazione platonica fu molto intensa e durante questo periodo ebbero un piacevole scambio di rime e versi, tanto che nel febbraio 1505 il poeta le dedicò Gli Asolani, opera che parlava d’amore.

La rivalità delle due cognate non fu solo data dalla voglia di primeggiare l’una sull’altra o dal disprezzo che Isabella prova nei confronti della reputazione libertina di Lucrezia, ma dalla effettiva relazione adulterina tra quest’ultima e Francesco II Gonzaga. Isabella aveva sempre considerato la cognata come una rivale fin da quando Lucrezia arrivò a Ferrara come promessa sposa di Alfonso, ma la relazione di Francesco con Lucrezia causò a Isabella, molto gelosa, sofferenza e dolore emotivo.

Nonostante l’accesa rivalità delle due cognate, Lucrezia Borgia e Isabella d’Este furono due delle più importanti signore del Rinascimento, capaci di diplomazia e abili nell’arte del governo; ottennero entrambe la fiducia dei loro mariti tanto che gli stessi affidarono a loro la reggenza dei governi di Ferrara e Mantova durante le loro assenze, ottennero il rispetto dagli uomini più autorevoli e influenzarono la società del tempo con il loro mecenatismo.


FONTI

RaiStoria

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