Linea gialla

La vecchia che è appena salita ha puntato subito i quattro posti riempiti dai marmocchi che ti stanno di fronte. Cosa la guardi? Ti stupisci ancora che i vecchi non siano tutti gentili e cordiali? I due ragazzini più a destra si sono spostati in fretta spaventati all’intimazione della vecchietta «Fatemi sedere!». Ridacchiano di quella che per loro è una stranezza, per te una consuetudinaria anomalia, per la vecchia un refrain. È accompagnata da un signore anziano quanto lei, le rughe segnate dal suo carattere e dal tempo: le dà man forte. Sono marito e moglie, forse. Per non rendersi conto che un diritto dovuto lo si può chiedere anche con cordialità devono essere di quelli che il tempo probabilmente ha maltrattato o male assortito, addirittura maledetto, ma… ma non c’è tempo di ragionare il mondo d’altri. L’occhio che avevi lasciato sul foglio torna a pretendere più considerazione e la tua curiosità ti rigetta nelle parole gialle del romanzo. Eri arrivato al punto in cui sarebbe successo quell’avvenimento che avrebbe scombussolato l’ordine iniziale della storia. No, non lì! Oh, avanti! Non puoi mica riprendere a leggere partendo da una virgola, se non ti ricordi torna all’inizio della frase. Eri appena quattro righe avanti, proprio dove la pagina è macchiata un poco di caffè – la tua dannata sbadataggine! –, proprio dove finisce quella frase. Eri al punto in cui il protagonista decide di mentire per salvaguardare la decisione fatta in precedenza. Oh proprio no, eh?! Tiri un piccolo sbuffo tediato e chiudi il libro; lo riponi della borsa a tracolla e ne estrai la rivista di attualità che hai appena comprato in edicola, guardi l’orologio: le 9.42. Inizi a sfogliarla, ma una strana forza ti spinge a sollevare la testa: la signora anziana e antipatica sta fissando insistentemente i ragazzini che ha detronizzato e che ora le volgono le spalle stufi dei suoi occhiacci rugosi. Allora, io non sono nessuno, ma che cavolo hai da guardare le spalle di questi poveretti martoriate dagli sguardi affilati della vecchia?! Ecco, bravo, torna a sfogliare la rivista che magari capisci come va veramente il mondo.

 

La lezione finisce tra gli sbadigli delle prime file e il click dei tasti di blocco dei telefonini nelle ultime. Con le braccia che sembrano pesarti quanto dizionari metti il quaderno e l’astuccio nella borsa, assieme alla rivista che hai finito di sfogliare durante la lezione e il giallo di cui ancora non hai capito neanche il sesso del protagonista, rimbambito come sei. Devi passare a prendere la tua sorellina, ma non hai fretta: la lezione è finita qualche minuto prima e la scuola non dista molto dall’università. Prima di uscire afferri il Metro che qualcuno ha lasciato sul banco e cominci a sfogliarlo distrattamente uscendo nel cortile. Leggi in breve articoletto che stamane una signora sulla sessantina ha percosso violentemente due ragazzini sulla linea 3 della metropolitana di Milano, uno dei due è ricoverato al Policlinico di San Donato con un braccio rotto. «Eh, stamane…» bisbigli distrattamente e intanto sei quasi davanti alla scuola di tua sorella. Sfogli ancora qualche pagina sbirciando i titoli più grandi per darti un tono da persona informata, poi ti blocchi. «Stamattina?!», ritorni velocemente alla pagina di prima: com’è possibile che il giornale di oggi riporti una notizia di stamattina? Hai gli occhi larghi mentre lo pensi e le sopracciglia leggermente aggrottate. Dopo essere passato su quella pagina quattro volte senza essere riuscito a fermarti, finalmente riesci a ritrovare la notizia: c’è scritto proprio Stamane. «Ma che cavolo…?» in quel momento un’orda di ragazzini urlanti esce dalla scuola elementare invadendo il marciapiede con le urla delle madri e dei padri che li inseguono. Tu sei lì, davanti al cancello, che fissi quella parola. Stamane. A un tratto un doppio strattone dei tuoi pantaloni ti fa abbassare il giornale; un marmocchio biondo con le trecce ti fissa: «Ciao fratellone!» fa il marmocchio. Svegliati! Hai un’espressione da pesce, smettila di pensare a quell’errore di stampa e preoccupati di tua sorella.

«Ma che hai fratellone? Hai un’espressione da pesce» ridacchia.

«No, niente» ti riprendi, sorridi – un po’ forzatamente – e prendi la mano della sorella-marmocchio che ha mollato i tuoi pantaloni. «Non chiamarmi pesce!».

«Ma è l’espressione che hai» trattiene una risatina.

 

Riprendete la metro per tornare a casa. Tua sorella ti chiede il telefono perché si annoia, vuole giocare. Vorrebbe giocare con te, ma sei troppo minchione per accorgertene; le dai il telefono e ti siedi. Lo schermo della TV della metropolitana è nero, rotto come sempre. “Potrebbero usare solo la radio a ‘sto punto”, pensi fissando l’oblio dei pixel di 16 pollici appeso al soffitto. Le parole della speaker del TgCom si diffondono dall’altoparlante in sottofondo al fruscio del treno che arriverà tra due minuti. “Violenza in metropolitana. Stamattina verso le 9.40 una signora di sessant’anni ha picchiato due ragazzini sulla Metropolitana 3, una delle due vittime è ricoverata al Policlinico di San Donato in gravi condizioni. Si suppone che…”.

Ascolti con la solita attenzione di un cieco che sceglie il colore delle tende del salotto, ma la tua attenzione si sofferma su alcune parole: Stamattina, 9.40, Metropolitana 3. Anche un cieco si accorge di un pugno che gli arriva sul naso. Drizzi le orecchie per carpire più informazioni, ma in quel momento l’audio si spegne, arriva il treno nel suo fruscio elettrico e rotolante. Resti seduto con gli occhi sgranati, mentre la tua sorellina, che si è incamminata verso le porte, si gira verso di te e «Muoviti pesce!» esclama con enfasi. Ti scrolli di dosso il tuo sconcerto. Pensi al perché quelle parole hanno attratto tanto la tua attenzione e “Ma certo! La signora di stamattina in metro, che ha cacciato i due ragazzini dai posti di fronte a me. È di lei che parlavano al TgCom e… ed è di lei che trattava l’articolo sul Metro! Ma possibile che abbia picchiato quei marmocchi? Possibile che si sia arrabbiata con loro a tal punto? E poi per cosa? Dopotutto si erano alzati, anche se forse lo avevano fatto perché intimoriti e avevano continuato a ridere per tutto il viaggio. No, non poteva essere così, sarebbe stato assurdo, sarebbe stato…” la voce fuori campo di tua sorella proruppe «Stato con capitale Kiev: Ungheria, Ucraina, Moldavia o Bielorussia?» quando gioca a QuizDuello chiede sempre a te la maggior parte delle risposte. «Ucraina» rispondi pensando alla catastrofe.

 

Il resto del viaggio lo hai passato ad aiutare tua sorella a vincere partite contro i suoi amici: certo ci vuole poco a distrarti dai tuoi pensieri, ma per lo meno passi davvero del tempo con lei. Nel tragitto a piedi verso casa parlate e ridete, scherzate su tutto ciò che vi passa davanti agli occhi; solo a tratti ricordi la notizia sentita sulla banchina della metro e quella del giornale di stamattina e la faccia aggrottata della signora seduta davanti a te. “Chissà cosa avrebbe supposto la speaker del TgCom se non fosse arrivato il treno” pensi mentre continui a ridere guardando tua sorella.

Siete arrivati a casa e mentre tua sorella lancia lo zaino per terra e corre in bagno a lavarsi le mani gridando «Ho fame, ho fame, ho fame, ho fame, ho fame!», tu entri in casa con flemma, ti siedi a tavola e accendi la televisione. Al telegiornale è appena iniziata la cronaca. Un servizio mostra il treno di una metropolitana della linea 3 in corsa e subito dopo una banchina della stessa linea. Metti a fuoco la voce del giornalista che in quel momento sta leggendo di due ragazzini uccisi sulla metropolitana a causa delle coltellate inflitte da un’anziana signora. Paralizzato lasci cadere di mano il telecomando, intanto hai puntato i gomiti sul tavolo, la bocca spalancata.

«No!» esclami ad alta voce, mentre ti porti una mano a coprire la bocca.

La tua sorellina ti ha sentito e accorre in cucina gridando «Cosa? Che c’è?», con una mano appoggiata allo stipite della porta e l’altra lungo il fianco. Rispondile, altrimenti si preoccupa, non fissare lo schermo come se fossi un babbuino! Ti chiede «Fratellone, va tutto bene?».

«Eh,» ridacchi e intanto alzi il pollice a indicare il soffitto con gli occhi su di lei «si pensa di farmi credere quel che vuole. Ma quando li ha ammazzati, quei poveri ragazzini, che ha risolto? Io lo so che non è andata così».

«Fratellone, ma cosa stai dicendo? Chi ha ammazzato chi?»

«Niente, sorellina, sei ancora troppo piccola per preoccuparti di queste cose»

«Sei proprio un pesce, sai?»

«Lo so, ma un bel pesce. Avanti spegni la TV che mangiamo».

 

Sto uscendo di casa per andare a seguire la lezione di Filologia romanza. Ieri è stata un po’ noiosa, speriamo che si faccia più interessante oggi, comunque, mal che vada, andrò avanti con il mio romanzo: non ho ancora ben capito se l’aiutante del protagonista sia buono o cattivo. Sono all’incrocio prima della fermata della metro, mi volto a guardare se arrivano macchine e scorgo, davanti al tabacchi che fa angolo, una vecchietta che offre delle caramelle a quattro ragazzini; poi li bacia in fronte e sorridendo li saluta, raccomandandogli bonariamente di fare i bravi a scuola. I ragazzini ringraziano con il sorriso malizioso di chi mente innocentemente e corrono via. Allora guardo in viso la vecchietta e intanto le si avvicina un signore anziano che la bacia affettuosamente sulla bocca mentre sorridono entrambi.

Tutto è reale, il treno arriverà tra due minuti.

credits

A cura di Davide Paone

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