Osservasalute: nell’Italia del 2016 vivremo un po’ di meno?

di Federico Lucrezi

Dal rapporto 2016 di Osservasalute, l’osservatorio dell’Università Cattolica che si occupa di organizzare e studiare i dati relativi alla salute in Italia, emerge per la prima volta una diminuzione dell’aspettativa di vita alla nascita. Una flessione in controtendenza con l’andamento storico del nostro paese, che secondo il rapporto di Osservasalute si attesta a 80,1 anni per gli uomini e 84,6 per le donne a fronte di rispettivamente 80,3 e 85 dodici mesi fa.

Ma di che cosa stiamo parlando esattamente?

L’Italia nelle classifiche non sale sul podio solo per i mondiali vinti o per l’abilità culinaria. Un piacevole record che storicamente ci pone sul tetto del mondo, secondi solo al Giappone, è proprio il valore relativo all’aspettativa di vita, complessiva e in buona salute.

L’aspettativa di vita è un valore numerico che indica gli anni che un individuo al momento della nascita ragionevolmente potrà vivere ed è uno dei principali indici utilizzati per la valutazione della salute di una popolazione.

Con aspettativa di vita in buona salute si indica invece il numero di anni che un soggetto potrà vivere alla nascita al netto degli anni che, statisticamente, saranno condizionati da patologie invalidanti. Assume quindi un valore più basso rispetto all’aspettativa di vita e consente di delineare un quadro più completo della popolazione di riferimento.

Nonostante la lieve flessione riscontrata la salute in Italia si mantiene su un livello ottimo e invidiabile, cosa che potrebbe suonare strana se si pensa ai numerosi casi di malasanità, agli sprechi e agli scandali che puntualmente si prendono le prime pagine dei giornali. Si pensi alle polemiche nei confronti dell’ospedale di Nola, saltato agli onori di cronaca appena qualche mese fa per aver adagiato a terra alcuni pazienti in attesa di essere visitati, o all’incresciosa vicenda del nomenclatore, in attesa di essere aggiornato da anni mentre a farne le spese sono centinaia di disabili costretti a pagare di tasca loro quei supporti che dovrebbero essere garantiti dallo Stato.

Per capire questa apparente contraddizione si può fare riferimento agli indicatori adottati per valutare la salute e i sistemi sanitari nei diversi paesi del mondo. Emerge una mancanza di correlazione tra la salute e la sanità: se uno stato sceglie di aumentare la spesa sanitaria, infatti, gli indicatori di salute potranno crescere di conseguenza solo fino ad un certo punto, dopodiché ogni ulteriore aumento della spesa sarà perfettamente inutile.

Un aumento ulteriore degli indicatori della salute potrà essere raggiunto soltanto modificando altri fattori che influenzano la salute, lo stile di vita su tutti.

Potremmo insomma dire che ancora una volta è la buona cucina a salvarci!

E il sistema sanitario italiano?

Nonostante l’ampia risonanza mediatica che, giustamente, ogni malfunzionamento del sistema si trova ad avere, non si può certo affermare che complessivamente il sistema sanitario italiano sia scadente.

Nel 2015 l’Organizzazione Mondiale della Sanità collocava il nostro sistema all’11 posto complessivo con un valore pari a 91,4 dell’indice di efficacia, l’indicatore sviluppato dall’OMS che tiene conto della salute di un paese, della reattività del sistema e delle loro distribuzioni tra la popolazione.

Forse ancora più utile è l’indicatore EHCI, Euro Health Consumer Index, che permette una classificazione dei sistemi sanitari nazionali dal punto di vista del consumatore analizzando parametri quali diritti dei pazienti, tempi d’attesa, efficacia dell’informazione e accesso ai farmaci. Nel 2015 l’Italia si trova nella parte medio-bassa della classifica, ben al di sotto di paesi come la Macedonia, la Croazia o l’Islanda.

Nonostante la diminuzione di qualche decimo percentuale dell’aspettativa di vita l’Italia rimane quindi uno dei paesi con i livelli di salute più alti al mondo e anche il nostro sistema sanitario si difende piuttosto bene. L’incongruenza apparente con la percezione comune di inefficienza è proprio il principale problema del nostro sistema, sempre più chiamato a migliorarsi non tanto in efficacia quanto nel rapporto con gli utenti. Un obiettivo che ben si inserisce nel contesto più ampio di una mentalità scientifica drammaticamente compromessa da ricostruire, una delle principali sfide che il nostro paese si trova a dover affrontare in questi anni.

 

Fonti:

Rapporto Osservasalute 2016

Who Efficiency Index 2015

Euro Health Consumer Index 2015

Marcello Crivellini, Manuela Galli, Sanità e salute: due storie diverse, Francoangeli, 2016

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