Cosa succederebbe se i lettori svanissero?

“Chi non legge, a 70 anni avrà vissuto una sola vita: la propria. Chi legge avrà vissuto 5000 anni: c’era quando Caino uccise Abele, quando Renzo sposò Lucia, quando Leopardi ammirava l’infinito. Perché la lettura è un’immortalità all’indietro” 

– Umberto Eco –

È ufficiale: solo il 46% della popolazione in Italia legge almeno un libro all’anno. Eppure decine di festival ed eventi letterari – da BookCity alla Fiera del Libro – costellano il nostro Paese allo scopo di promuovere la lettura e la diffusione della cultura, e sempre più libri raggiungono posti impensabili come i bar, gli hotel, gli angoli delle strade. Quindi, come è possibile tutto ciò? E quali sono le conseguenze?

Secondo il Rapporto sulla promozione della lettura in Italia, curato dall’associazione Forum del libro, «solo il 46% degli italiani (51,9% tra le femmine e 39,7% tra i maschi) dichiara di aver letto almeno un libro all’anno. Ma leggere un libro in dodici mesi non basta a qualificarsi lettori e da questo numero potremmo sottrarne circa la metà: infatti, non dovremmo considerare quel 20,7% della popolazione che ha letto meno di tre libri e che ha quindi un rapporto piuttosto occasionale con la lettura, mentre dovremmo considerare solo un 18,4% che ne ha letti da 4 a 11 e una sparuta pattuglia di “lettori forti”, pari al 6,3% della popolazione, che legge almeno 12 libri in un anno. In totale, quindi, meno di 14 milioni di italiani.»

Questi dati sono invariati da decenni: grazie all’aumento della scolarizzazione della fine degli anni Ottanta la percentuale di lettori raggiunge il 36,8% con un ritmo di crescita impressionante, per poi assestarsi nel 1996, dopo aver superato la soglia del 40%, con piccole variazioni nel corso degli anni seguenti. Un altro dato preoccupante proviene dal mondo degli under 25: oggi molti meno giovani leggono nel tempo libero, poiché la lettura è legata principalmente alla scuola, che esercita grande influenza nella costruzione del canone letterario e impone lo studio di una ristretta cerchia di autori. Le cause di questi indici di lettura così bassi sono molteplici ed è opinione largamente condivisa che i comportamenti di lettura siano condizionati da numerosi fattori di natura ambientale, culturale, sociale, familiare. Tra questi, in primo luogo incidono il grado di istruzione e il livello socio-economico.

Questo risultato si riflette inevitabilmente sull‘economia editoriale. Molte meno persone leggono ma, contemporaneamente, vengono prodotti sempre più libri, generando una spirale che può compromettere il mercato librario: i magazzini delle case editrici sono saturi, le vendite non procedono di pari passo con la produzione e per questo molte piccole case editrici sono state costrette a chiudere o a fondersi con le più importanti.

C’è chi afferma che tali dati non siano così catastrofici se confrontati con il livello di analfabetismo e di analfabetismo di ritorno del nostro Paese, in cui circa il 75% della popolazione non è in grado di leggere o di comprendere concretamente un testo scritto. Tuttavia “chiodo non scaccia chiodo”, il problema è reale e va estirpato alla radice. Per un miglioramento è necessario investire nell’educazione scolastica e familiare e nella spinta tecnologica dell’editoria digitale. È necessario rieducare alla lettura i giovani, il futuro dell’Italia, e guidarli alla riscoperta del piacere di leggere, con la speranza che questo diventi realtà e che non resti solo un’altra bella storia da leggere in un libro.

Fonti

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