Manet e la Parigi moderna

È stata recentemente inaugurata a Milano la mostra dedicata a Manet e al suo rapporto con la Parigi a lui contemporanea, nella quale operavano nel medesimo periodo  altri grandi artisti del suo calibro, tra i quali ricordiamo Renoir e Degas, che ci riportano sulla tela i panorami delle rispettive esperienze nella Ville Lumiere.

La mostra dedicata al padre dell’impressionismo, si apre con due famosi ritratti eseguiti da Manet per due suoi grandi sostenitori e amici: il teorico naturalista Emile Zola e il poeta francese Stéphane Mallarmé. Sicuramente più conosciuto è il primo ritratto, realizzato nel 1868 e proveniente dal museo d’Orsay, nel quale viene ritratto Zola di profilo, quasi ad indicarci il vero protagonista del dipinto: intravediamo sullo sfondo infatti le riproduzioni di un’opera del pittore stesso, l’Olympia, e una del maestro spagnolo Velazquez. Compare anche una stampa giapponese, che allude all’influenza esercitata dalla cultura nipponica sull’impressionismo. I dettagli nel ritratto di Zola si traducono sia in un’espressa volontà di reciproca celebrazione sia nell’appoggio costante offerto dallo scrittore nei confronti del pittore.

Emile Zola, Edouard Manet, 1868

Nelle sale successive si comincia a respirare il profumo di Parigi, soprattutto attraverso due opere, Les Tuileries di Monet e La strada di Gennevilliers di Signac, che ci mostrano i frammenti e uno spicchio della città, in netto contrasto con l’opera La fuga di Manet, realizzata qualche anno prima della sua morte, dove risalta il fortissimo blu elettrico dell’acqua, lasciando soltanto intravedere una desolata barchetta in mezzo al mare, raffigurando così un mondo distante dal clima dalla vivace capitale francese.

Manet cambia poi direzione e intraprende la strada delle nature morte negli anni compresi tra il 1864 e il 1865,  poi riprese nell’ultima fase della sua vita.

Prima di poter ammirare le tanto amate Peonie di Manet, non possiamo fare a meno di soffermarci su Mazzo di Fiori su sedia di Renoir (1880), dove traspare la travolgente passione parigina per il teatro, che verrà più ampiamente esibita nella sala interamente dedicata al binomio pittore-Operà.

Nella medesima sala campeggiano i fiori prediletti di Manet, le vivaci e profumate peonie, che diventano le protagoniste di buona parte della sua produzione pittorica. L’opera “Ramo di Peonie bianche e forbici” (1864) esprime la fugacità del tempo, la fugacità del momento in cui il fiore passa, senza nemmeno accorgersene, dalla vita alla morte, lasciando soltanto un ramo secco e il ricordo della sua ormai perduta bellezza.

All’interno della mostra viene anche esibito il rapporto tra Manet e la pittura spagnola, attraverso numerose opere che nascono proprio dalla visione diretta della Spagna durante un viaggio nel 1865.

Al ritorno da questa esperienza, Manet scriverà una lettera all’amico Baudelaire in cui elogerà Velazquez come “il più grande pittore che sia mai esistito”. Tra queste opere vediamo qui esposta Lola di Valencia, in cui è evidente il richiamo al tanto ammirato Velazquez ma sicuramente anche a Goya nella raffigurazione di una bella donna che, nonostante la carnagione lattea, trasmette con i suoi capelli bruni e i suoi occhi scuri il travolgente fascino iberico.

Manet riproduce anche su tela il momento della corrida, a cui aveva assistito in prima persona, nell’opera intitolata Combattimento di tori, di cui abbiamo testimonianza proprio grazie alla lettera scritta a Baudelaire.

In questa sala incontriamo quindi il dipinto che fa da locandina alla mostra, Il pifferaio, realizzato nel 1866 e anch’esso conservato al Museo d’Orsay. Manet inviò quest’opera al Salon del 1866, ma con suo grande rammarico fu accolta con scarso entusiasmo: la critica infatti non aveva ancora digerito lo scandalo della Colazione sull’erba e di Olympia, rifiutando così anche questo suo capolavoro. Fu però strenuamente difeso dall’amico Zola che affermò:

Su un fondo grigio e luminoso si staglia il piccolo musicista, in tenuta modesta, pantaloni rossi e berretto da polizia. La semplificazione creata dall’occhio chiaro e giusto dell’artista ha fatto della tela un’opera assolutamente delicata ed ingenua, deliziosa fino alla grazie e reale fino all’asprezza. Non credo sia possibile ottenere un effetto più potente con mezzi più semplici.”

Iniziamo allora ad affrontare nelle sale seguenti il tema legato al mondo femminile, in cui incontriamo ballerine, prostitute e soprattutto Berthe Morisot, pittrice impressionista francese e con cui Manet instaurò un rapporto profondo, che probabilmente sfociò anche in una relazione amorosa.

Proprio Berthe infatti sarà la modella preferita del pittore che la ritrarrà in più di dieci tele in pochi anni; riconosciamo questa sensuale donna in quello che probabilmente è il dipinto più famoso della mostra, Il Balcone, eseguito tra il 1868 e il 1869. Anche in questa opera notiamo subito come l’influenza della pittura spagnola abbia giocato un ruolo di grande importanza nella produzione di Manet, salta infatti subito all’occhio il richiamo all’opera di Goya Le Majas al Balcone, dove la Maja indica una giovane spagnola bella e provocante, proprio come la nostra Berthe Morisot, che individuiamo nella donna seduta in primo piano nell’opera di Manet.

Berthe Morisot, Edouard Manet, 1872

Come abbiamo detto non possiamo dimenticare il ruolo rivestito dalla mondanità nel mondo parigino, da cui nascono proprio le splendide tele realizzate da Degas, che fu grande ammiratore e osservatore del mondo del balletto; possiamo qui ammirare Il Foyer della Danza, che si colloca perfettamente nella produzione pittorica di Degas, in cui si predilige la raffigurazione dell’uomo rispetto alla natura e del piacere del godere del balletto in una posizione privilegiata. Ma la vita di Parigi deve essere vissuta anche attraverso il tema della prostituzione, perfettamente reso nella tela di Jean Beraud, dal titolo L’attesa: in questa strada semi deserta si intravedono due sole figure, raffiguranti una prostituta e il suo cliente, che sono così distanti nello spazio ma che noi sappiamo si dovranno raggiungere, l’artista quindi riesce  a renderci nel suo dipinto una distanza spaziale che viene annullata dalla consapevolezza di un imminente incontro.

Il balcone, Edouard Manet, 1868-1869

La mostra termina con una sala dedicata alle donne in nero, in contrapposizione alle donne in bianco che fanno da protagoniste nell’opera Il balcone. Le donne in nero da ammirare sono due, ancora una volta Berthe Morisot realizzata da Manet e Madame Darras, eseguita invece da Renoir; due donne tra loro molto differenti, la prima sensuale con uno sguardo seducente ed estremamente magnetico; la seconda invece cela il volto dietro una signorile velette, che lascia trasparire in viso un aspro e fiero distacco, una certa aria di superiorità.


FONTI

Studio dell’autrice

 

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