“La crisi del teatro”: come risollevare il rapporto tra cultura e istituzioni

Cominciò dalla prima maschera, dal muoversi dei corpi sulla terra; crebbe col susseguirsi delle società, delle scene su cui si scambiavano battute le voci della storia e del salotto, luoghi affini nelle contraddizioni. In fondo ne sono entrambi ricolmi, come dei pozzi interminabili, nei cui recessi umani ritroviamo la culla del teatro. “La Commedia umana” è ciò che da sempre siamo e l’arte della rappresentazione è il nostro inevitabile modo di agire.

L’incontro svoltosi lo scorso 2 marzo al Teatro Anfitrione di Roma, organizzato dall’associazione culturale Futura Ancislink, ha voluto mettere in evidenza che il teatro è una componente imprescindibile della società, proprio in quanto ambiente simbolico nel quale ci manifestiamo a noi stessi: il teatro, inteso sia come “tempio” sia come attività performativa, è il luogo in cui incontriamo l’altro, incontriamo l’amante, il figlio, il demonio, la mendicante, il folle, l’irascibile, il morto e l’eterno, giacché noi tutti siamo su quel palco. L’evento, e il dibattito che l’ha costituito, partendo da questi presupposti, si poneva la questione dello statuto odierno del teatro in Italia, in particolare rispetto ai provvedimenti istituzionali che dovrebbero tutelarne la sopravvivenza.

Tra gli ospiti v’era il direttore artistico del Teatro Anfitrione, l’attore di navigata carriera Sergio Ammirata, il cui intervento non s’è risparmiato sin da subito dalle critiche contro lo scarso operato in materia culturale dei governi degli ultimi anni, a causa dei quali, a detta di Ammirata, «molti non fanno più teatro», riferendosi alle centinaia di compagnie teatrali (e di danza) che si sono viste costrette a chiudere i battenti. Se la “scena” non esiste più, o quantomeno se la sua sussistenza è minacciata, dunque, è anche colpa di istituzioni politiche (da “retroscena”) che non hanno saputo ideare una sensata redistribuzione dei finanziamenti pubblici ai teatri, non cogliendo quanto sia fondamentale valorizzare la cultura.

Anche la seconda ad intervenire, l’attrice e autrice Miriam Spera, ha sostenuto lo stesso, rincarando la dose su due punti: la salute di cui gode oggi il teatro in altri paesi europei; e la gravità della situazione nel nostro paese, affermando che la causa non è da ritrovarsi solo in una crisi istituzionale, ma anche «in una crisi di carattere esistenziale», che rischia di far perdere al teatro il valore che la storia gli ha consegnato: «quando gli antichi greci hanno perso il loro teatro hanno perso la loro democrazia». È emersa da questo intervento tutta la frustrazione, comprensibile e condivisibile, che invade ormai da decenni il mondo del teatro, che dopotutto, ci ricorda la Spera, «è un filtro della società, delle sue pulsioni: è un canalizzatore del negativo».

Con forza si chiude, quindi, la porzione più “culturale” del pool di invitati all’evento, dato che a seguire gli interventi dei due teatranti è giunto quello, più compassato in quanto a toni, dell’on. Guglielmo Vaccaro, il cui apporto è stato comunque valido per capire il clima che si respira nelle aule parlamentari e nelle camere ministeriali quando è trattato un tema tanto delicato come il teatro. È stato auspicato, per il futuro, un migliore rapporto con gli spettatori e, ovviamente, anche con le compagnie, in modo da poter riportare il teatro italiano «all’altezza della sua storia, del resto del continente». Ciò che serve, ha continuato Vaccaro, è una «lettura della quotidianità», così da poter pensare ad un cambiamento nei metodi di finanziamento, proposta visibilmente ben accolta da Ammirata, il quale si è augurato che si riesca a riequilibrare lo svantaggio economico in cui versano le realtà teatrali più piccole e fragili.

A chiudere l’incontro è stata Raffaella Celentano, direttore della Sezione DOR della SIAE, che si è concentrata maggiormente sugli aspetti più prettamente produttivi e burocratici del settore creativo, sia in generale, sia riguardo il caso particolare del teatro. Non è mai sottolineata abbastanza l’importanza che gli autori ricevano il giusto riconoscimento, come d’altronde il meritato compenso, campi nei quali la SIAE ha il dovere di tutelare gli interessi artistici dei creativi. Il teatro va aiutato, supportato e, soprattutto, revitalizzato: anche per questo, ha affermato la Celentano, «la SIAE ha sviluppato una campagna di aiuto ai giovani, in modo che sia facilitato lo sviluppo del prodotto teatrale». Termini forse troppo “imprenditoriali”, ma che comunque fanno sperare in un sostegno che riesca a migliorare – si auspica con la collaborazione delle istituzioni politiche centrali – lo stato attuale del teatro italiano, che riesca a farlo uscire dalla crisi in cui è stato gettato.

Sono incontri come questo che, nel loro, fondamentale, piccolo, riescono a raccogliere e stimolare nuove idee e nuovi intenti per la rinascita delle arti, della cultura tutta, sperando che un maggiore dialogo tra pubblico, teatro e istituzioni riuscirà a risollevare l’arte con cui, al grado forse più elevato, abbiamo modo di vederci, capirci e cambiarci. Il traguardo ideale sarebbe quello di renderla indipendente, ridarle finalmente la vitalità e l’autonomia che meriterebbe un’arte la cui bellezza e pienezza è meglio espressa dalle parole, liberatorie e cariche di passione, di Sergio Ammirata: «fregatevene di tutto e viva il teatro!».

 


Altro della Futura Ancislinkl’articolo sulla mostra di pittura che hanno organizzato lo scorso dicembre.

Credits foto: Futura Ancislink.

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