“Cast Away”: il ritorno dell’uomo alle radici

Quasi tutti conoscono il celebre film “Cast Away” con Tom Hanks nei panni di un naufrago disperso su una piccola isola del Pacifico. Si tratta di una pellicola risalente al 2000, che rimane di fatto uno dei più grandi successi dell’attore statunitense. Tom Hanks è l’unico e solo protagonista di questa vicenda commovente.

Everyman

Quello su cui molti critici concordano è il profondo messaggio che “Cast Away” vuole trasmettere: si tratta di un vero e proprio ritorno dell’uomo alle sue radici, poco dopo l’evoluzione. Alcune delle scene chiave del film sono sicuramente esplicative di questo intento.

La prima scena che salta all’occhio è sicuramente quella del viaggio in aereo. Il protagonista conduce una vita basata sulla routine, continui viaggi da un paese all’altro con la compagnia aerea FedEx che gli impediscono persino di trascorrere le feste in famiglia. E’ l’uomo moderno, quello di oggi, annoiato dal lavoro e dalle comodità. Subito dopo il naufragio, Chuck Noland si ritrova su un’isola deserta, priva di civiltà; è spaesato, confuso, si muove a destra e sinistra sperando di incontrare una città o altri esseri umani, rendendosi finalmente conto di essere da solo. E’ un forte richiamo al tema di Everyman: l’uomo che rappresenta tutti gli uomini. Su quell’isola, Noland rappresenta l’umanità allo stremo.

La sopravvivenza e il sogno della civiltà

La prima cosa che Noland cerca di procurarsi è il fuoco. L’accendino che aveva è stato danneggiato dall’acqua di mare, il che spinge il protagonista ad usare un complesso sistema di legnetti ed erba secca per ottenere una fiamma. La sua gioia e la sua danza, dopo diversi fallimenti, quando finalmente ottiene un fuoco per scaldarsi, ricordano fortemente uno dei primi stadi evolutivi dell’uomo. Eccolo quindi ritornare alle origini, lasciare quasi ogni barlume di civiltà per dare spazio alla propria sopravvivenza.

Passano gli anni e Noland combatte la solitudine parlando con un pallone su cui ha disegnato un volto.  Anche il suo aspetto è cambiato: capelli e barba lunghi lo fanno assomigliare sempre più ad un uomo delle caverne. Il suo obbiettivo rimane comunque quello di abbandonare l’isola e tornare a casa, con qualsiasi mezzo. Utilizzando quel poco che è rimasto dei rottami dell’aereo e dei pacchi postali, Noland (probabilmente laureato in ingegneria), crea una rudimentale zattera con la quale tenta più volte di superare la barriera di correnti che circonda l’isola, spesso senza successo.

Il ritorno alla normalità

Il suo naufragio diventa una nuova lotta per la sopravvivenza nel mezzo dell’Oceano Pacifico, alla mercé degli elementi naturali ma curiosamente accompagnato da una balenottera azzurra che sembra guidarlo (un richiamo a Dio forse?). Dopo settimane alla deriva, Noland viene finalmente trovato e salvato da una nave mercantile giapponese.

La storia sembra tornare alla normalità: Noland riprende il suo vero aspetto e mette degli abiti eleganti, mentre torna in aereo verso casa. Il suo sguardo, tuttavia, è cambiato per sempre: è fisso nel vuoto, amareggiato, volendo terrorizzato all’idea di tornare alla civiltà. La sua ex fidanzata si è sposata con un altro uomo da cui ha avuto dei figli. Tutti lo credevano morto ma gli offrono comunque un nuovo lavoro nella FedEx come fattorino (a terra). Noland decide quindi di completare il suo lavoro: consegnare i pacchi che aveva trovato sull’isola ai rispettivi proprietari.

L’ultima scena, la più potente in termini di significato, vede Noland fermo da un incrocio a quattro vie, che si guarda intorno e sorride: è una metafora della vita. Il protagonista è vivo grazie ai suoi sforzi e ora deve solo decidere che strada prendere.

 

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