Sarà davvero L?

Netflix sta facendo grandi passi nel mercato mondiale dell’intrattenimento, allargandosi su diversi orizzonti e sfociando in diversi ambiti. Portando alla ribalta i personaggi Marvel, non convenzionali come Jessica Jones, Daredevil, Luke Cage e presto anche Iron Fist, tracciando i primi anni di governo della regina Elisabetta II in un’epoca di declino per l’Impero britannico e il mondo stesso con The Crown, insieme ai successi “storici” quali Orange is the new black, Narcos, House of Cards e il più recente Stranger Things -che promette bene e per cui è iniziata l’attesa per la seconda stagione- sembra che nessun altra piattaforma possa reggere il paragone né per qualità di orginal series né tantomeno come varietà della sua libreria multimediale o videoteca che si arricchisce ogni giorno sempre più di serie televisive e film di propria produzione oppure no.

Non ultimo dei progetti Netflix prossimo è anche il film live-action, diretto da Adam Wingard, atteso per il 2017 e riadattato dal celebre manga di Tsugumi Ohba e Takeshi Obata, ovvero Death Note.

La storia è molto semplice: un quaderno nero cade nel cortile di un liceo e a trovarlo è Light Yagami, uno studente modello che conduce una vita semplice, ma noiosa. Light scopre che si tratta di un Death Note, un oggetto con poteri soprannaturali in grado di uccidere qualunque persona a patto che il nome della vittima sia scritto per intero, conoscendone il volto (per evitare casi di omonimia). Il ragazzo, inebriato dal potere divino che per un caso gli stato concesso, decide di usarlo per uccidere i criminali con l’obiettivo utopico di purificare il mondo e diventarne il nuovo Dio, assumendo lo pseudomino di Kira e “ostacolato” dalla polizia locale e da L…

Un successo globale che adesso merita anche una trasposizione cinematografica, ma che sta facendo molto discutere in questi ultimi tempi per la decisione inevitabile del whitewashing dei personaggi e dei relativi nomi –Light Yagami divenuto Light Turner (Nat Wolff), Misa Amane invece Mia Sutton (Margaret Qualley), non più a Tokyo, ma a Seattle- perché fossero più occidentali e familiari al grande pubblico, nonché di aver cambiato in maniera radicale l’immagine dell’iconico investigatore L (Elle) lasciandolo interpretare da un attore di colore, Keith Stanfield -come è già successo, in un altro contesto, per Hermione Granger, che appare nella rappresentazione teatrale di Harry Potter and the cursed child con il volto di Noma Dumezweni.

L Lawliet, infatti, è un ragazzo, l’investigatore migliore del mondo che lavora ai casi da risolvere in remoto da casa, vivendo alla luce del suo computer: smilzo, languido, pallido, con profonde occhiaie nere e capelli scuri, L non esce quasi mai alla luce del sole, non indossa calzini né scarpe, ha una mania per i dolci e siede sempre con le ginocchia vicino allo stomaco, perché, come dice lui stesso, «se mi siedo normalmente, le mie capacità intellettive diminuiscono del 40%». E cosa fondamentale nessuno conosce la sua vera identità di investigatore e il suo volto, ad eccezione di Watari, suo fedele assistente, e pochi altri dopo la comparsa di Kira. Un personaggio ben definito, per cui non sono ammessi errori o sbavature di alcun tipo, perché a rendere iconico L è la sua figura e la sua genialità si nasconde dietro queste piccole cose, che lo rendono anche il personaggio più strutturato su diversi livelli psicologici dell’intera storia.

Scelta ampiamente criticata e che ha dato parecchie noie a Netflix, ma vedremo i risultati di questa strategia non in linea con chi la serie l’ha seguita fin dall’inizio. Non ci resta che aspettare che il film venga rilasciato sulla piattaforma l’anno prossimo e fidarci dello sceneggiatore Jeremy Slater, sperando che il lavoro di Ohba e Obata non venga snaturato, divenendo un altro esempio dall’impostazione crime serial americana.

In fondo, però, si teme di più una rappresentazione edulcorata di Light e una trasformazione di L in un moderno nerd geniale e, quindi, “balbuziente” -come afferma Eleonora Caruso, qui-, si teme l’ “americanizzazione” del manga, non la resa del film.

Tra l’altro sembrerebbe che l’unico personaggio, rimasto fedele al suo originale -nell’immagine e nello spirito- sia Ryuk, lo shinigami responsabile della caduta del Death Note sulla Terra, ma non si hanno ancora evidenze per poterlo confermare con sicurezza e la sua rappresentazione rende ancora più impaziente il pubblico che lo aspetta.

Non ci sono ancora trailer per il film, atteso per il 2017.


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