La religione può avere un ruolo sociale?

“Libera Chiesa in libero Stato”. Laicità dello Stato. “Date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio.” Quando si discute il ruolo della religione nella società civile, sono queste tre le affermazioni più inflazionate. Ultimamente si è però assistito ad una progressiva erosione del ruolo sociale giocato dalla religione nel mondo occidentale. Non di rado si sente dire che “la religione va esercitata nella propria sfera personale”, lontano dalla propria vita sociale e pubblica . E viene da sbuffare. Ecco perché.

Cristianesimo: “Date a Cesare quel che è di Cesare”

Si può negare la natura laica dello Stato? No. Ma si può negare la natura sociale della religione? Il “comandamento più grande” per il cristianesimo è: “ama il prossimo tuo come te stesso”: questo amare il prossimo implica necessariamente una dimensione sociale della fede, altrimenti egoistica senza l’elemento della carità, del dono gratuito di sé agli altri, cifra della fede cristiana. Questa è la logica per cui Cristo stesso si sarebbe offerto in croce per la redenzione dei peccati di tutti. Eliminare l’elemento sociale dal cristianesimo equivale ad eliminare il cuore del cristianesimo.

Ebraismo: Giona e la Torah

Similmente per l’ebraismo il Dio dell’Antico Testamento punisce chi si rifiuta di portare a termine la sua missione sociale. Emblematico il caso del profeta di Giona: rifiutatosi di annunciare l’imminente distruzione agli abitanti di Ninive e di predicar loro la conversione, fu inghiottito da una balena nel suo viaggio in fuga dall’ordine del Signore. Convintosi della sua missione, portò a termine il suo compito ed evitò alla città di Ninive la distruzione.

L’aspetto sociale della religione è ineludibile per una religione dove la Torah (“insegnamento”, non Legge) rappresenta l’alleanza fra Dio e il suo popolo. “Non uccidere”, “non rubare” sono messi al pari di “non avrai nessun altro Dio all’infuori di me”. L’elemento privato va di pari passo con quello sociale.

Islam: religione e diritto

Lo stretto legame tra religione, socialità, legge e comportamento è fortissimo nell’Islam. La fede musulmana (din) si compone di tre elementi essenziali: iman (credo religioso), ihsan  (azione conforme ai dettami di Dio) e islam (abbandono alla volontà di Dio). L’aspetto sociale non è dunque che la manifestazione esteriore della propria fede interiore, principio di coerenza rispetto alle credenze professate. Come per cristianesimo ed Islam.

La peculiarità islamica – ma sarebbe meglio dire semitica – è quella di intrecciare normativa legislativa e principio religiosa, come per la Legge ebraica. La religione agisce pertanto come collante armonico della comunità: questo è, in sintesi, il senso della comunità politica e religiosa guidata da Maometto a Medina.

Un impegno sociale condiviso

La religione deve potere avere un ruolo attivo e sociale in una società, purché ne rispetti le leggi fondanti di convivenza civile. La promozione di battaglie sociali – pensiamo a figure come quella di Martin Luther King – quando tesa ad eliminare situazioni di discriminazione o oppressione è positiva per la società. Battaglia sociale, non sotto un’insegna politica.

Il ruolo sociale delle religioni è cruciale se va di pari passo al rispetto della laicità positiva dello stato e delle altre religioni, garante della convivenza civile. Come affermava Hans Küng, “non c’è pace tra nazioni se non c’è pace tra religioni”. Chi meglio di uno stato laico ma positivo nell’accettare il contributo di ogni religione nella sua specificità può assolvere a un compito pacificatore?

FONTI

Massimo Campanini, Il Corano e le sue intepretazioni, Laterza, Bari, 2004.

Michele Zanzucchi ed. e aa.vv., L’islam spiegato a chi ha paura dei musulmani, Città nuova editrice, Roma 2015.

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