Quell’infernale Dan Brown

Quella copertina “infernale”ci cattura come poche. Vediamo il profilo inconfondibile di Dante, incorniciato dai graffiti dorati dei sette peccati capitali, il tutto evidenziato da un rosso sangue molto suggestivo.
Forse, questa è una di quelle poche volte in cui si può dire che la copertina è meglio del libro.
Ma probabilmente questo è solo il giudizio di un’italiana profondamente innamorata del sommo poeta, il problema principale infatti potrebbe essere proprio questo: come si può stupire con delle rivelazioni partendo dalla Commedia, quando i lettori sono in realtà esperti in materia tanto quanto il protagonista?
Gli italiani amanti del genere trepidavano per l’uscita del libro: ci aspettavamo un capolavoro, il grande Dan Brown, autore del “Codice da Vinci” (un best seller che ha incantato milioni di persone) e non solo, un libro che intreccia un mistero con uno dei più interessanti capolavori della nostra letteratura.
Era imperdibile. O forse no.
Le pecche del libro sono molte e notevoli già partendo dall’inizio: troviamo un eminente professore di Harvard che parla un discreto italiano e che si trova (non si capisce come) in un ospedale fiorentino, soccorso dalla bella, e particolare, dottoressa Sienna Brooks, anche lei esperta della lingua del posto, con un quoziente intellettivo di 208 ed ex bambina prodigio con manie da supereroina. Il romanzo parte in quarta: alla fine del secondo capitolo il professore ha già partecipato a due sparatorie, con commozione cerebrale e relativa amnesia che gli permette di ricordare solo una signora di circa sessanta anni che dice: “cerca e troverai”.
Tutto molto interessante, fino a quando il nostro professor Langdon non proietta una “Mappa dell’Inferno” di Botticelli (per questi elogi all’arte italiana non possiamo fare altro che ringraziare Dan Brown) modificata in modo tale che compaia “l’incomprensibile CATROVACER”:
CA-TROVA-CER —> Cerca, trova.
Il professore impiega ore per comprenderne il significato.

Ma non era lo stesso uomo che ha intuito, di primo impatto, tutti gli indizi del “Codice da Vinci” grazie alla sua memoria eidetica? Inoltre aveva a disposizione una donna con un QI di 208 che parlava italiano e una sessantenne che, di fatto, dava la soluzione dell’enigma già alla seconda pagina del libro.
Il lettore è spinto a domandarsi cosa sia successo al genio del professore di simbologia di Harvard.
Andando avanti si riscontrano ulteriori stranezze da dover accettare per amore della narrazione: tutto accade in un giorno! In sole 24 ore abbiamo inseguimenti per le strade di Firenze, Venezia e addirittura Istanbul. Ma non avevamo lasciato l’unità di tempo aristotelica nel Cinquecento?
Inoltre la storia, nonostante gli inseguimenti e le sparatorie (che si riveleranno fasulle, come a voler rovinare gli unici elementi che lo rendevano davvero un thriller), procede a rilento, tutta l’attenzione del lettore viene portata sulle bellezze fiorentine che occupano circa metà del romanzo, nulla togliendo ai monumenti e alle glorie della città, ma sembra più una guida turistica di Firenze, resa più intrigante da un mistero, che non un thriller di successo mondiale.
Appare chiaro invece, come lo scrittore voglia inserire il più possibile le sue ricerche all’interno delle descrizioni che, per quanto stimolino nel lettore la volontà di visitare la bella madre di Dante, nel complesso risultano pesanti.
Ma ciò che stupisce di più è la trasformazione del povero professor Langdon, il quale non è nemmeno paragonabile al genio degli altri romanzi,: viene preso in giro da Sienna, dall’organizzazione che faceva finta di inseguirlo, un po’ da tutti in realtà, e si accorge dell’accaduto solamente a “cose fatte”. Tutte a lui!
Insomma il lettore è arrivato a chiedersi se la famosa Dea Bendata fosse davvero cieca, o in realtà ci veda benissimo!

Povero professore, sembra avere la stessa fortuna di molti detective televisivi, sempre al posto sbagliato nel momento sbagliato, il che, dopo tre romanzi incentrati su di lui, comincia a diventare monotono.
Per non parlare del finale: un altro inseguimento che non solo fallisce, ma addirittura viene bloccato a metà perché “l’inseguito” torna indietro e racconta la sua versione della storia.
L’unico spunto degno di nota è un ignaro, ma profetico, Dan Brown, istitutore di un in-fertility day!

 

Credits

 

Sminuire il più grande capolavoro della letteratura italiana? Dan Brown ci riesce già dai primi capitoli

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