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Blaise Pascal. Una consapevolezza epistemologica.

Di Andrea Beretta

Blaise Pascal (1623-1662) scrive opere di una genialità che interessa una polivalenza di campi: scientifico, teologico (esegesi di testi sacri), filosofico e artistico. 

La sua vita è esempio di un’istanza positiva alle esigenze di una vita religiosa più profondamente vissuta.

Queste esigenze riportano l’intima necessità di un confronto tra verità e persuasione, evidenza e assenso, intelletto e volontà. Ciò che sta alla base dell’esigenza Pascaliana è forse una consapevolezza epistemologica che intuisce il limes di confine che forma le componenti dell’impianto esistenziale dell’uomo permettendo il loro rischiararsi alla sua coscienza intellettuale e spirituale, divenendo così utile per affrontare l’esistenza stessa. E’ un considerare il “tutto” nella sua completezza. Pascal, anche dopo la sua conversione avvenuta nella “notte di fuoco”, non abbandona, come vuole intendere invece la tradizione illuministica, l’ambito scientifico per una prevalenza dell’ambito fideistico. Egli prende consapevolezza del limite che questi due aspetti includono vicendevolmente. La sua riflessione sull’uomo non è mai conclusiva: la sua maggiore opera teologica mai ultimata è arrivata a noi sotto forma di “pensieri”, di riflessioni spesso contenute in una sola frase: “Uomo canna pensante” ad indicare la fragilità ma anche la potenza della condizione umana (il giunco è fragile, si può spezzare da un momento all’altro, tuttavia la potenza dell’uomo sta nella facoltà della propria coscienza).

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L’importanza del Pensiero pascaliano è il recupero di temi dialogici platonici che riguardano la Conoscenza del Tutto: della vita, dell’uomo, della morale, di Dio, della Natura. Del Tutto.

Questioni che rimangono essenzialmente aporetiche, senza risposta, proprio per l’assenza di una possibile risposta intellettuale positiva. Ciò che rimane come granelli di sabbia essenziali tra le mani è quella consapevolezza d’aporia coincidente con l’irrinunciabilità a porsi e a ragionare da uomo attorno a tali questioni evitando la caduta nel totale scetticismo né tantomeno nell’assenza di critica intellettiva.

Azzardiamo una conclusione: il punto cui si è giunti suggerisce che tutto sia “attrazione” (quante volte sperimentiamo l’esigenza inspiegabile di dirigerci verso una data cosa che ci attrae), che la conoscenza quindi sia ricerca per attrazione che necessiti dell’assenza di un punto esclamativo conclusivo. Ecco la necessità Pascaliana di aprire uno spazio di Fides anche e soprattutto all’interno di un processo razionale, geometrico, ecco l’istanza che sospende l’affermazione scientifica.

 

Fonti:

Blaise Pascal, Pensieri, pensiero 264, Bompiani 2014.

 

 

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