L’omosessualità di Brunetto Latini: la letteratura come strumento per capire il presente

L’uomo del nostro tempo, in balia dei ritmi frenetici della vita, è portato talvolta a interrogarsi sul “corretto” modo di vivere l’esistenza, spesso diviso tra il perseguimento dell’insegnamento cristiano, che guarda ad una realtà trascendente, e l’urgenza del mondo terreno, con le sue passioni e i suoi desideri. Per sua natura l’uomo necessita di essere aiutato nel rapportarsi serenamente alla vita quotidiana che oscilla continuamente tra vizi e virtù, istinti e passioni, in una molteplicità di emozioni e sentimenti che lo rendono vulnerabile e fragile. Un valido sostegno in questo arduo cammino ci viene offerto dalla letteratura, strumento educativo dell’uomo.

All’interno del vasto panorama letterario, spicca in maniera esemplare la Divina Commedia di Dante Alighieri. L’attualità della Commedia è indiscussa, ne è un esempio il discorso sull’omosessualità, oggi più che mai al centro della cronaca quotidiana, esplorato attraverso la figura di Brunetto Latini. In particolar modo, bisogna porre l’attenzione sulla discrepanza evidente, già segnalata da commentatori e critici, fra l’ammirazione e la stima di Dante nei confronti del maestro, peraltro per niente nascosta, e la miseria del suo peccato. Da qui la condanna all’Inferno nel terzo girone del settimo cerchio, dove espiano coloro che in vita furono violenti contro natura.

Il mondo contemporaneo sulla tematica dell’omosessualità si divide tra polemiche, aspri giudizi e opinioni contrastanti, finendo il più delle volte per cadere preda del pregiudizio. E Dante Alighieri, invece?

Per quel che ne sappiamo, Dante impone all’eros il limite della temperanza, alla quale sa bene quanto sia difficile attenersi. E non sembrerebbe che il precetto della procreazione lo preoccupi più di tanto, ma la posizione del poeta emerge chiaramente nel canto XV: Dante condanna perfino il suo maestro, uomo di grandi virtù intellettuali, dotto di filosofia, di storia, di politica e perfino di astronomia, perché riprovevole è il vizio della sodomia a cui fu dedito in vita. E non poteva essere diversamente: la giustizia divina è il metro di giudizio a cui bisogna attenersi, perché si sa “vuolsi così colà dove si puote ciò che si vuole, e più non dimandare”(Inf. , III, vv. 95-96).

Dante Alighieri. Dipinto di Sandro Botticelli

Ma se una cosa salta subito all’occhio è la riverenza che Dante mostra nei confronti del maestro, non giustificabile solo in virtù del legame affettivo quasi paternale verso Latini; si tratta piuttosto di un’ammirazione pura verso un uomo che, per quanto peccatore, fu esempio di eccezionali virtù civili ed intellettuali. Ed è lo stesso Virgilio, allegoria della ragione, che incita il poeta a mostrare deferenza nonostante la pena a cui Brunetto Latini è condannato. È probabile che la collocazione del maestro all’ Inferno sia una scelta strategica per rendere evidente il contrasto tra l’alta dignità e il turpe vizio, tra la gratitudine e la giustizia divina, unico ed insindacabile parametro di giudizio. Ecco perché, alla fine, Brunetto si trova tra i peccatori: tutta una nobile vita non può cancellare anche solo un vizio, ma altresì quel vizio non può cancellare un’ intera vita. Infatti, Brunetto è l’esempio più vicino a Dante di fortezza d’animo, dal momento che, come il poeta, conobbe l’esperienza dell’esilio. E non è un caso se proprio a Brunetto Latini Dante affidi il compito di profetizzare l’esilio.

Come hanno notato diversi critici, si ha quasi l’impressione che il tema del peccato vada in secondo piano, appena intravisto e accennato o comunque nascosto per fare spazio alla grandezza della figura di Brunetto Latini. Dante promette che lo difenderà nel mondo dei vivi, insomma non è così meschino da non riconoscere l’altezza d’ingegno del suo mentore, ma al tempo stesso non può tacerne l’ ”ignobile” vizio. Oltre tutto, non è Dante ma Dio a condannare il maestro sotto una pioggia infuocata, almeno nella finzione poetica.

Può la grandezza delle qualità intellettuali e civili di un uomo porre in secondo piano la sua sessualità? La questione dell’omosessualità del Latini è stata discussa decine di volte nell’ultimo secolo e mezzo perché l’idea medievale di Dante (cioè che il sodomita, pur colpevole di un grave peccato, possa egualmente essere una persona degna di ammirazione e, nel caso della Commedia, degna di menzione) rappresentava motivo di indignazione per il ramo più omofobo degli studiosi moderni.

Pur essendo conservatore, Dante risolve la questione con uno straordinario modus operandi ed è per questo che la Commedia risulta ancora oggi di scottante attualità. E noi, invece?

Credits:

Dante Alighieri. Dipinto di Sandro Botticelli.  ©Public domain (intestazione); https://goo.gl/ljDHvC (1)

Fonti:

Dante Alighieri, La Divina Commedia, a cura di Bosco- Reggio, Le Monnier, Firenze 2002, pp. 238-252.
Dante Alighieri, Questioni Temi Ricerche in La Divina Commedia a cura di Pietro Cataldi e Ennio Abate, Le Monnier , Firenze 2002, pp. 75-82.

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