L’abito (non) fa il monaco

Siamo cresciuti sentendoci ripetere fino allo sfinimento la solita super ipocrita frase “l’abito non fa il monaco”, ci hanno infarcito di prescrizioni su quanto sia scorretto e disdicevole etichettare le persone in base ai vestiti che indossano, ci siamo puntualmente sentiti bacchettare ogni volta che ci è sfuggito qualche commento al riguardo e siamo sempre pronti, noi stessi per primi, a fare un commento di rimprovero agli altri quando sono loro a lasciarsi sfuggire qualcosa.

Onestamente parlando, quanti di voi credono che il modo di vestire non sia largamente eloquente sul modo di essere della persona che lo adotta? E soprattutto, è una cosa poi così terribile?

Questa (spesso incredibilmente simulata e ipocrita) sorta di allergia alle etichette presuppone chiaramente che questa catalogazione basata sull’abbinamento tra look e personalità sia sbagliata e negativa, ma dove sta scritto che il giudizio che ne deriva sia per forza negativo o denigrante?

Il fatto che chi abbiamo davanti indossi certi indumenti, certi accessori, non può non condurci a delle deduzioni e, in un certo senso, è proprio per questo che vengono scelti.

Tutti noi selezioniamo: ogni mattina davanti all’armadio quando dobbiamo scegliere cosa indossare, ogni volta che siamo a fare shopping e dobbiamo decidere cosa comprare, ogni volta che facciamo ordine o il cambio di stagione e dobbiamo scegliere cosa buttare e cosa archiviare. Il criterio che si usa in questa selezione è quello di optare per qualcosa che ci rappresenta, che ci faccia apparire per come ci sentiamo, che faccia intendere, più o meno esplicitamente, qualcosa di noi. È allora chiaro che, se veniamo decodificati e decodifichiamo, pur superficialmente, l’abbiamo messo tutti in conto ed è anzi una cosa sperata e voluta.

È il mezzo più immediato per lanciare un messaggio, anche utilizzando il canale di comunicazione non verbale. Dagli esempi più estremi a quelli più semplici e coinvolge tutti. Non si pensi infatti che a curarsi del proprio look siano i soggetti modaioli e sempre in perfetto ordine! L’antropologia culturale ci insegna che il modo in cui ogni uomo si presenta è il risultato di alcuni fattori culturali che lo portano a fare determinate scelte, volutamente conformi o no ai dettami del suo contesto. In questo ordine di idee, anche l’opzione di restare completamente anonimo, non scegliere nessun segno distintivo, implica che il soggetto prenda una posizione e che mandi quindi un messaggio.

D’altra parte, indossare determinati capi di abbigliamento si configura come sinonimo di appartenenza a un determinato gruppo, del quale si condividono idee, valori, opinioni e, più in generale, con la comunicazione della propria identità. Non a caso le nuove mode nascono in questo modo, con stilisti che ne colgono le sfumature e le linee per poi creare le nuove tendenze. L’abito non è più un mero oggetto, ma qualcosa di più, è ciò che comunica chi siamo, o chi vogliamo apparire.

È allora il caso di ammettere che l’abito il monaco lo fa eccome e, soprattutto, che dobbiamo smetterla di vergognarci di ammettere che sia così.


Fonti

Psicolab

Crediti

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