Donne di scienza: Marie Curie

Marie Curie nasce a Varsavia nel 1867, in una modesta famiglia polacca, composta dal padre Władysław Skłodowski, scienziato e educatore, dalla madre Bronisława Boguska – morta quando Marie aveva solo 12 anni – e da cinque figli. Per tutta la sua vita, Marie rimane profondamente legata alla sorella maggiore Bronia, donna forte e materna, sempre pronta a dare sostegno alla sorellina nel corso delle sue imprese. È proprio Bronia, infatti, trasferitasi a Parigi insieme al marito, a ospitare una giovane Marie Curie e a incoraggiarla a proseguire i suoi studi in fisica e matematica presso l’Università della Sorbona.

I primi mesi di Marie a Parigi sono caratterizzati da entusiasmo ed euforia di fronte a tutti gli stimoli culturali e sociali offerti dalla città; ben presto però decide di dedicarsi completamente alla vita da scienziata, fatta di intenso studio nel buio della camera presa in affitto e di costante pratica in laboratorio, guidata dall’istruttore della Scuola di Fisica e Chimica Industriale Pierre Curie. Tra i due si instaura subito una profonda amicizia, basata anche sulla condivisione di interessi scientifici, che in breve si consolida in una tenera storia d’amore, fatta di complicità e sostegno reciproco. Marie si divide tra la vita familiare e quella scientifica, ma capisce che solo in quest’ultima può trovare completa realizzazione: poche ore dopo aver partorito la sua primogenita, Irène, si precipita infatti in università per la discussione della sua tesi.

Nel 1896 Henri Becquerel aveva casualmente scoperto il fenomeno della radioattività, mentre studiava la fluorescenza dei sali di uranio: aveva infatti notato che posizionando un campione di uranio a contatto con una lastra fotografica, questa rimaneva impressionata, anche se il minerale non era stato precedentemente esposto alla luce. Era quindi chiaro che l’uranio dovesse essere in grado di emettere radiazioni autonomamente, senza una eccitazione esterna.

Marie Curie sceglie come tesi di dottorato proprio lo studio di tali raggi e, insieme al marito Pierre, scopre che alcuni elementi chimici – detti appunto radioattivi – sono in grado di emettere spontaneamente radiazioni. Marito e moglie, o meglio, moglie e marito, si dedicano quindi a un’impresa tanto impegnativa quanto pericolosa, ovvero quella di estrarre campioni di sostanze radioattive da tonnellate di pechblenda. Scoprono così che esistono altre sostanze radioattive oltre all’uranio, e una di questa viene denominata polonio, in onore del paese d’origine della scienziata.

È facile immaginare quanto una simile scoperta abbia sconvolto e rivoluzionato il mondo scientifico. Marie riesce però a intravedere non solo le possibili applicazioni industriali del suo lavoro, ma anche quelle mediche: si formano quindi le basi della moderna radioterapia, anche se allora non erano assolutamente chiare le conseguenze nocive di una lunga esposizione alle radiazioni.

La vita di Marie, faticosa ma serena, viene profondamente sconvolta il 19 aprile 1906 dalla morte dell’amato marito, travolto da una carrozza mentre stava tranquillamente attraversando la strada per recarsi all’Accademia. Marie non riesce più a riprendersi dopo la perdita, e la sua dedizione alla scienza si fa abnegazione, quasi ossessione. Durante la Prima Guerra Mondiale trova un modo di applicare le sue ricerche alla cura dei feriti e progetta un apparato in grado di effettuare radiografie sui soldati già sul campo di battaglia, aiutata da tecnici e infermieri appositamente istruiti. È questo un grande contributo che la fisica, con una scoperta ancora fresca, dà alla medicina. Gli anni successivi sono ancora dedicati allo studio del radio, nonostante gli evidenti segni di una malattia debilitante, che la porta alla morte nel 1934.

Niente deve essere temuto, solo compreso”, affermava l’instancabile scienziata che ha fatto della ricerca e della conoscenza la sua principale ragione di vita.


Fonti

Wikipedia

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