Consonno: la città fantasma testimone della follia umana

Zona verde, luminosa, alta che ti permette una visione dell’intera valle spettacolare: tra i laghi briantei e l’Adda, si innalzano diversi monti, e sul versante che scende a est del monte Regina a 634 metri si erge il borgo di Consonno. “Un luogo dove la vita scorre faticosa, come quella del Novecento in tutta la Brianza, con la vita contadina che cede sempre più lo spazio alla tentazione della fabbrica. Una vita faticosa ma serena.” Allora quale è la particolarità di Consonno? La tragica fine di un paesino di 300 persone.

La vera fine di Consonno coincide con l’arrivo del conte Mario Bagno, un imprenditore stravagante, che aveva un preciso progetto per Consonno: quello d trasformarla in una città dei balocchi. E l’unica via per realizzare il suo sogno è di radere al suolo l’antico borgo. Siamo negli anni sessanta, quindi nel periodo del boom economico. La prima pazzia era già quella di costruire, tra i monti tranquilli della zona, una piccola Las Vegas; ma nessun uomo era giunto a una scelleratezza tale da demolire un intero paese: strade, scoppi, demolizioni sono all’ordine del giorno. È il 1962 quando le due famiglie Alingheri e Verga, cui appartiene Consonno, vendono il borgo alla famiglia Bagno per il prezzo di 22.500.000 lire. Ecco qui: l’inizio della fine.

E gli abitanti di Consonno? Si dividono in due: chi appoggia questa follia perché vede una nuova strada per dare una svolta al borgo, e chi invece riconosce in questa trasformazione un grandissimo rischio. Il primo passo folle è quello di costruire una strada percorribile per unire il piccolo luogo di divertimenti con la realtà. “Le ruspe attaccavano le case con ancora all’interno gli abitanti o gli animali delle stalle”. Sono i ricordi dei consonnesi. Ricordi intrisi di paura, di orrore. Non credevano che tutto ciò potesse travolgere la loro casa, su uno sperduto monte. L’ebrezza e la gioia cominciano a lasciare una scia di incredulità e di vuoto. Tutto viene attaccato dalla potenza distruttrice dell’uomo. Il conte fa ergere e demolire quello che vuole, secondo i suoi capricci quotidiani. Il lavoro delle ruspe altera così l’aspetto fisico-ambientale del luogo provocando una frana sulla famosa e tanto agognata strada. A questa frane ne seguirà un’altra qualche anno dopo, provocando ingenti danni.

Ma i progetti di Mario Bagno non si arrestano neanche dopo questo dramma: circuiti, campi da calcio, da pallacanestro, da tennis, da bocce, di minigolf, piste di pattinaggio, luna park, zoo e ristoranti. Non tutti questi progetti estremi sono poi realizzati, ma nel 1968 Consonno è la Las Vegas italiana; consta di un improbabile minareto, gallerie di negozi in stile arabeggiante, cannoni, sale da gioco, sale da balle, sfingi egiziane e il “Grand Hotel Plaza”. Tutto funziona a pieno regime: Consonno attira visitatori e personaggi dello spettacolo di spicco come Pippo Baudo e i Dik Dik, solo per citarne alcuni. Poi succede qualcosa: la ragione prende il sopravvento sulla scelleratezza di quest’imprenditore e il progetto appare per quello che è veramente: una pazzia. E, purtroppo questa pazzia, aveva invaso tutto e tutti: gli abitanti del vecchio ed estinto borgo, ora sono costretti a vivere nelle baracche dei continui ed estenuanti cantieri. Ormai è palese anche ai sostenitori di Bagno, che quello a cui si va incontro è uno sfacelo, un disastro preannunciato, di cui nessuno si scorderà, mai e per sempre. La rovina si fa presente. L’eccentrico imprenditore, quindi, cerca di dare nuovo slancio a quello che una volta era un borgo medioevale, negli anni 80, costruendo una casa di riposo. Ma il progetto fallisce, subito.

Nel 1995 Mario Bagno muore e lascia una città completamente rovinata, distrutta dai capricci di un uomo, che non ha mai visto il suo sogno come lo era in realtà: una grandissima pazzia. Oggi Consonno è in vendita a 12 milioni di euro: i nipoti non riescono, e non vogliono, farsi carico di questa onerosa proprietà. L’antico borgo medioevale è aperto al pubblico, grazie a un bar che fa conoscere la triste e toccante realtà di un paese, prima raso al suolo e poi trasformato e ritrasformato, che oggi non esiste più. Consonno non è altro che una città fantasma: una serie di rovine, lasciate al degrado più pesante che possa esistere. Nulla è in sicurezza: la casa di riposo è rischio crollo, i negozi presentano buchi nei pavimenti, la pista da ballo è un ammasso di cocci e pareti. Ma nonostante ciò questa realtà continua a richiamare persone e persone.
Follia o curiosità?


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