“Mi rifiuto!”, l’obiezione di coscienza ieri e oggi

L’obiezione di coscienza è un argomento scivoloso e poco “conveniente” da trattare. Questo non comporta che non debba essere trattato, ma piuttosto che sia necessaria una buona dose di cautela. Un articolo di giornale non è tale se non è informativo ed è per questo che un giornalista non può essere reputato tale se non informa.

Cos’è e come nasce “l’obiezione di coscienza”?

Chi fa obiezione di coscienza si rifiuta di ottemperare ad un suo dovere per ragioni religiose, etiche e morali. Prima la coscienza e poi il dovere.

In Occidente è il Cristianesimo a farsi carico di questa problematica sin dai tempi della propria nascita. I primi cristiani infatti si rifiutavano di bruciare incenso agli idoli e all’Imperatore Romano, il quale imponeva di essere chiamato dominus et deus. Inoltre, con il divieto di militare et bellare, fino al III sec d.C. ai battezzati non era concesso di diventare soldati e i militari convertiti potevano rimanere nell’esercito purché non uccidessero e non idolatrassero nessuno.

Il primo importante obiettore di coscienza di cui si ha memoria fu San Massimiliano di Tebessa, divenuto martire, santo e patrono, a causa del suo rifiuto all’arruolamento forzato poiché cristiano. Una legge romana del II sec d.C., infatti, obbligava alla leva tutti i figli dei graduati. Dagli atti del processo si può estrapolare una frase del padre, cui venne richiesto di consigliare il proprio figlio per evitare la morte:

Lui sa da sé, con la propria coscienza, che cosa deve fare”.

A fine processo Massimiliano venne giustiziato.

La Legge italiana in merito

In Italia viene riconosciuta l’obiezione di coscienza nel 1972 con la Legge Marcora. Prima di allora essa veniva trattata allo stesso modo della renitenza alla leva o della diserzione. Il primo obiettore italiano documentato fu il Testimone di Geova Remigio Cuminetti, che finì sotto processo nel bel mezzo della Prima Guerra Mondiale, poiché si rifiutava di prestare servizio nell’esercito. Nel 1940 altri 26 Testimoni di Geova vennero condannati per lo stesso motivo. Grazie alla Legge Marcora si poté scegliere di prestare il servizio civile sostitutivo obbligatorio, di durata maggiore di 8 mesi rispetto a quello militare. Durata dichiarata incostituzionale nel 1989.

L’obiezione di coscienza nel giornalismo…

I campi principali in cui si esercita l’obiezione di coscienza sono sicuramente quello militare, medico e anche quello giornalistico (tutelata dall’Ordine dei Giornalisti).

Se i giornalisti non facessero obiezione di coscienza l’informazione non sarebbe libera, ma un’informazione non libera non è degna di definirsi tale. Inoltre la Costituzione Italiana garantisce la libertà di stampa con l’articolo 21. Il contratto collettivo prevede la cosiddetta “clausola di coscienza”, che consente al giornalista di presentare le proprie dimissioni, in caso di mutamento dell’indirizzo politico del giornale, senza perdere benefici economici e indennità fissa.

… e in medicina

In medicina, invece, l’obiezione di coscienza sembra rappresentare l’unico modo per fare carriera. La maggior parte dei medici rientra nella categoria degli obiettori, ma questo comporta anche, per esempio, che ritornino gli aborti “fai da te”, sicché è alquanto complicato trovare dei medici disposti a compiere tale operazione.

Il problema a questo punto è che la Costituzione garantisce la libertà di una persona, libertà anche di effettuare un aborto, ma garantisce anche di obiettare. La legge 194 del 22 Marzo 1978 garantisce, appunto, al personale medico e paramedico il diritto di invocare l’obiezione di coscienza in caso di aborto, salvo quando l’intervento sia necessario per salvare la vita della donna. Il Servizio Sanitario Nazionale è altresì tenuto ad assicurare che l’interruzione volontaria della gravidanza si possa svolgere nelle strutture apposite, quindi anche trasferendo personale qualora esso sia costituito interamente da obiettori. Tuttavia rimane sempre il problema citato ad inizio paragrafo.

Nel Marzo 2014 l’Europa ha richiamato l’Italia e, in particolar modo la regione Marche (dove in tre ospedali tutti i medici sono obiettori), poiché il nostro Paese violerebbe i diritti delle donne e impedirebbe la corretta applicazione della legge 194/78. L’elevato numero di medici obiettori viola infatti il diritto alla salute delle donne che intendono interrompere la gravidanza, previsto dall’articolo 11 della Carta sociale europea.

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