Manicomio

Tesori abbandonati: il Manicomio di Mombello

Antoine Lavoisier diceva “In natura nulla si crea, nulla si distrugge”. Ma cambiamo soggetto, per un momento. In natura l’uomo cosa fa? Crea e distrugge. E’ il caso dei tesori abbandonati: colonie, manicomi, ville, chiese costruite e poi lasciate andare per negligenza, per poco rispetto, per svogliatezza. L’Italia è la capolista per questo tipo di abbandono: costruisce pezzi importanti per la vita delle città e poi.. se ne dimentica.

Manicomio di Mombrello

L’Ospedale Psichiatrico di Giuseppe Antonini, più noto come Manicomio di Mombello, a Limbiate, in provincia di Monza Brianza, è uno dei tanti esempi di strutture in stato di degrado e lasciate alla deriva dall’azione dell’uomo, anche se durante il 1900 è l’ospedale psichiatrico più grande d’Italia. Il nome Mombello deriva dal soprannome datogli nel XIX secolo : Montebello.

Dove si trova?

Si trova nel complesso di Villa Pusterla-Crivelli, costruita nel XIV secolo dalla famiglia nobile Pusterla, per poi passare nelle mani degli Arconati e infine dei Crivelli nel 1718. Nel 1754 Gaetano Crivelli trasformò un edificio senza alcun fine, in una lussuosa villa che ospitò inizialmente Ferdinando IV di Borbona, il re delle Due Sicilie, e in seguito Napoleone Bonaparte che la rese il quartiere generale. Dopo la campagna l’Italia è abbandonata e comprata dal Comune di Milano che nel 1863 la riorganizzò in ospedale psichiatrico.

Questa clinica, adibita all’alloggio di sole 900 persone, riscosse subito una grande ammirazione, tanto che a fine secolo il numero dei pazienti era di gran lunga superiore al limite fissato e soprattutto alle forze umane che lavorano stabilmente, soli sei medici. É necessario, quindi, un ampliamento dello stabile: questo porta un miglioramento nelle cure sanitarie, infatti i pazienti sono divisi secondo la tipologia della malattia. Il numero, tuttavia, non si arrestò, anzi crebbe smisuratamente, tanto da toccare i 3500 durante la Prima Guerra Mondiale.

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La storia del manicomio

Il resto è storia: con l’entrata in vigore nel 1978 della legge Besaglia, che stabiliva un superamento dell’uso poco moderno dei manicomi, istituendo i servizi di igiene mentale pubblici, venne chiuso e definitivamente smantellato nel 1999. Da allora il complesso è in uno stato di graduale abbandono, tranne la villa Crivelli, che ospita un Istituto per periti aziendali.

Oggi è casa di vandali, tossici e numerosi fotografi. Proprio questi ultimi, anche involontariamente, si sono fatti portavoce di quella bellezza che un tempo doveva caratterizzare questo Ospedale psichiatrico. Oggi dalle loro foto compaiono solo letti sperduti e rotti, materassi a terra, che testimoniano un loro uso recente, scartoffie, archivi con i quali ricostruire una storia e riscoprire vite sotterrate, tetti semi crollati, asticelle delle flebo, e numerose attrezzature che dipingono questo luogo come suggestivo.

L’abbandono urbanistico non permette di ricostruire una parte di storia che ha caratterizzato il secolo scorso: la parte di storia in cui le mura dei manicomi erano divenute silenziosi spartiacque tra il mondo civile e un altro, pieno di dolore, sofferenza, abbandono e tristezza. Tutto questo è poco conosciuto, come poco conosciuto è l’appellativo che era dato all’ospedale Antonini: Colosso dei manicomi italiani.

 

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