A Ttip for Europe

 

Di Elisa Navarra

Libero scambio e libero commercio. Riduzione dei dazi doganali per le aziende, ma non solo. L’obiettivo del Transatlantic Trade and Investment Partnership (c.d. TTIP) è una vera e propria uniformazione del commercio e idella produzione mondiale. I prodotti interni lordi dei due protagonisti dell’accordo, Unione Europea e Stati Uniti, costituiscono infatti il 45% del PIL globale (dati FMI, 2013); e i cittadini coinvolti sarebbero ben 820 milioni.

Ma di cosa tratta tale accordo? E perché se ne parla…così poco?

Il Ttip è un trattato di libero scambio che l’Unione Europea è chiamata a concludere con gli Stati Uniti. Le trattative, tuttavia, sono state finora condotte a porte chiuse, all’interno di due organi sprovvisti di legittimazione popolare: il Consiglio per la Cooperazione Regolativa e l’Investor-State Dispute Settlement (ISDS). Il silenzio della stampa, quasi assordante.

Le perplessità dell’Europa non sono poche. Lo scorso lunedì il premier francese Valls si è così espresso circa l’impossibilità di un accordo sul Ttip. Parole ferme, le sue: “Non fa gli interessi dell’Ue.

Ma quali sono, ora come ora, gli interessi dell’Unione? All’indomani della scombussolante Brexit, l’Europa ha bisogno di stabilità, certezze. Ed un eventuale Ttip, con la rivisitazione delle normative per ridurre al minimo le differenze legislative e amministrative dei due blocchi, non passerà certo inosservato.

A turbare in particolar modo gli animi è la Risoluzione delle controversie tra investitore e stato(c.d. Isds). Un esempio. Avrete senz’altro presente le immagini “anti-fumo” di forte impatto emotivo che, per i paesi sottoscrittori dell’accordo del 2003 dell’Oms (Organismo mondiale della sanità), devono trovarsi su almeno il 50% dei pacchetti di sigarette. L’Uruguay è stato fin troppo diligente, imponendo ai propri produttori una percentuale minima dell’80%. Considerevole la reazione della Philip Morris. La “Number One” del tabacco non è infatti rimasta a guardare: ha fatto causa ad Uruguay e Australia.

Ma possono le aziende fare causa ai governi? Con il Ttip sì, portandoli direttamente di fronte ad un collegio arbitrale, in modo (a detta dei nemici del Ttip) da “dare alle multinazionali la possibilità di ostacolare qualsiasi legge contro i loro interessi”.

Similmente nei campi alimentare, sanitario, farmaceutico, nei quali, si sa, tra le normative europee ed americane vive un oceano. Il trattato toccherà dunque il 40% degli affari mondiali, tra cui agricoltura, sicurezza e clima, temi affrontati nella campagna per il “NO” di Greenpeace.

Il Consiglio Europeo ne discute oggi, 29 Giugno 2016. Sul tavolo le molte questioni che hanno condotto a proteste, petizioni, manifestazioni. In caso di approvazione, comunque, la questione dovrebbe ancora passare sotto lo sguardo attento del Consiglio dell’UE ed infine del Parlamento europeo. Quale sarà l’esito probabilmente non lo sapremo a breve, dato che il progetto è sulle scrivanie delle due potenze ben dal 2013. Sicuro è però che si tratta di un accordo d’importanza mondiale, per alcuni ai limiti della legalità e dell’accettabilità. O forse, sono proprio questi due concetti a voler essere rivisitati…

Un maggiore approfondimento sul tema in questione all’articolo “Il Ttip e il mito del libero mercato”, di Andrea Ancarani


Fonti:

www.stop-ttip-italia.net

www.greenpeace.org

www.ilsole24ore.com

www.lastampa.it

Credits: copertina

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