Lavarsi (e non lavarsene) le mani nella Bibbia e non solo

Lavati bene le mani!” è una frase usata tante volte dai genitori e insegnanti nell’atto di educare i loro figli e i loro alunni. Eliminare, almeno in parte, la sporcizia dalle parti del corpo con cui più frequentemente entriamo in contatto con l’ambiente che ci circonda è un’abitudine ben radicata sin dall’antichità, tanto da non essere imposta solo da senso comune e più o meno rispettata routine, ma anche esplicitata nei libri sacri e nelle usanze delle maggiori religioni.

Lavo le mie mani nell’innocenza, e così faccio il giro del tuo altare, o Signore”  (Bibbia, Salmi, 26.6)

L’atto di lavarsi appare assumere anche un significato simbolico di purificazione, tanto da non rendersi necessario solo prima e dopo essere entrati in contatto con della sporcizia o essersi portati qualcosa alla bocca, ma anche ogni volta che ci si rivolge al Divino con un’offerta o una preghiera.

La religione ebraica, ad esempio, chiama questa pratica “Netilat Yadaim“, e prevede la sua attuazione in particolare ogni mattina appena svegli, accompagnata da una preghiera traducibile con:

“Benedetto sii Tu, o Signore, Dio nostro, Re del Mondo, che ci hai santificati con i Tuoi precetti e ci hai comandato il lavaggio delle mani”

Numerose altre situazioni richiedono lavaggi meno rituali e più a scopo igienico, come quelle che seguono o precedono un rapporto sessuale, il contatto con un malato, un bisogno corporale… Anche in questi casi in alcuni libri sacri si è reso doveroso esplicitarne la necessità:

“O voi che credete! Quando vi levate per la preghiera, lavatevi il volto, le mani [e gli avambracci] fino ai gomiti, passate le mani bagnate sulla testa e lavate i piedi fino alle caviglie. Se siete in stato di impurità, purificatevi (Corano, Sura 5, Versetto 6)

In questo modo le maggiori religioni si sono rese fortunatamente mezzo di prevenzione della diffusione di molte malattie, imponendo come doveri, se non altro anche nei confronti delle divinità, usanze igieniche prima ancora che simboliche.

Difficile però, oggi che molte soluzioni usate per la disinfezione delle mani o dei presìdi in campo medico sono a base di alcool, non rischiare di andare in contraddizione con la proibizione di assumere questa sostanza esplicitata in alcuni culti, come l’Islam, che propone terra pulita in mancanza di acqua. “Se siete malati o in viaggio o uscendo da una latrina o dopo aver accostato le donne non trovate acqua, fate la lustrazione con terra pulita, passandola sul volto e sugli avambracci.”

Nel buddismo, ad esempio, si richiede di lavarsi le mani dopo ogni pasto, ma l’utilizzo di soluzioni alcoliche, fatte apposta per uccidere batteri, è scarsamente accettato, poiché si tratterebbe di porre fine all’esistenza di esseri viventi. Tuttavia l’igiene personale non è certo scoraggiata: pare che Buddha stesso fosse rimasto deluso dalla scoperta che alcuni suoi seguaci avessero deciso di trascurare la propria pulizia, pensando che la ricerca dell’Illuminazione dovesse coinvolgerli dal punto di vista solo spirituale, trascurando completamente il proprio corpo. Dal punto di vista simbolico, particolarmente interessante è l’uso buddista che prevede, in occasione del capodanno, un lavaggio delle mani dei più anziani da parte delle giovani generazioni, come augurio di lunga vita.

credits:

pixabay.com (immagine 1)

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.