Chi è morto alzi la mano: l’atipico giallo di Fred Vargas

Fare la recensione di un libro è sempre qualcosa di difficile – e anche noioso, a volte – ma questa difficoltà, quando si è di fronte a un buon libro, sparisce; anzi, si può essere davanti a un’impresa, in qualche modo, divertente. Perché non sarebbe desiderabile fare una recensione classica e pedante che scivoli – o meglio, sprofondi – nella noia: si sa, di letture “pesanti” ne abbiamo già per i nostri studi. Il libro di cui si vuole parlare oggi è Chi è morto alzi la mano di Fred Vargas, pseudonimo di Frédérique Audouin-Rouzeau.

Il romanzo è un giallo e viene scritto nel 1995, anno in cui vince premi prestigiosi come il Prix Michel-Lebrun de la Ville du Mans. Vale la pena spendere qualche parola sull’autrice, nata a Parigi nel 1957, che deve il successo dei suoi romanzi anche a quel gusto e a quell’accuratezza per i dettagli che le viene dalla passione medievalista e dalla professione di zoo-archeologa. La critica la definisce come “l’anti-Patricia Cornwell” e, in varie interviste, ha dichiarato il suo disprezzo per gialli ultraviolenti che raccontano crimini complicatissimi. La nostra Fred, infatti, ribadisce spesso: “Un delitto è sempre semplice“.

Semplicità. Questa parola risuona spesso nel lettore intento nella lettura dell’opera. Semplicità che, come non spesso accade, non sfocia nella banalità più totale, anzi: siamo davanti a una scomparsa, un omicidio e un macabro nascondiglio. Il romanzo inizia con la presa di coscienza di una famosa cantante lirica la quale, con grande sorpresa, vede nel suo giardino un faggio: uno scherzo, lo strano regalo di un ammiratore oppure un sinistro presagio?

Non si svelerà qui la trama, perché un giallo non va raccontato e perché ci si auspica di invogliarvi alla lettura di questo romanzo. Il successo del libro sono sicuramente i personaggi: tre storici e uno “sbirro” in disarmo, lo zio di uno dei protagonisti, che potremmo definire squattrinati o, come ribadiscono loro stessi nel romanzo, “nella merda più totale“. Non hanno capacità grandissime, sono uomini semplici, logorati dalla vita, ma che, sicuramente, hanno una grande capacità di mettere il naso nei fatti degli altri: questa capacità porterà alla risoluzione del mistero. La godibilità del libro è sicuramente nei dialoghi tra i tre storici e lo zio, che sono di una freschezza e una spontaneità davvero piacevole e resi generalmente bene in italiano.

Una cosa è certa: Vargas è brava. Nonostante qualche piccola difficoltà nell’introspezione riflessiva dei protagonisti, il risultato finale della lettura è alquanto piacevole. Sa scrivere, coinvolge nella lettura, e potremmo definire atipico il suo romanzo. Scordatevi i gialli a cui, purtroppo, siamo abituati negli ultimi anni. Fred Vargas non sporca pagine di sangue, niente sesso, droga, inseguimenti o macabri rituali assassini. Ma amanti del giallo, non temete, il morto c’è comunque: il tutto però è avvolto da un grande mistero – che pare irrisolvibile – e  da tanta voglia di leggere.

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