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Internet of Things: quando il mezzo vince sul fine

Internet of Things

L’ “Internet of Things” ha la potenzialità di cambiare il nostro modo di vivere in modo radicale, aiutandoci a renderlo più semplice, come abilmente rappresentato nel video a cui vi rimando.

Siamo testimoni di un’autentica rivoluzione digitale, ma l’attenzione quasi maniacale al mezzo potrebbe farci perdere il contatto con il fine per cui quel mezzo è stato pensato.

Ecco quali domande porsi.

Cosa?

Parliamo di tutte le tecnologie che consentono l’interconnessione non solo tra persone e macchine – cosa a cui siamo di questi tempi piuttosto avvezzi – ma tra singoli oggetti, anche se non caratterizzati da una pura vocazione digitale, grazie al collegamento alla rete. Infatti è sufficiente che l’oggetto possa essere comandato a distanza ed agisca da sensore, in grado cioè di restituire all’utente un qualche tipo di informazione, su di sé o sull’ambiente circostante.

Come?

Tutto si basa su tecnologie tipicamente a corto raggio integrate in architetture protocollari IP, che permettono il dialogo attraverso i nodi della rete internet e la creazione di servizi in molteplici domini applicativi.

Dove?

Le applicazioni sono le più svariate: dalla domotica alla robotica, all’industria automobilistica, biomedicale, alle smart grid e smart city. Si tratta, ad esempio, di automobili che si relazionano autonomamente tra loro per evitare incidenti e collisioni. Semafori e centraline del traffico programmati per dribblare le code e impedire la formazione di  ingorghi ed incidenti. Lampioni che oltre a rivelare il proprio corretto funzionamento, analizzano il livello di polveri sottili nell’aria. O ancora pacemaker che inviando o ricevendo un segnale possono salvare una vita altrimenti a rischio.

Quando?

Ora. Ad oggi, secondo Gartner, gli oggetti connessi sono circa 5 miliardi e diventeranno 25 entro il 2020. Il 30% di noi, senza esserne pienamente consapevole, possiede già un dispositivo che rientra nella categoria “Internet of Things” (si pensi a termostati, orologi o braccialetti connessi alla rete).

Perché?

Forse è proprio questo che dovremmo chiederci. Sarà piacevole avere lampadari personalizzabili tramite smartphone, in grado di imparare le nostre abitudini domestiche regolandosi nell’intensità, nel colore e nella direzione, per creare l’atmosfera giusta in ogni occasione, capaci di spegnersi quando lasciamo la stanza e, al rientro, di impostare un’illuminazione personalizzata sulla base dell’utilizzo pregresso.

Le mamme potranno beneficiare di sveglie antiurto, con speaker bluetooth, walkie-talkie e luce notturna di colori diversi, pensate per monitorare il sonno dei loro bambini. O ancora godremo di valige intelligenti con chiusure digitali comodamente controllabili a distanza, capaci di fornire informazioni circa la loro esatta localizzazione e il peso.

Cosa prevede il futuro?

In un futuro molto prossimo il ferro da stiro comunicherà con l’aspirapolvere accordandosi col contatore per vedere chi può accendersi per primo e il forno e la lavastoviglie programmeranno temperature e orari di spegnimento per dare un taglio alla bolletta.

Avremo prese intelligenti che interagendo con computer, tablet e smartphone ci consentiranno di conoscere meglio le nostre abitudini di consumo e regolarci di conseguenza.

Tuttavia – probabilmente – per accendere, spegnere e regolare la luce basterà alzarsi come abbiamo sempre fatto. I bambini, se vorranno fare i capricci privandoci del beneficio del sonno, lo faranno egualmente e il walkie-talkie sarà superfluo, perché una mamma percepisce il pianto della sua creatura quando ancora è soffocato in gola.

Se la nostra valigia per l’incuria dei facchini finisse sull’aereo sbagliato, rimarremmo senza vestiti pur sapendo in tempo reale dove si trova. E se tornando da una vacanza avessimo cumulato troppi regali per noi stessi e per gli altri, superando i chili consentiti, dovremmo comunque pagare la differenza o risolvere in altro modo la questione. Così come nelle faccende domestiche probabilmente basterà prestare normale e diligente attenzione per non incorrere in sprechi ed evitare di far saltare la luce.

Senza contare le potenziali conseguenze in termini di sicurezza e privacy. Se un oggetto produce dati e può essere comandato a distanza, potrebbe rispettivamente anche essere manipolato ed attaccato dagli hacker o intercettato.

Riconoscere i limiti della tecnologia

Senza alcun dubbio se pensiamo alla connessione tra device medicali e rete, alle smart city o alle applicazioni ai settori industriali, la portata rivoluzionaria dell’ “Internet of Things” è insindacabile. Bisognerebbe pertanto prestare attenzione non tanto al mezzo (Cosa?) o alla sua contestualizzazione (Dove? Come? Quando?), quanto piuttosto alla finalità dell’utilizzo (Perché?) – “al fine rispetto al mezzo” – per citare Machiavelli.

In un mondo sempre più interconnesso potremmo essere indotti a preferire la comunicazione virtuale a quella vis-à-vis, l’automatismo digitale alla variabilità umana, la perfezione all’imperfezione, il controllo alla casualità, la ragione al sentimento, il robot all’uomo. Basterebbe insomma che la tecnologia in tutte le sue forme non oltrepassasse il limite per il quale è stata disegnata, tentando di spiegare cose che esulano dal suo ambito d’applicazione, allora potremo apprezzarne la portata innovativa salvaguardando la nostra natura.

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