The Pleasure Garden: storia tragicomica di un film

The Pleasure Garden (1925) è uno di quei film per cui la storia delle riprese è di gran lunga più romanzesca ed entusiasmante di quella impressa sulla pellicola. Le peripezie cui è andato incontro il regista meritano di essere raccontante, non solo perché di per sé sono piuttosto spassose, ma anche perché, forse, nascondono un insegnamento.

Le rocambolesche vicende di un giovane regista esordiente

Tutto inizia con un giovane regista esordiente, che chiamiamo “A.” (ora non è importante il nome, è un esordiente qualunque) a cui viene affidata la regia di un film, una produzione anglo-tedesca per un melodramma.

Alla stazione di Monaco, a prendere il treno con lui si presenta una risicata troupe di quattro membri tra attori e operatori.

Manca poco alla partenza quando, Miles Mander, l’attore principale, sussulta: ha dimenticato in taxi il set per il trucco, si allontana di corsa e A. fa appena in tempo a dirgli di raggiungerli col treno successivo.

Ormai il treno si sta mettendo in moto quando un tafferuglio alla biglietteria attira gli sguardi dei viaggiatori dai finestrini: è Mander inseguito dagli impiegati delle ferrovie che, con la valigetta del trucco che scavalca le recinzioni, riesce ad aggrapparsi all’ultima carrozza già in movimento.

Le riprese non sono ancora iniziate, ma il livello del dramma è già alto.

Il regista tiene anche la contabilità del set, ruolo che tra l’altro lo impegnerà molto di più di quello di direttore delle riprese.

I soldi sono pochi e bisogna tenerseli stretti; alla frontiera, ad esempio, sarebbe piuttosto oneroso pagare le tasse per le macchine da presa e le pellicole, meglio farle passare di contrabbando.

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Quando i doganieri ispezionano le cuccette, la suspense è palpabile, A. suda freddo, qualcuno non ha nascosto la pellicola abbastanza bene e viene sequestrata. Almeno la macchina da presa è salva.

Finalmente arrivano a Genova, anche se alleggeriti di tremila metri di pellicola. Giusto il tempo di comprarne un’altra e il regista scopre di essere stato nottetempo derubato del restante budget. A. ,disperato, è costretto a farsi prestare i soldi dagli attori e dalla troupe.

Si riparte allora alla volta di San Remo, dove si girerà la scena di un tentativo di salvataggio dall’annegamento.

L’attrice che recita l’annegata comunica però di non poter recitare la scena. A. insiste, ma gli operatori gli comunicano che la ragazza è nel periodo delle mestruazioni e quindi non può immergersi in acqua.

Il regista, incredulo, dice di non aver mai sentito niente del genere. Gli operatori allora sono costretti a spiegargli (all’età di ventisei anni) cosa sia il ciclo mestruale.
A. ascolta stupefatto, ma presto lo stupore si trasforma in rabbia. Adesso non c’è più tempo e si dovrebbe girare la scena con un’altra attrice. Solo che quest’ultima è molto più pesante della precedente, tanto che l’attore non riesce a tenerla in braccio.
La scena viene rigirata varie volte sotto gli occhi di centinaia di curiosi che ridono a crepapelle.
Quando, finalmente, l’attore riesce a fare una decorosa uscita dall’acqua senza far cadere la nuova attrice, una vecchina a passeggio sul bagnasciuga entra nell’inquadratura guardando ben fisso l’obiettivo.

I guai e le peripezie non finirono certo qui, ma quanto detto finora è già abbastanza per dare l’idea del particolare clima che avvolgeva le riprese.

L’esordio alla regia di Alfred Hitchcock

Non ci si aspetterebbe da un regista così tapino, raffazzonato, più preoccupato del budget che delle inquadrature, una chissà quale carriera cinematografica.

Ebbene quel regista era nientepopodimeno che Alfred Hitchcock.

The Pleasure Garden è stato infatti l’esordio alla regia del maestro del brivido, annoverato oggi tra più grandi cineasti di sempre.

La storia di queste disastrose riprese (o almeno è così che ha voluto descriverle Hitchcock nel famoso libro-intervista di François Truffaut) ci può insegnare qualcosa. Insegna infatti che grandi non si nasce, ma si diventa. A chi dispera di riuscire a lasciare il segno con la propria opera, è utile ricordare quanto fosse disperato il giovane Hitchcock durante la riprese di The Pleasure Garden.

FONTI

Treccani

F. Truffaut, Il cinema secondo Hitchcock

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