Chuck Palahniuk, scrittore visionario

di Pietro

La prima regola del Fight Club è non parlare del Fight Club. Ma per oggi facciamo un’eccezione.

Fight Club, film del 1999 diretto da David Fincher (regista di Seven), non ha ricevuto particolare successo quando uscì, ma fortunatamente è diventato un must nella cultura underground, di nicchia, ed è arrivato fino a noi. Il film ci parla di un protagonista frustrato dalla vita che conduce, in preda all’ansia e all’insonnia. Il film ci mostra come la sua amicizia con Tyler Durden (Brad Pitt), un brillante uomo che fabbrica sapone, cambi la sua vita radicalmente, in particolare grazie al Fight Club, un circolo segreto fondato dai due in cui le persone possono sfogarsi picchiandosi a vicenda, ma con delle regole ben precise. Ma il film non è solo questo, infatti, rivolge una pesante critica nei confronti della società consumistica del mondo occidentale, e mostra la vita fatta di bugie e fallimenti del protagonista, che ha come unico sfogo proprio il Fight Club.

 

Come nella maggior parte dei casi, un buon film ha alla base un buon libro. In particolare Fight Club è tratto dall’omonimo romanzo di Chuck Palahniuk, libro del 1996. Grazie a questo film di enorme successo, l’autore ha acquisito notevole notorietà, e ha pubblicato dopo questo una serie di libri che hanno mostrato il suo spietato e sconvolgente modo di vedere le cose. I suoi libri, Fight Club compreso, hanno sempre alla base un protagonista che fa fatica a relazionarsi con gli altri, che non riesce ad accettare determinate cose della vita, e Palahniuk ci racconta in maniera cruda e decisamente provocatoria la realtà che affligge i protagonisti, che metaforicamente è la nostra realtà, quella in cui viviamo, sbattendocela in faccia senza anestetizzanti nè mezzi termini, il tutto in una ambientazione cupa e delirante. Dobbiamo comunque sottolineare che l’autore non fa mai annoiare il lettore, deliziandolo con elementi di satira nera e una serie infinita di aforismi che lo stupiscano e lo facciano riflettere.

Il suo modo di scrivere e i temi trattati fanno sì che non sia una lettura facile, né tanto meno rilassante. Egli infatti esplora temi quali la dipendenza da psicofarmaci, l’omosessualità, il cambio di sesso, i viaggi nel tempo e altre tematiche come nessuno aveva fatto prima di lui.

 “…è peggio di un polpo. Ti afferra con i suoi tentacoli e ti trascina in un buco pauroso. Lasciatelo stare se avete lo stomaco debole” [Niccolò Ammaniti su Chuck Palahniuk]

Gli antieroi che popolano i suoi romanzi riescono però in qualche modo a mostrare certi aspetti della realtà sotto una nuova luce, evidenziando analogie tra la vita del lettore e quella del protagonista, che non può che suscitare compassione nel lettore, fino a quando questi viene sconvolto dal colpo di scena che solitamente troviamo verso la fine di ogni suo romanzo.

Non dobbiamo però escludere le critiche, egli viene infatti spesso accusato di cadere nel banale e di presentare trame troppo surreali per poter essere interessanti e verosimili.
Ma forse l’intento di Palahniuk è proprio quello – iniziato con Fight Club – di mostrarci la realtà nel modo più oggettivo possibile, come pochi hanno avuto il coraggio di fare, in preda al cinismo e alla critica di se stessi, dando poca importanza alla trama, ma sottolineando le compulsive ossessioni e dipendenze dei protagonisti; narrando esistenze ambigue, piene di sofferenza, ma riflettendo forse, con svariati anni di anticipo, quello che sembra essere lo scenario attuale della monotona, cinica e consumistica realtà in cui viviamo.

credits

 

 

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