Giovani

Il futuro per i giovani non ha Comune? – Intervista ad Alessandro Capelli II

di Victor Attilio Campagna

Qui la prima parte

E il Piano Giovani?

Nella conferenza stampa del primo febbraio 2014 abbiamo presentato col sindaco il Piano Giovani, un elenco degli interventi effettuati sul tema dei giovani, per tirare le somme.
Il capitolo più importante riguarda la costruzione di spazi pubblici. Ciò significa che la creatività giovanile, la produzione culturale, l’innovazione e le nuove economie costruiscono una sinergia fortissima col tema dell’aggregazione giovanile, con la costruzione di reti, il che è fondamentale, perché non si possono mettere in atto politiche giovanili senza prendere in considerazione quest’ultimo punto. Così abbiamo affidato degli spazi a varie associazioni giovanili.

Qualche esempio di queste associazioni?

Durante la nostra amministrazione è nato YATTA!, in seguito a un bando che il comune ha rivolto ai creative makers, affidando 400 mq in viale Pasubio a un laboratorio digitale aperto alla città. Wired, parlando di YATTA!, ha definito Milano il paradiso dei makers. Noi abbiamo creato un’eccellenza nel campo del digitale, ponendo però una condizione: lo spazio deve essere aperto alla città, organizzando momenti pubblici. E questo vale per tutti gli spazi che assegniamo, perché non devono assolutamente essere privatizzati, ma devono rimanere uno spazio pubblico, così da mettere in campo politiche diffusive anche nell’assegnazione degli spazi.

Altro spazio è la Fabbrica del Vapore, che è per me una delle grosse scommesse e che ho pensato con Del Corno. Ad oggi è stata una grossa incompiuta, con un’entità debole. Tant’è che è diventato uno spazio posteggio. Abbiamo cercato di rovesciare questo schema creando uno spazio per la creatività e l’aggregazione giovanile, a partire dal suo cortile.

Dal Febbraio 2016, quando scadranno i bandi assegnati 15 anni fa, potremo intervenire su questo spazio creando nel cortile e nella cattedrale un naturale spazio di aggregazione, ma non in un contesto neutro. Infatti gli stessi giovani in questo spazio già adesso creano e costruiscono alla Fabbrica del Vapore. La scommessa è stata vinta in parte. Basti a pensare a (r)estate in Fabbrica, che per due mesi ha visto la realizzazione di uno spazio spiaggia, uno per i concerti, un altro per vedere le partite del Mondiale.

La Fabbrica del Vapore ha rappresentato un punto di riferimento per la città in quei due mesi. Tutto questo ha messo a valore la relazione coi laboratori che lavorano lì. La sfida ora è renderlo sempre più polo europeo, nonché polo mediterraneo, rendendolo capace di diventare centro ricreativo e culturale. Inizieremo EXPO dalla Fabbrica del Vapore col Salone del Mobile, con una programmazione intensissima lungo i 7 mesi dell’EXPO, che si concluderà con la Biennale degli artisti dell’Europa del Mediterraneo, che abbiamo chiesto di ospitare proprio alla Fabbrica del Vapore, dove giovani artisti, non solo dell’Europa Carolingia, ma anche Mediterranea (ci saranno artisti anche del Nord Africa) parteciperanno alla manifestazione in uno spazio pubblico, aperto a tutti.

Più in breve, a fianco di questo progetto, c’è lo spazio Ex Ansaldo, elaborato anch’esso insieme a Del Corno e Tajani. In esso abbiamo le OCA, un progetto di Industria Pubblica Culturale. Infine c’è viale Toscana 31, un ex concessionario di auto. Questo spazio di 1000 mq sarà dedicato a momenti di aggregazione ed elaborazione culturale.

Questi spazi sono i veri laboratori per l’innovazione, nonché per la cultura giovanile e non solo, perché si rivolgono a tutta la cittadinanza con le loro iniziative.

E La Dogana?

La Dogana è una sfida che l’Amministrazione ha deciso di raccogliere: trasformare un ufficio del comune, l’Informagiovani, in uno spazio pubblico autogestito da studenti, come aula studio, luogo di co-working e così via. È una sperimentazione unica in Italia, che ha risposto al tema del cos’è il pubblico: la sera non è più un servizio l’Informagiovani, ma diventa uno spazio aperto alla città, sia come accoglienza, sia come spazio di proposta. Si vuole innovare la Pubblica Amministrazione tramite l’iniziativa giovanile. Su queste basi si anima il tavolo spazi, per innovare i bandi e trovare metodi più trasparenti, un tavolo aperto alla città.

Altro capitolo sono gli studenti e i giovani lavoratori, che hanno problematiche che vanno dalla casa, fino all’accessibilità alla cultura…

A questo proposito, entro fine amministrazione metteremo in campo la Student Card, per rispondere al tema dell’accessibilità alla cultura. Già il Comune ha avviato il progetto Una poltrona per te, elaborato col Settore Cultura: 14 mila biglietti all’anno dati ai giovani milanesi per andare a teatro. Li abbiamo riservati agli under 35. Basta andare all’Informagiovani o su internet. I biglietti sono andati esauriti, sementendo chi pensava che ai giovani non sarebbe interessato un progetto del genere.

Sul tema della casa, invece, è partito il progetto Ospitalità Solidale, messo in campo grazie a dei fondi stanziati già quando c’era l’assessore al Demanio Castellano, poi riconfermato con il subentro della Benelli. Sono dei mini appartamenti dati a giovani precari e studenti con meno 30 anni e massimo 1500 Euro di reddito mensile. Abbiamo provato a rivolgerci a tutta la fetta della precarietà che vive a Milano. Questi alloggi sono stati dati a 300 euro al mese. La condizione è di dedicare una decina di ore al mese a operazioni di vicinato solidale. Abbiamo aperto questo progetto in collaborazione con Arci e due cooperative, DAR=CASA e Comunità Progetto.

La cosa più bella è che quando abbiamo fatto conoscere questi giovani al Sindaco gli hanno detto che quel che li rendeva felici è soprattutto il fatto di essere attori di un meccanismo di cambiamento, migliorando uno spazio. Così i giovani diventano finalmente portatori di risorse.

Davvero tante iniziative, eppure manca molto l’informazione al riguardo. A questo punto il problema è comunicativo?

Abbiamo un problema di comunicazione, come Amministrazione, gigante. La sfida vera su cui falliamo spesso è nel far sapere quel che mettiamo in atto. Abbiamo i canali digitali, ma non bastano. Per questo bisogna anche avviare un tavolo, dove discutere su come diffondere l’informazione riguardo ai provvedimenti del Comune. La cosa che più dispiace, a me e agli assessori, è che le centinaia di cose che facciamo non vengono percepite dalla cittadinanza.

Un grosso problema quello comunicativo, soprattutto in una città come Milano, considerata città della moda e dello shopping compulsivo, ma dimenticata quale città culturale di forte importanza nel panorama non solo italiano, ma anche europeo, se non internazionale. E soprattutto i giovani fanno cultura, la esigono, l’hai detto tu stesso. In questo ambito il Comune come aiuta questi giovani?

L’idea che i giovani siano produttori di cultura porta in seno la sfida di cui ti ho parlato prima. Fare cultura oggi significa rap, poesia, street-art… si sta creando un linguaggio nuovo, aperto alle differenze di genere e che si fa carico della complessità del multiculturalismo e delle forme della democrazia partecipata. Siamo convinti che la sfida non sia tanto aiutare i giovani a fare qualcosa: che l’Amministrazione pubblica ci sia o non ci sia dietro ai progetti, i giovani portano avanti comunque i loro progetti. Del resto non vengono mai a chiedere qualcosa per loro stessi. Quello che vogliono è costruire sinergie. La nostra sfida è far fruire questa produzione culturale a tutta la cittadinanza. Ad esempio, se tu presenti il tuo libro di poesie alla Dogana vuol dire il Comune ti ha dato una piattaforma per mettere a valore le tue competenze. Stiamo provando a fare questo in grande nella Fabbrica del Vapore.

L’arte performativa, anzi, l’arte in generale deve sfondare la vetrina della comunicazione: deve diventare produzione culturale accessibile a tutti. La concessione degli spazi raccoglie proprio questa sfida. I giovani artisti e intellettuali devono avere uno spazio e le annesse facilitazioni, ma vorrei anche che insieme a questi spazi trovassero soprattutto un pubblico, attento nell’ascolto.

Ti faccio un altro esempio: da tre anni ospitiamo il Festival del Teatro Indipendente. Con questo progetto apriremo EXPO in Fabbrica del Vapore. È un Festival che le 9 zone di Milano già ospitavano gratuitamente, con decine di iniziative. Questa è stata una svolta: ha messo in comunicazione le varie realtà del teatro indipendente e ha costruito un sistema aggregativo e di produzione culturale, rivolgendosi ad un pubblico che magari non era nemmeno appassionato di teatro. È proprio questa la sfida. C’è un mondo di giovani che fa cultura e un altro mondo che assiste a queste loro attività, anche solo per caso, andando a bersi una birra alla Fabbrica del Vapore.

Insomma, dopo vent’anni di Berlusconismo abbiamo la drammatica necessità di costruire un linguaggio culturale diffuso. Ciò non significa esclusivamente cercare degli artisti, di cui Milano è piena, il punto è riuscire a metterli in connessione col resto della città.

Per troppi anni Milano è stata conservatrice e questa ventata di innovazione di cui parli è un bene per la città. Solo che non tutti vedono questa ventata, soprattutto quei giovani detti city users, cioè i pendolari e i fuori sede. Il Comune come arriva a questa parte di Milano?

I giovani Milanesi sono sì quelli che abitano nella larga cerchia di Milano, la cosiddetta Città Metropolitana, ma lo sono anche tutti quelli che studiano e lavorano a Milano, i city users appunto. Anzitutto la Student Card, di cui ti parlavo prima, sarà rivolta anche a loro.

Comunque il punto vero è la difficoltà di comunicare le opportunità. Per questo abbiamo creato delle sinergie con le Università, con le associazioni e così via. Prima abbiamo parlato della Dogana: essa è stata pensata anche come link comunicativo per andare incontro agli studenti milanesi, fuorisede e non, grazie proprio alla concessione in autogestione a degli studenti universitari di uno spazio del Comune.

La sfida che coinvolgerà la Milano del 2020 è far diventare Milano non solo la città dei Milanesi, ma anche di chi la attraversa. Abbiamo vissuto sotto questo aspetto delle contraddizioni: la Milano dei residenti è parziale rispetto al complesso degli individui che creano e producono.

Comunque pubblicheremo presto un testo elaborato insieme alle Università, con dentro anche il tema dei city users e di come gestire la comunicazione e le politiche per loro.

Nel complesso quanto sei orgoglioso di quel che sta facendo il Comune?

Sono orgoglioso di far parte di questo progetto. La situazione però rimane complessa. Io sono entrato due anni dopo l’insediamento di Pisapia, per cui ho avuto anche meno tempo: sono qui da appena due anni. Stiamo facendo tante cose di cui essere orgogliosi, ma sono convinto che i tempi del cambiamento in una città siano lunghi, per cui la nostra missione va oltre il 2016.

Stiamo seminando qualcosa che ha bisogno, non solo sulle politiche giovanili, ma su tutti i temi, di guardare almeno al 2020 come orizzonte di cambiamento. Dal punto di vista della cultura e dell’amministrazione abbiamo messo in campo innovazioni nuove e importanti, ma tutto questo ha bisogno di una certa maturazione per poter diventare un elemento imprescindibile per chiunque governerà dopo di noi Milano.

Insomma, Milano città Culturale e Metropolitana.

Esattamente.

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