La mindfulness, secondo la definizione di Jon Kabat-Zinn, professore dell’Università del Massachussets, significa “prestare attenzione, ma in modo particolare: con intenzione, al momento presente, in modo non giudicante”. Kabat-Zinn è stato il primo a sviluppare un protocollo che introducesse la meditazione mindfulness in contesti clinici, per poi essere d’ispirazione per molti altri, che hanno adottato questo tipo di pratica meditativa in contesti quotidiani, perdendo progressivamente le connotazioni spirituali e morali.
Le origini
Recentemente il concetto-pratica di mindfulness è diventato un trend mondiale, se non fosse che è integrato da secoli nella cultura di un paese in particolare: il Giappone. Deriva infatti dalla tradizione meditativa buddista, poiché nei Dharma, gli insegnamenti, sono prescritti gli elementi mentali che permettono all’individuo di cogliere l’essenza di ogni esperienza. Secondo Alberto Chiesa, psicoterapeuta, seguendo questa tradizione:
È consapevolezza lucida di ciò che sta accadendo in campo fenomenologico. Lo sviluppo di tale abilità è connesso alle pratiche meditative, sia di tipo concentrativo che di tipo ricettivo. Il praticamente deve familiarizzare con entrambe le prospettive, imparando ad ancorare la mente all’esperienza presente, liberandosi da proiezioni, incomprensioni ed errori.
Tuttavia, come ci insegnano proprio i giapponesi, non riguarda solo ed esclusivamente la meditazione: non è soltanto zazen, “meditare a gambe incrociate su un cuscino”. È una consapevolezza profonda che scalfisce la quotidianità, la quale affonda in ogni momento della giornata e può scaturire a partire da qualsiasi elemento. Il Giappone possiede la mindfulness da sempre, in molteplici aspetti: l’haiku, un brevissimo componimento poetico nato nel XVII secolo e formato da sole 17 sillabe, legato alla natura e agli eventi umani in correlazione ad essa, oppure la fioritura dei ciliegi, un momento in cui ci si esalta placidamente per lo spettacolo stagionale offerto. Un altro esempio perfetto è la cerimonia del tè, tanto cara al popolo nipponico: i partecipanti si prendono il tempo per notare ed apprezzare il design e le decorazioni sulle tazze e della stanza. Soprattutto, la cerimonia del tè celebra il fatto che un momento simile con quella determinata persona non è detto che si terrà di nuovo.
Non è un semplice carpe diem alla Orazio, un “cogli l’attimo” come ha reso indimenticabile Robin Williams ne L’attimo fuggente: è un vero e proprio prendere consapevolezza di sé e di ciò che ci circonda istante per istante nella vita quotidiana, con tranquillità, pace ed equilibrio.