Sentiamo spesso parlare al telegiornale e sui social network di Sextortion e di Revenge Porn, due concetti spesso erroneamente considerati interscambiabili ma, in realtà, differenti. Il Sextortion consiste nel minacciare una persona di rendere pubbliche le proprie immagini ed informazioni private di carattere prevalentemente sessuale a meno che questa non paghi una somma di denaro. Spesso la vittima in questione viene scelta sulla base del proprio reddito economico o, nel caso dei più giovani, sulla base della situazione famigliare e del lavoro praticato dai propri genitori.
Le strategie di sextortion
Nell’era digitale di internet è semplice per i bulli – o forse a questo punto sarebbe meglio definirli hacker – entrare in possesso di informazioni di tal genere, poiché esistono davvero tanti modi pratici per i più esperti del web di appropriarsi degli account altrui. Il cyber criminale è solito contattare la vittima tramite social network creando un profilo falso e fingendosi un uomo o una donna di bell’aspetto. Una volta che tra la vittima e il cyberbullo si crea un rapporto di confidenza, la conversazione si sposta su Skype o altre piattaforme di videochiamata, dove l’adescatore mette in atto la sua subdola strategia volta ad impossessarsi di immagini e informazioni a sfondo sessuale per potere ricattare l’altro. Per proteggere noi stessi e i nostri conoscenti da tale fenomeno è necessario comprendere che tutto ciò che pubblichiamo sulla rete o sui nostri profili social può essere letto e condiviso da chiunque ed utilizzato contro di noi. E’ necessario evitare, dunque, di chattare con gli sconosciuti sulla rete o affidarsi più del necessario e senza alcuna precauzione alle chat di incontri più in voga del momento.
Ma se non si è soliti chattare con gli sconosciuti si può sperare di stare completamente al sicuro da questo fenomeno? Non proprio, purtroppo. I cyber bulli, infatti, che praticano sextortion sono soliti contattare le persone tramite mail. La Polizia Postale ha notato di recente un incremento del numero delle mail inviate dai cyberbulli al fine di praticare questi subdoli ricatti e ricevere denaro illegalmente.
Come?
Il più delle volte le vittime vengono informate tramite mail dell’hackeraggio del sistema operativo del proprio cellulare o computer e dell’account di posta elettronica. Questi criminali comunicano alla vittima di essere riusciti a fare ciò grazie all’installazione di un malware, ovvero un trojan capace di impadronirsi di tutti i dati personali presenti nei suoi dispositivi digitali elettronici, come la cronologia, le immagini, i video, le foto, le mail e i contatti. Dichiarano poi di possedere video compromettenti ottenuti registrando le vittime mentre stavano guardando video pornografici; minacciano dunque il povero malcapitato di pubblicare insieme alle informazioni personali più compromettenti anche un suo video imbarazzante trovato tra i loro file personali, a meno che non invii loro un riscatto in criptovaluta di un valore che si aggira tra i 500 e i 600 euro, valore che potrebbe aumentare qualora i ricattatori dichiarino di possedere materiale pedopornografico. Molto spesso, infatti, le vittime, soprattutto le più giovani, decidono di sottostare a questo deplorevole ricatto essendo impaurite dalle possibili conseguenze.
I mittenti decidono poi di inviare più mail dello stesso tipo alla vittima in modo da esercitare su di essa una forte pressione psicologica, convincendola così a pagare anche somme più elevate mostrando vecchie password e dati ottenute in passato da altre violazioni.
Ma cosa bisogna fare se si viene contattati da tali individui?
La Polizia consiglia di non rispondere mai a tali mail, non pagare il riscatto e cambiare il prima possibile la password personale del proprio account di posta. Esistono anche dei truffatori che riescono davvero ad impadronirsi di video molto intimi e personali servendosi di un complice di bell’aspetto incaricato di sedurre attraverso i social la vittima e di convincerla ad inviargli materiale compromettente e personale.
In questo caso, essendo ormai il danno fatto, non si può essere sicuri che i ricattatori mantengano la promessa, dunque pagare il riscatto potrebbe non risolvere la situazione. Molto spesso, dal momento che i truffatori ricattano contemporaneamente più persone, è possibile che in caso di resistenza da parte della vittima decidano di mollare la presa e di non pubblicare il video compromettente, che verrebbe subito rimosso da youtube o da social affini in quanto il loro interesse non è quello di umiliare la vittima o di infastidirla per il puro piacere di farlo ma quello di farsi pagare.