Cultura del caffè: paese che vai, bevanda che trovi

 Espresso, lungo, macchiato a caldo o a freddo, shakerato, con ghiaccio, in tazza grande o da portare via, in piedi accanto al bancone, a fine pasto, per una pausa o con gli amici per una chiacchierata: il caffè ha moltissime varianti in tutto il mondo e si adatta a numerose situazioni diverse, arrivando a creare una vera e propria cultura.

L’origine

Il caffè deriva dalla macinazioni delle bacche (chiamate più comunemente “chicchi”) di alcune specie di piccoli arbusti, che generano in seguito le diverse varietà di miscele per ottenere la bevanda, influenzandone il gusto e il contenuto di caffeina. Storia vuole che la culla del caffè, la sua madre terra, sia l’Etiopia: da qui poi i chicchi hanno raggiunto l’Arabia Saudita oltrepassando il Mar Rosso e dando vita a coltivazioni nello Yemen nel XV secolo. Per circa duecento anni è rimasto un’esclusiva della penisola araba per poi essere commercializzato a livello mondiale – restando tuttavia monopolio degli arabi – fino all’inizio del XVII secolo, quando dei commercianti olandesi hanno intrapreso attività di contrabbandando in Europa.

 

Rituali nel mondo

Da allora, il caffè è una delle bevande più famose e consumate in tutto il mondo e, come per il tè, ha generato presso alcune popolazioni rituali e cerimonie fondamentali per la cultura di riferimento, e in ogni paese tutt’oggi viene preparato o servito con modalità specifiche o aggiungendo ingredienti tipici della zona. In Etiopia, per esempio, la buna (il caffè nero) viene preparata in modo cerimoniale nelle case seguendo tutte le fasi, dalla tostatura alla macinatura a mano all’infusione nella caffettiera di terracotta chiamata jebena, e viene servita con il sale o il burro. Anche in Arabia Saudita il caffè, qui denominato kahwa, ha forti legami cerimoniali e un’etichetta da rispettare, come ad esempio il servire prima i più anziani, ed è caratterizzato dall’aggiunta di cardamomo e dall’essere servito con datteri disidratati per bilanciare l’amarezza della bevanda al naturale. In Messico il cafè de olla viene addolcito con una qualità di zucchero non raffinato chiamato piloncillo, e speziato e servito con degli stecchi di cannella in piccoli boccali o larghe tazzine di terracotta, per esaltare il gusto del caffè ed aggiungere un lieve retrogusto terroso.

Il caffè in Turchia si prepara nel cezve, un tipico bricco di rame e ottone dal collo stretto e alto, con un lungo manico e un fondo panciuto, e i chicchi vengono macinati fino a diventare una polvere finissima, che è poi cotta tramite un’infusione a due fasi, togliendola dal fuoco tra un’ebollizione e l’altra; è un momento tanto importante da portare alla creazione di un proverbio, cioè che il caffè dovrebbe essere “nero come l’inferno, forte come la morte e dolce come l’amore”.  In Vietnam il caffè si consuma principalmente freddo e prodotto a partire da una miscela molto scura, a cui viene aggiunto del latte condensato – simbolo che dimostra l’influenza americana sulla cultura vietnamita.

Anche l’Irlanda non è da meno per l’influenza del territorio: è celebre ormai in tutto il mondo l’Irish Coffee, un incontro perfetto tra caffè e whiskey irlandese sormontato da panna montata, creato negli anni Quaranta per riscaldare proprio dei turisti americani. Anche gli australiani prendono molto seriamente la questione caffè, importato dagli emigrati italiani dopo la Seconda Guerra Mondiale, e bevono il tipico “flat white”, un tipo di espresso con un sottilissimo strato di crema di latte in cima. In Senegal il caffè si spezia con semi pepati, detti djar o grani di Selim, e ci sono leggende sulla sua invenzione. Gli americani prediligono invece caffè allungati con acqua calda, da bere lentamente, e negli ultimi decenni la cultura del caffè si è massificata grazie a catene quali Starbucks e Dunkin Donats, nonostante, in tempi ancora più recenti, si stiano diffondendo delle caffetterie chiamate coffee breweries, le quali puntano sulla ricerca e il trattamento dei chicchi per prodotti di qualità.

In Europa, Austria ed Italia hanno una menzione a parte: se infatti i paesi europei sono molto legati al caffè e soprattutto ad un consumo mattutino, insieme al latte (Olanda, Islanda, Danimarca e Francia soprattutto), Vienna viene considerata la capitale del caffè e l’Italia la patria dell’espresso. In Austria, infatti, ci sono più di cinquanta varianti del caffè, ognuna delle quali si gusta lentamente ed accompagnata da biscotti o torte, consumata in compagnia o da soli, leggendo un libro o un giornale. In Italia, in particolare a Torino nel 1884 grazie ad Angelo Moriondo, è invece nata la prima macchina da espresso, che ha cambiato radicalmente l’approccio al caffè e il ruolo dei baristi, permettendogli di produrre più bevande in minor tempo.

La cultura del caffè

Nonostante le diversità di produzione e consumo e le differenze tra le culture e i paesi che la possiedono, la cultura del caffè è ormai un dato certo: questo perché tutti sono accomunati dal fatto che il caffè è ormai un simbolo – se non l’emblema – di valori universali quali l’ospitalità, la generosità, la convivialità, il sentirsi a casa e a proprio agio. Non a caso, in Arabia Saudita c’è un detto che così recita: “Relazioni forti vengono costruite tra una tazza di caffè e l’altra”.

 

 

 

 

 

 

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