Anche i più giovani avranno sicuramente in mente il mitico Arthur Fonzarelli detto Fonzie che, nella famosa sit-com degli anni settanta Happy Days, aziona puntualmente il jukebox con un pugno. E forse questa è anche l’immagine più emblematica che ha consacrato l’apparecchio, divenuto un’icona nell’immaginario collettivo americano e non solo. Il jukebox ha segnato intere generazioni e ha cambiato il modo di vivere la musica. Certo è che, così come ha invaso le balere di tutto il mondo, così ha visto il suo tramonto definitivo con l’avvento di nuove tecnologie e nuove strumentazioni in grado di riprodurre la musica. Ma possiamo dire che inevitabilmente ha lasciato il segno in tutti coloro che hanno vissuto quegli anni di profondi cambiamenti e hanno toccato con mano questo apparecchio che di fatto rimarrà intramontabile.
Come nasce?
La storia del jukebox è una storia lunga che inizia molti anni fa, tradizione vuole nel novembre del 1889 quando, a San Francisco, viene installato questo strumento presso il Palais Royal Salon Restaurant da Louis Glass e da William Arnold; la sua produzione inizia a partire dal 1890 ma solo negli anni quaranta del Novecento si assiste ad una diffusione a macchia d’olio. Infatti dopo l’invenzione del fonografo da parte di Edison, le industrie commerciali si ingegnano al fine di creare una macchina in grado di riprodurre un 78 giri con l’inserimento di una monetina.
Originariamente, l’apparecchio in questione viene chiamato nickel in the slot player tradotto in lettore musicale con monetina in fessura, solo successivamente si inizia a chiamarlo jukebox forse in relazione ai juke house/juke joint dell’epoca, ossia locali dove si ballava e si cantava. È a partire dagli anni immediatamente successivi alla grande depressione che società quali la Wurlitzer, visto il periodo di forte crisi che stava vivendo l’industria del pianoforte automatico invasa dal successo della radio, decide di iniziare a produrre e commercializzare il jukebox come compromesso perfetto tra i due apparecchi. Da questo momento in poi si assiste ad aumento vertiginoso delle vendite e all’ingresso di altre case produttrici come la Rock-Ola o la Seeburg che sino agli anni Sessanta si contenderanno il mercato statunitense del jukebox.
Anche il design e le funzionalità vengono via via perfezionante con il tempo, seguendo di pari passo la cultura e le innovazioni scientifiche: da un semplice mobiletto pronto ad ospitare fino a dieci fonografi, ad una struttura più compatta ed esteticamente più graziosa e colorata che vede pure l’utilizzo della plastica.
La produzione di questo apparecchio innovativo ed efficace, subisce un arresto dovuto all’inizio del secondo conflitto mondiale, lasciando così spazio all’industria bellica per poi ritornare sui mercati di tutto il mondo assecondando quanti avessero voglia di rinascita e di progresso dopo la tragica esperienza della guerra.
La sua diffusione in Italia
Anche in Italia giunge da oltreoceano questo prodotto proprio in concomitanza con il boom degli anni Sessanta che, accanto alla tv, vede diffondersi sempre di più questa macchina straordinaria che cambierà ben presto le abitudini di molti italiani. In breve tempo si delinea un vero e proprio business. Infatti queste macchine venivano importate dagli States, affidate agli esercizi pubblici quali bar o locali da ballo sotto forma di contratti d’affitto o in comodato d’uso, con ingenti guadagni da parte delle case produttrici.
Il jukebox riproduceva tutti i miglior successi del periodo e le hit-parade settimanali permettendo alle persone di divertirsi, incontrarsi e conoscersi. Con 50 lire si poteva ascoltare una canzone mentre con 100 lire venivano riprodotte tre canzoni a scelta tra quelle presenti nell’archivio del jukebox. Insomma un vero e proprio must che ben presto si rivela avere anche una funzione sociale di aggregazione e divertimento. In Italia esso diviene celebre grazie anche al Festivalbar, trasmissione musicale che tra le tante, premiava la canzone più ascoltata proprio dei jukebox.
Icona non solo dei locali
Il jukebox ha simboleggiato non solo estati al mare, feste tra amici e in generale la cultura pop, ma ha fatto soprattutto da sfondo a centinaia di innamoramenti, diffondendo nuovi modi di comunicare le parole e la musica, facendo ballare migliaia di giovani. Anche il cinema lo porterà sul grande schermo: nel 1959 escono due pellicole musicali I ragazzi del jukebox di Lucio Fulci e Jukebox- Urli d’amore di Mauro Morassi. Le trame e le vicende che coinvolgono gli attori protagonisti tra i quali spicca in entrambi il volto di Adriano Celentano sono molti semplici e ruotano attorno al contesto storico-sociale che stava vivendo l’Italia del boom economico e il successo della musica leggera.
Anche i testi di molte canzoni italiane e non ripropongono il tema del jukebox come simbolo di un’intera generazione:
Sei come un jukebox, jukebox
Devi suonare, jukebox, jukebox
Devi cantare, jukebox, jukebox
Non ti stancare, tutta la notte
Facci ballare.
Cantava così Edoardo Bennato in Sei come un jukebox del 1980 e ancora Fred Buscaglione che è riuscito a mettere per iscritto l’anima di questa straordinaria invenzione.
C’è la macchina dei dischi che va
Tanta musica per noi suonerà
Con Sinatra e Johnny Rave
Franky Lane e Doris Day
Ogni cuore sogneràJukebox
È una magica invenzion
Jukebox
Pochi soldi una canzon
Jukebox
Un gettone, la felicità.
Fine di un amore
Non è solamente vana retorica affermare che tutte le cose belle prima o poi finiscono, si perché pure l’era del jukebox viene di fatto sopraffatta dall’avanzare delle nuove tecnologie e dai nuovi bisogni della società. Così bisogna fare i conti con l’avvento dello stereo prima e dei prodotti di qualità superiore come le tecnologie hi-fi poi, le aziende che cercano di stare al passo conformando il jukebox, modificandolo, innovandolo; la meccanica che non appare più evidente e lo stesso design che diventa sempre più minimalista.
La fine dei 45 giri e il diffondersi nel mercato dei primi esemplari di CD, ha segnato l’inizio del suo declino, restando comunque un oggetto di arredo e di collezione molto ambito. Dalla fine degli anni ’80 il jukebox ha iniziato a scomparire dal mercato anche a causa della forte tassazione imposta dallo Stato per chi riproduceva musica in pubblico. Ma ancora oggi non è difficile trovare, magari in qualche ambiente di nicchia, dei jukebox impolverati così come è altrettanto facile incontrare persone che collezionano anche i pezzi più introvabili e particolari di queste macchine affascinanti.
I tempi sono cambiati, il modo di intendere e concepire la musica pure. Ma di una cosa bisognerebbe essere certi: lunga vita ai concerti, ai festival, a tutte quelle situazioni che consentono uno scambio reciproco di emozioni e la condivisione di una stessa passione. Il jukebox, in tempi e modalità diverse, ha forse permesso il primo esempio di socializzazione e integrazione. Ora non ci resta che spolverare quei vecchi jukebox, magari posti in un angolino e immaginarci Fonzie e tutti noi che balliamo sulle note di Elvis Presley o Chuck Berry.
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