Tutti possono fare musica

Tutti possono fare musica?

La digitalizzazione ha esteso i confini di diverse industrie, compresa quella musicale. Se prima farsi conoscere consisteva in una serie di contatti e di un lungo periodo di gavetta, negli ultimi anni le piattaforme digitali hanno rappresentato una “seconda via” per il successo, spesso una scorciatoia. Grazie a YouTube, social network e televisione, varie personalità si sono imposte nel mondo della musica, del cinema e persino della letteratura. Sono emerse quasi dal nulla e senza avere quei requisiti “canonici” per ottenere un seguito in quell’ambito. Per quanto ci riguarda, una domanda sorge spontanea: tutti possono fare musica?

La musica nell’era di YouTube

In California, nel 2005 nasce YouTube. L’idea di base era quella di una piattaforma su cui si potessero condividere e visualizzare video di qualsiasi natura, dai videoclip musicali ai trailer e reportage di notizie o fatti dal mondo. Pochi mesi dopo la sua fondazione, viene caricato un video che a oggi passerebbe decisamente inosservato. S’intitola Me at the Zoo, dove un ragazzo si filma per 18 secondi a testimoniare una sua (banale) uscita a un parco zoologico. Questo video, però, attesta come YouTube potesse portare qualsiasi persona nell’esistenza di chiunque altro. Tale messaggio non poteva essere trascurato, nemmeno dai musicisti. Da lì, giovani e non appassionati di musica hanno iniziato a caricare video di cover o loro brani inediti con l’intento di rivelare il loro talento e, magari, farsi conoscere.

Justin Bieber, Lana Del Rey, Gotye e The Weeknd costituiscono solo alcuni dei tanti nomi che oggi affollano il panorama musicale grazie alla loro esperienza su YouTube. Tuttavia, benché qualsiasi artista possa piacere o meno, la piattaforma dei video ha dato visibilità e fama anche a personalità che facciamo fatica a riconoscere come musicisti. Infatti, in progetti come quello di Ed Sheeran o dei Pentatonix si riconosce sin da subito una competenza e uno studio del settore. In più, è lampante l’intento serio di sfondare in questa industria. Perciò, con questi esempi, alla domanda “tutti possono fare musica?” la risposta sembrerebbe negativa, perché sarebbero sempre necessari dei requisiti per diventare popstar.

In altri casi, però, possiamo dire che YouTube sia servito come trampolino di lancio per un singolo di successo e per creare dei “personaggi”, non degli artisti. Riconosciamo lo stesso fenomeno nel mondo dell’editoria: giovani youtuber hanno scalato le classifiche letterarie non tanto per le loro doti da scrittori, ma per il consenso e l’appoggio dei follower e grazie ai milioni di visualizzazioni accumulati.

Il caso Rovazzi

Se parliamo di personaggi più che musicisti, Fabio Rovazzi risulta un valido esempio. All’anagrafe Fabio Piccolrovazzi, classe 1994, Rovazzi si è fatto conoscere grazie ai social network e, in particolare, YouTube. Nel 2016 pubblica il videoclip di un suo brano inedito, Andiamo a comandare. Canzone e video diventano popolari in breve tempo, mentre le radio trasmettono il pezzo a rotazione facendolo diventare il tormentone di quell’estate. Il gioco è fatto. Rovazzi spicca come campione degli streaming e partecipa a vari programmi televisivi “comandando” anche fuori dal mondo della rete. Come per tutte le cose, anche in questo caso vale la regola della libertà di gusto e preferenze, ma un punto resta certo. Andiamo a comandare non nasce dall’intento di fare musica. La prima hit di Rovazzi ha alle spalle una precisa strategia che mira a ottenere un successo immediato. Non c’è ricerca artistica, ma una vincente mossa di marketing.

Tutto ciò non viene smentito neanche dalle canzoni successive dello youtuber-rapper. Tutto molto interessante e Volare mostrano le stesse caratteristiche del primo singolo. Videoclip accattivanti e divertenti, ritornelli che entrano nella testa e non ne escono più, melodie semplici e facili da ricordare: una ricetta che può sembrare banale ma che funziona, pure tanto. Così tutti possono fare musica. Certo, una musica diversa da quella delle pietre miliari che conosciamo. Una musica che punta al consenso, alle vendite e alla fama. Basti notare come Rovazzi si sia dato anche al cinema e al mondo della TV vera e propria. Inoltre, non pubblica singoli dal 2019 e non ha mai realizzato un album. È un concetto 3.0 e inedito di fare musica. Non va condannato per questo, bisogna solo riconoscerne la diversità.

Quello che avremmo voluto risparmiarci: Angela da Mondello

Abbiamo detto come YouTube non rappresenti l’unica piattaforma promotrice di un nuovo modo di fare musica. Televisione e social non vanno mai dimenticati. Purtroppo, tra le tante esperienze spiacevoli che il 2020 ci ha regalato, ce n’è una che rientra a pieno titolo nella ricerca se tutti possano fare musica o meno. Stiamo parlando del caso di Angela da Mondello. Per coloro che non la conoscessero, la signora Chianello ha fatto parlare di sé poco prima dell’inizio della scorsa estate. Ai microfoni di Barbara D’Urso aveva detto la fatidica frase “Non ce n’è Coviddi”, riferendosi alla presunta assenza del virus sulla paradisiaca spiaggia di Mondello, in Sicilia. Durante tutti i mesi estivi, il motto di Angela è stato usato da persone di tutte le età a mo’ di scherzo o di battuta, mentre la Chianello raggiungeva un numero esorbitante di follower sui social.

Tutto molto ilare se non fosse che, a novembre, Angela da Mondello ha pubblicato un “brano” Non c’è n’è, dove riprende parte della frase che l’ha resa “celebre”. Tralasciando la distruzione della lingua italiana in meno di sei parole con apostrofi annessi, il sound volutamente dance e il clamore suscitato dall’uscita della canzone ci hanno fatto temere che il singolo di Mrs Chianello potesse diventare il nuovo tormentone invernale. Fortunatamente non siamo arrivati a tanto, ma il videoclip, girato ovviamente sulla spiaggia siciliana, ha comunque superato i due milioni di visualizzazioni.

Perciò possiamo concludere che al giorno d’oggi tutti possono ottenere successo con una canzone. Per riuscirci basta una base accattivante, un testo facilmente memorizzabile e un’ottima strategia di promozione. Tuttavia, non tutti possono fare musica. Per fare musica, una strofa e due accordi banali non sono sufficienti. Servono ricerca, sperimentazione e, soprattutto, passione. La fama può essere uno scopo che si vuole raggiungere, ma non l’unico.

FONTI

Il Messaggero

Rockol.it

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