Cos’è il doping?
Steroidi anabolizzanti, stimolanti, ormoni della crescita, agenti mascheranti: il termine “doping” si riferisce all’utilizzo di sostanze proibite finalizzato al miglioramento artificiale del proprio fisico e, di conseguenza, delle prestazioni sportive. L’obiettivo del doping è bivariato: se nel bodybuilding (per intenderci, il culturismo) viene utilizzato per aumentare il volume delle cellule che compongono un tessuto muscolare (per migliorare, quindi, l’ipertrofia muscolare), nelle competizioni sportive (come il calcio, il tennis e il ciclismo) l’obiettivo è quello di aumentare la forza, la resistenza e la capacità di recupero degli atleti. O ancora, nel wrestling viene utilizzato per aumentare la stazza degli atleti, che non per forza devono essere “estetici” e belli da vedere a livello puramente estetico.
Come si riconosce una sostanza dopante da una che non lo è?
Molto spesso, si tende a confondere il doping con gli integratori, di cui tantissimi fitness influencer e coach attivi sui social media consigliano l’assunzione; e, come spesso accade quando la disinformazione dilaga, ciò attira voci indiscrete e seri dubbi a riguardo.
Per capire qual è la differenza prendiamo l’esempio più diffuso e famoso: la creatina. Tutt’altro che dopante, quest’ultima viene spesso declassata a una sostanza proibita che, addirittura, aiuterebbe a metter muscolo in maniera più facile e veloce.
La creatina
Procediamo per gradi. La creatina è una polvere che può essere assunta da uomini e donne, rispettivamente in dosi pari a 5 g e 3 g al giorno. Viene sciolta in acqua (circa 100/150 ml di acqua per grammo) e bevuta durante i pasti. Si tratta, molto banalmente, di una molecola e, più specificatamente, di un derivato aminoacidico presente naturalmente nel nostro organismo e negli alimenti di origine animale come carne e pesce. Prendiamo in esempio un uomo che pesa 70 kg; in questo caso, la quantità di creatina corporea è di circa 120g e aumenta con una maggior massa muscolare, per poi essere sintetizzata nel fegato, nei reni e nel pancreas (tramite gli aminoacidi arginina, glicina e metionina).
L’assunzione esterna di questo integratore non compromette in alcun modo la propria salute; anzi, diversi studi ne hanno confermato i benefici, quali l’aumento della potenza e della forza massima (detta anche “forza resistente”) e la diminuzione dei tempi di recupero. Una volta prodotta o assunta attraverso la dieta, viene immagazzinata nel tessuto muscolare e fosforilata (cioè trasformata in energia) in fosfocreatina, un deposito energetico utilizzato durante contrazioni muscolari rapide e intense. L’organismo, ogni giorno, consuma circa 30 mg di creatina per kg di peso corporeo, eliminandola come creatinina nelle urine.
In parole povere, i natural bodybuilders (laddove con natural si intende un atleta non dopato) riescono, tramite l’assunzione di creatina, a “riempire il muscolo di acqua” e a rendere più evidente l’ipertrofia muscolare. Tuttavia, nel caso in cui dovessero interromperne l’assunzione, il muscolo “perderebbe” in poco tempo quel liquido e scenderebbe in termini di volume.
Gli steroidi anabolizzanti
Le sostanze dopanti agiscono in maniera totalmente diversa.
Qui, prendiamo in esempio gli steroidi anabolizzanti: stimolando la sintesi proteica all’interno delle cellule muscolari, anche questi ultimi portano a un aumento della massa muscolare e della forza, oltre che alla riduzione dei tempi di recupero. Ma ci sono alcune differenze sostanziali: innanzitutto si tratta di derivati sintetici del testosterone (l’ormone sessuale maschile) e, perciò, non sono contenuti naturalmente nel nostro organismo. In secondo luogo, l’assunzione non ha nulla a che vedere con polveri e integratori: l’assunzione di steroidi avviene endovena o, in casi più rari, tramite gel e creme corporee. Inoltre, l’ipertrofia muscolare data dagli steroidi non è in alcun modo equiparabile a quella data dalla creatina: il muscolo è molto più teso, le vene sono altamente visibili e il corpo esaspera le sue dimensioni massime reali.
Tutto ciò, a differenza della creatina, porta a gravi effetti collaterali, difficilmente evitabili e perlopiù mortali: soppressione del sistema immunitario, ipertensione, ingenti danni al fegato, problemi cardiovascolari, squilibri ormonali, alterazioni dell’umore e infertilità. Nelle donne, ad esempio, l’aumento di testosterone provoca la crescita più aggressiva dei peli corporei, la deformazione degli organi genitali e dei tratti somatici (questo anche negli uomini) e un cambio di voce profondo e repentino. E non solo: abbiamo detto che gli steroidi possono stimolare la crescita dei tessuti; in questo discorso sono incluse anche le cellule tumorali. Il problema è che molto spesso non si è consci di essere affetti da un tumore: se un individuo non ne è consapevole e inizia un ciclo di steroidi, la crescita del tumore accelera e, di conseguenza, esso diventa più aggressivo e difficilmente curabile.
Le morti premature
Non deve sorprendere, infatti, che molti bodybuilders muoiano in maniera più che prematura: Joe Lindner (conosciuto come Joesthetics), atleta molto famoso nel settore, è deceduto il 30 giugno 2023, a soli 30 anni. La causa del decesso è stata la rottura di un aneurisma. Occorre ricordare, però, che l’ipertensione (tra gli effetti collaterali del doping, appunto) rappresenta un importante co-fattore nella crescita e nella rottura degli aneurismi.
Ultima differenza sostanziale: gli steroidi anabolizzanti sono vietati in tutte le competizioni sportive (eccezion fatta per la categoria open nel bodybuilding, di cui parleremo più avanti, e per il wrestling) e sono, ad oggi, sostanze considerate a tutti gli effetti dopanti.
Il doping è davvero qualcosa di riconosciuto solo nel bodybuilding e nel wrestling?
A livello teorico, nelle competizioni sportive il trattamento con sostanze vietate per doping è consentito solo in presenza di condizioni patologiche documentate e certificate da un medico e deve essere verificata l’assenza di pericoli per la salute dell’atleta. Anche in questo caso, il trattamento deve rispondere a specifiche esigenze terapeutiche e la documentazione deve essere conservata e resa disponibile dall’atleta.
Tuttavia, è recentissima la notizia della squalifica per doping del centrocampista juventino Paul Pogba. In realtà, la Juventus è forse la società calcistica che, negli anni, è stata maggiormente soggetta a sanzioni riguardanti la somministrazione di sostanze considerate dopanti; ci si è sempre chiesti, quindi, come facessero questi calciatori a risultare sempre negativi durante i test anti-doping a cui venivano obbligatoriamente sottoposti.
La risposta è più semplice di quanto possa sembrare. Il doping è un fenomeno che, seppur nascosto, riguarda gli atleti di ogni sport: da sempre, sono tutti soggetti all’assunzione di sostanze dopanti. Prima, però, molte di esse non erano ancora considerate tali, così come altre, oggi, non lo sono ancora.
Lo sport: dove se ne parla e dove no?
Gli esempi sopra riportati riguardano il bodybuilding perché si tratta di una delle due discipline, insieme al wrestling, che accettano e normalizzano gli atleti dopati. La categoria open (o “Open Class”), citata poco sopra, è una delle divisioni principali nelle competizioni di bodybuilding; aperta a tutti gli atleti, indipendentemente dal loro peso e dalla loro altezza, accetta anche e soprattutto l’utilizzo di doping. Si guardi il fisico del 6 volte campione di Mr Olympia, Chris Bumstead: un grande atleta con un fisico scultoreo ma assolutamente non raggiungibile senza doping. Si tratta di un fenomeno accettato e rispettato da chiunque.
Meno digeribile per i fan (ma molto evidente) è, per l’appunto, il caso del wrestling: qualsiasi persona competente in materia non potrebbe negare lo spropositato utilizzo di doping in questo sport. Ciò è dovuto al fatto che le sostanze dopanti sono molteplici e tutte molto diverse tra loro. L’obiettivo finale non è obbligatoriamente l’ipertrofia muscolare (come abbiamo detto, in quel caso si parla di culturismo): si vedano gli atleti Randy Orton, John Cena, Brock Lesnar. Il mantenimento muscolare e della resistenza, soprattutto dopo una certa età, è molto limitato: un atleta può doparsi anche solo per essere più resistente. Paul Pogba, per l’appunto, non è un calciatore conosciuto per la sua possenza muscolare, ma è pur sempre dopato.
Nel campo di questo sport, sono moltissimi i calciatori che hanno denunciato la somministrazione, da parte delle società, di sostanze endovena somministrate in maniera continuativa. Il problema, però, è che si sono fatti avanti solo in seguito alle premature morti di atleti come Astori, Morosini, Vialli e Mihajilovic. E non solo in seguito ai decessi, ma anche a numerosi malori: si pensi all’infarto in campo di Christian Eriksen, avvenuto dinanzi agli occhi del pubblico il 12 giugno 2021.
Il ciclismo
Ma si pensi, soprattutto, al ciclismo, che è lo sport che per primo ha spinto le istituzioni, (almeno in Italia) a dotarsi di un Istituto, il CONI, che regolasse l’utilizzo di queste sostanze. Si tratta dello sport che, storicamente, è stato maggiormente soggetto a morti premature dei suoi atleti.
Secondo l’Articolo 1 della Legge 14 dicembre 2000, n. 376, che disciplina in Italia la tutela sanitaria delle attività sportive e la lotta contro il doping, configurandolo come un reato punibile a livello penale, il doping comprende: “la somministrazione o l’assunzione di farmaci e/o sostanze biologicamente o farmacologicamente attive e l’adozione o la sottoposizione a pratiche mediche non giustificate da condizioni patologiche, idonee a modificare le condizioni psicofisiche o biologiche dell’organismo al fine di alterare le prestazioni agonistiche degli atleti.”
Le pene a riguardo possono arrivare fino a tre anni di reclusione, che aumentano se insorgono danni effettivi alla salute, se il doping coinvolge un minorenne o se le sostanze proibite vengono distribuite da un dipendente del CONI.
Si tratta di un fenomeno piccolo, che riguarda solo alcune realtà e società?
Il problema principale della lotta al doping risiede nella capacità – o meglio, nella volontà – da parte delle autorità competenti di distinguere una sostanza dopante da una seconda che, invece, non lo è. Di recente, sono state numerose le inchieste riguardanti le società e i calciatori odierni, che hanno un fisico decisamente più definito e muscoloso rispetto al passato (soprattutto a livello di lower body, cioè nei tessuti muscolari delle gambe). Lautaro Martinez, ad esempio, ha un fisico decisamente più scultoreo rispetto a Diego Armando Maradona. Eppure, il 25 giugno 1994, quest’ultimo venne squalificato per doping.
La domanda è questa: le differenze tra ieri e oggi derivano dal l’utilizzo di altre sostanze o da una mera preferenza odierna della società, che vuole atleti più “formati” dal punto di vista muscolare? C’è una correlazione tra le malattie rare e le morti improvvise di molti atleti e la continua assunzione di sostanze ad oggi considerate dopanti?
Implicazioni
Non è possibile, se non tramite studi statistici mirati, confrontare questi dati; tramite alcune tecniche statistiche e l’analisi in base a materie di settore (come la valutazione degli effetti) sarebbe utile confrontare i dati e studiare l’effetto del doping sullo sport. Tuttavia, sono proprio i dati reperibili a rappresentare il primo ostacolo: sono tutti molto diversi tra loro, anche e soprattutto a causa del fatto che quasi nessuna società (né tantomeno gli atleti) ammette il ricorso al doping.
Il punto è questo: ci sono atleti perfettamente consapevoli di star facendo ricorso al doping e altri non del tutto consci di ciò che gli viene somministrato. Mr Olympia il culturista sopra citato, è un atleta molto seguito da diverse troupes di esperti, proprio perché il doping è essenziale nella sua disciplina ed è perennemente controllato. Il discorso diventa del tutto diverso, però, negli sport di squadra: in tal caso non si sta parlando tanto dell’etica sportiva (seppur questa resti una questione di fondamentale importanza), ma soprattutto della salute degli atleti, che molto spesso rischiano, senza saperlo, quanto hanno di più caro: la loro vita.
Fonti:
Vantaggi prestativi derivati dall’assunzione di creatina