“Come si può deliberare senza conoscere? Nulla repugna più della conoscenza a molti, forse a troppi, di coloro che sono chiamati a risolvere i problemi”.
Così scriveva Luigi Einaudi nella sua dispensa Conoscere per deliberare, contenuta nell’opera Prediche Inutili e datata 1956 – o, per meglio dire, risalente agli albori dell’Italia repubblicana. “Ripugnare la conoscenza” è una terminologia forte, che non lascia spazio a molte interpretazioni: Einaudi non riponeva alcuna fiducia nella pubblica amministrazione circa la risoluzione dei problemi e dei bisogni dei cittadini.
Tuttavia, affinché sia possibile analizzare il ruolo pubblico come farebbe un bravo “terzo” super partes, occorre innanzitutto capire cosa si intende per “politica pubblica” e, in secondo luogo, introdurre il concetto di valutazione delle politiche pubbliche.
Le politiche pubbliche: cosa sono?
Una politica pubblica è uno sforzo consapevole, condotto da attori diversi, per curare un certo problema collettivo.
L’errore più comune quando si fa riferimento alle politiche pubbliche è quello di pensare che la nomenclatura “pubblica” esuli gli enti privati dal farne parte; al contrario, è proprio la pluralità dei soggetti coinvolti a permettere a chiunque – anche ai privati- di contribuire.
Si pensi, ad esempio, alle borse di studio: ad oggi, quasi tutti gli Atenei e le Università d’Italia hanno a loro disposizione una somma annua prestabilita di soldi pubblici da investire nell’educazione universitaria dei tanti studenti che altrimenti non potrebbero avere accesso allo studio.
Al tempo stesso, sono altrettanto numerosi i programmi promossi dagli enti privati: la compagnia telefonica Iliad, ad esempio, ha messo a disposizione un totale di dieci borse di studio, dal valore di 15.000€ ciascuna, per studenti iscritti o volenterosi di iscriversi a corsi di Laurea magistrale in materie S.T.E.M., Scienze sociali e Arts & Literature.
Nulla vieta agli enti privati, inoltre, di collaborare direttamente con la pubblica amministrazione per raggiungere un bene comune.
Esperimenti e politiche pubbliche: il “caso ictus”
Va inoltre sottolineato che la formula “politica pubblica” non comprende unicamente interventi in denaro. Tra gli esempi più incisivi e significativi c’è stato quello condotto nel 2013 in Lombardia: una campagna informativa mirata di sensibilizzazione a proposito dell’ictus cerebrale. L’obiettivo era quello di aumentare la probabilità che i pazienti raggiungessero in tempo le unità ospedaliere e ridurre così, tramite trattamenti rapidi ed efficaci, la gravità delle conseguenze.
L’intervento consisteva in una lettera, stampata fronte-retro e inviata per posta: nella prima pagina, l’allora Assessore regionale per la Salute firmò un messaggio che, dopo una breve spiegazione sull’ictus, sintetizzava i sintomi principali.
Il punto più interessante di questa campagna è che si trattò di un esperimento di politica pubblica.
Seppur “politica pubblica” possa sembrare un concetto di difficile interpretazione, parlarne è comunque più facile che mettere in pratica iniziative efficienti in questo senso – insomma, un esperimento di politica pubblica è più facile a dirsi che a farsi.
Innanzitutto, per poter valutare l’efficacia di questo intervento, occorre porsi tre domande principali:
- Coloro che hanno ricevuto la lettera sono capaci di ricordare ed elencare i sintomi dell’ictus?
- In seguito alla diffusione della lettera, il ritardo ospedaliero dei pazienti è davvero diminuito?
- In seguito alla diffusione della lettera, è davvero diminuito il tasso di mortalità/invalidità dei pazienti colpiti da ictus?
È proprio qui, nel tentativo di rispondere a questi quesiti, che entra in gioco il concetto di valutazione.
La valutazione delle politiche pubbliche
Va da sé che, per capire gli eventuali effetti di questa campagna, occorre destinare la lettera solo a un determinato campione di individui e confrontare il loro comportamento con tutti coloro che, invece, non l’hanno ricevuta. Si tratta dell’assunto primario dell’attività di valutazione: la divisione di un campione in un gruppo sperimentale/di trattamento (coloro che ricevono la lettera per posta) e un gruppo di controllo (coloro che non la ricevono).
A tal proposito, l’attività di valutazione ha riguardato un questionario telefonico sottoposto agli individui (specificatamente 83 del gruppo sperimentale e 83 del gruppo di controllo).
In base ai dati così raccolti, la campagna ha avuto un riscontro più che positivo.
Questo esempio è tra i più emblematici in Italia, perché dimostra che una lettera con un messaggio chiaro, semplice e adatto anche a un pubblico non specializzato può migliorare la capacità di riconoscere in tempo i sintomi di una malattia.
Al tempo stesso, questo intervento sottolinea l’importanza fondamentale di effettuare una valutazione delle politiche pubbliche.
Perché valutare?
In effetti, é importante prendere coscienza che “Fare” non vuol sempre dire “fare del bene”. Proprio per questo, esistono quattro ottime ragioni per controllare e valutare le politiche pubbliche.
In primis, farlo aiuta a verificare la qualità della legislazione, perché fare delle buone Leggi significa anche occuparsi di ciò che avviene in futuro nel quadro delle leggi introdotte
Inoltre, contribuisce a misurare(?) la capacità di rappresentanza della classe politica, perché solo valutando le politiche pubbliche introdotte si può verificare in che modo e in quale misura l’istituzione abbia risposto ai bisogni dei cittadini.
Valutare le politiche pubbliche permette anche, a sua volta, di valutare l’utilizzo delle risorse pubbliche, per capire se gli interventi/investimenti fatti rappresentano “soldi ben spesi”, dove “bene” significa utilizzare i soldi per una buona causa o ragione, rispettando le regole e raggiungendo un risultato efficiente.
Infine, tali valutazioni sono essenziali in ragione dell’importanza di imparare dall’esperienza. In un certo senso, data la difficoltà intrinseca all’impresa, le politiche pubbliche potrebbero essere intese come delle fatiche di Sisifo, quelle raccontate nella celebre Odissea. Nell’opera il Re omerico Sisifo viene condannato da Zeus a spingere un masso su di un monte in eterno: ogni volta che arriva vicino alla cima, infatti, il masso scivola di nuovo perso i piedi della montagna. Ciononostante, se i policy makers si trovassero a combattere lo stesso identico problema all’infinito, significherebbe che non hanno analizzato le cause e le variabili più profonde dei fenomeni in questione e che, quindi, non riusciranno mai a imparare dalla propria esperienza. E questo non è certo auspicabile.
Fonti
Luigi Einaudi: Prediche Inutili – Conoscere per deliberare