Immaginare scenari futuri con il design speculativo

Nell’opinione comune, il design come professione e pratica artistica progetta i prodotti di consumo largamente diffusi quali apparecchi elettronici, automobili, o pezzi di arredamento. Il designer è colui che pensa alle forme, ai colori, all’usabilità di un prodotto industriale. Meno noto al pubblico è il design speculativo, un approccio critico per immaginare il futuro e stimolare riflessioni.

Immaginare il futuro, ieri

Le potenzialità del design come strumento critico per immaginare e rendere tangibili scenari futuri e nuove tecnologie è una pratica che fonda le sue radici nell’Italia degli anni Sessanta e Settanta. Erano gli anni della contestazione, dell’opposizione al consumismo e all’omologazione del design razionalista come status quo di quegli anni. La mostra tenutasi al MoMa nel 1972 Italy: the new domestic landscape, è stata una collezione di esempi di design radicale (180 oggetti, più 11 ambienti) che immaginò il contesto domestico del futuro, secondo un’idea prettamente anti-capitalistica e anti-patriarcale della famiglia e della società. 

Il decennio della contestazione ha visto il design muoversi dal funzionalismo verso un’aperta critica alla società. Colori accesi, forme e proporzioni assurde sono alcuni degli elementi caratterizzanti del cosiddetto Radical Design. Oggi, quei pezzi iconici comunicano la rivoluzione culturale di quegli anni. 

Immaginare il futuro, oggi

Se il design ha dunque la possibilità di raccontare storie e agire in maniera speculativa, seguendo la creativa domanda del what-if?, oggi i cambiamenti climatici e l’impatto dell’uomo sull’ambiente sono temi complessi che necessitano di molte soluzioni e storie innovative.

Sono davvero molti (e pressanti) i problemi che derivano dal surriscaldamento globale. Ne sono esempi la perdita della biodiversità, lo scioglimento dei ghiacciai, così come le conseguenze economiche e sociali nei confronti delle fasce più povere della popolazione.

In Italia negli ultimi anni si sono verificati eventi climatici estremi, i quali hanno comportato ingenti danni in termini di vittime, agricoltura e infrastrutture. Di nota rilevanza è anche il problema dell’innalzamento del livello dei mari, e considerata la geografia italiana, è fondamentale immaginare future soluzioni in maniera collettiva. 

Un appartamento nel 2050

Negli ultimi anni, diversi studi di designers, architetti e artisti si sono interrogati sulle possibili conseguenze che i cambiamenti climatici porteranno nella vita quotidiana, e sul come renderli tangibili per le persone.

È emblematico il progetto Mitigation of Shock (2017-2019) dello studio londinese Superflux, un’installazione immersiva nella quale gli spettatori sono catapultati nell’anno 2050. L’ambientazione è un contesto domestico dove la scarsità delle risorse e l’insicurezza alimentare sono una realtà per la maggior parte della popolazione europea. All’interno dell’appartamento, vengono sperimentate tecnologie di produzione e conservazione del cibo, tra cui la coltivazione idroponica e l’allevamento di grilli come possibile fonte proteica.

L’audience sperimenta così in un contesto noto cosa possa voler dire un futuro dettato dai cambiamenti climatici. Ma soprattutto si interroga sul come ci si possa adattare a tale futuro attraverso nuovi comportamenti, nuove tecnologie e resilienza.

Re-immaginare le città costiere

Un approccio in fase di sviluppo e ricerca nell’ambito del design speculativo è il cosiddetto Mediterranean speculative approach. Tale approccio guarda alla realtà locale dei territori che possiedono delle relazioni sociali, geografiche e culturali con il Mediterraneo. Spesso vengono sottovalutati gli effetti che i cambiamenti climatici hanno su tradizioni, culture e popoli. Se i cambiamenti climatici privassero la produzione di un certo alimento in un territorio, anche l‘infrastruttura sociale ne risentirebbe.

Il progetto Life After Tourism, sviluppato da Ivica Mitrović e Oleg Šuran in stretta collaborazione con ricercatori ed istituti, dipinge la realtà turistica e culturale della città croata Spalato nel 2055. Secondo Mitrović e Šuran, le alte temperature, i frequenti incendi e le inondazioni causate dai cambiamenti climatici modificheranno gli stili di vita e il turismo come lo conosciamo oggi. 

Gli artisti immaginano la rinascita culturale ed economica della città grazie al mar Mediterraneo e alla maricoltura di organismi sopravvissuti alle avverse condizioni dettate dal clima. I vari organismi coltivati in questo scenario futuro, tra cui alghe e anemoni di mare, diventano la base culinaria di nuove ricette. Gli spettatori della mostra, tenutasi presso il Museo di Belle Arti di Spalato nel 2018, hanno potuto osservare e gustare alcune delle ricette a base di alghe e anemoni.

Il progetto è stato realizzato in collaborazione con l’Università di Belle Arti di Spalato e  l’Istituto di Oceanografia e Pesca. L’installazione possiede una nota poetica e inclusiva, poiché coinvolge persone dedite ad attività disparate, tra cui pescatori e cuochi. Include anche esseri non-umani come gli organismi marini, la città con le sue tradizioni ed il mare stesso. Inoltre, immagina un’alternativa, una possibile soluzione ad un problema attuale per le realtà costiere dell’Europa Meridionale.

E se tutti i polli del mondo fossero rosa?  

Nonhuman Nonsense, studio d’arte e design con sede a Berlino, opera in un ambito di utopia/distopia. Appoggiandosi ad uno scenario futuro molto più distante, si interroga su questioni etiche nell’impiego di nuove tecnologie da parte dell’uomo.

L’acclamato progetto Pink Chicken Project è un’ambigua proposta di utilizzo della biotecnologia per modificare geneticamente di rosa le ossa e le piume di tutti i polli del mondo. Molti scienziati sostengono infatti che le ossa di pollo siano una delle tracce principali del nostro tempo, ovvero l’Antropocene. Questo intervento andrebbe pertanto a colorare di rosa i fossili futuri, e quindi lo strato di roccia, che rappresenterebbe il genere umano.

Le domande che sorgono sono chiaramente molte. Qui l’audience riflette su questioni etiche riguardo il controllo dell’uomo sugli animali e l’ambiente circostante, e sul come possiamo agire oggi per limitare questi effetti. Sebbene il progetto sia chiaramente una provocazione con l’intento di stimolare riflessioni, gli artisti mettono in luce come la tecnologia esista già oggi e sia potenzialmente utilizzabile. Come ci comporteremo a riguardo? 

É questo il futuro che voglio?

Rispetto al Radical Design degli anni Settanta, oggi il design speculativo è certamente più inclusivo e meno critico. Parte del suo scopo è rendere tangibile qualcosa di astratto che ancora dovrebbe succedere. Vuole comunicare alle persone, così che esse si chiedano, “è questo il futuro che voglio”? Se la risposta è no, come agire collettivamente per evitare che accada?

È chiaro che i progetti di design speculativo non portano soluzioni confezionate a problemi complessi quali i cambiamenti climatici ed il controllo sull’ambiente da parte dell’uomo. Tuttavia, hanno il potere di stimolare fantasie, speranze, riflessioni e possibilità nelle persone: qualcosa di cui oggi, nell’Antropocene, abbiamo tremendamente bisogno.

 

FONTI

Pierre-Alexandre Mateos e Charles Teyssou, Room to Grow: il Radical Design degli anni Settanta

https://www.focus.it

https://superflux.in/#

https://interakcije.net

https://nonhuman-nonsense.com

CREDITS

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