Non si sentono spesso in radio eppure i loro concerti registrano numerosi sold out. C’è chi non ne ha mai sentito parlare, ma possono contare su una numerosa schiera di appassionati chiamati Echelon. Confinati nell’alternative rock per anni, di recente i Thirty Seconds to Mars vengono tacciati per la loro svolta prettamente pop e commerciale. Per non parlare del fatto che adesso non si possa più definire una vera e propria band, dato che sono rimasti solo due componenti. Tuttavia, chi li segue da anni non smette di sostenerli, perché i fratelli Leto e la loro musica rappresentano un’autentica ancora di salvezza. Con le loro idee uscite su pentagramma hanno creato una comunità. O meglio, una fede.
Formazione ed esordi dei Thirty Seconds To Mars
Si proceda con ordine. I Thirty Seconds To Mars vengono fondati nel 1998 a Los Angeles, da Jared e Shannon Leto, due fratelli originari della Louisiana. Figli di una madre hippie e di un padre mai conosciuto, suonano insieme sin dall’infanzia e solo a fine degli anni Novanta decidono di avviare una carriera nel mondo della musica. Dopo numerosi tentativi per trovare altri membri della band, entra stabilmente il bassista Matt Wachter fino al 2007. Nelle varie interviste risalenti all’epoca, l’interesse dei giornalisti e dei primi sostenitori del gruppo riguardava soprattutto il nome: perché, appunto, Thirty Seconds To Mars? Jared Leto ha sempre dato risposte evasive a tal proposito, contornate da un alone di mistero che rende ancora più affascinante il suo progetto musicale.
Il nome deriva e riassume sommariamente il contenuto di un raro manoscritto intitolato Argus Apocraphex. I fatidici trenta secondi per giungere su Marte hanno poco a che fare con lo spazio in sé, ma risultano essere una particolare metafora del futuro. Inoltre, secondo Mr Leto, sono la perfetta descrizione del sound anticonvenzionale della band.
Il fatto che siamo così vicini a qualcosa che non è, però, un’idea tangibile. Inoltre, essendo Marte il dio della Guerra rende tutto più interessante. Ciò che è importante per me e mio fratello è il suo essere immaginario e che rappresenta la dinamica della nostra musica nella maniera più esclusiva possibile.
In seguito alle prime esibizioni live in piccoli club americani tra il 1999 e il 2000, i Thirty Seconds To Mars vedono l’arrivo di Tomo Miličević in veste di chitarrista e registrano parte dei brani che entrano a far parte dell’album d’esordio, self-titled, pubblicato nel 2002. Sin dalle prime canzoni risulta evidente la volontà di Jared Leto di creare un mondo complesso e diverso da quello terrestre, in cui chiunque si possa rifugiare. Così da vita a un’autentica filosofia, fatta di simboli e di richiami che il frontman invita a svelare. La simbologia prende il nome di Glyphics e si è arricchita nel corso degli anni, diventata per gli Echelon il primo modo per riconoscersi tra di loro e per sentirsi parte di qualcosa di unico.
L’album di debutto e A Beautiful Life
30 Seconds to Mars è un autentico concept album, incentrato sulla sofferenza dell’uomo e sul principio dell’autodeterminazione. Pur avendo protagonisti diversi, i vari brani hanno tematiche ben precise, dall’alienazione sociale all’isolamento emotivo e il malessere dovuto alla situazione politica. Tuttavia, ciò che colpisce e che affascina è il modo in cui la mente di Jared Leto – principale compositore del gruppo – ha saputo mettere in musica temi così profondi e complessi.
Le immagini evocate dalle singole canzoni sono astratte, quasi eteree, ma non perdono contatto con la realtà. Il procedimento di costruzione dei testi ricorda quello delle opere seicentesche barocche: i versi riccamente elaborati sembrano parlare di un universo inesistente e, invece, dietro quel fitto groviglio di parole si nasconde una forte critica alla società del tempo che imponeva a poeti e scrittori leggerezza e frivolezza. Lo stesso succede in 30 Seconds to Mars. Gli elementi sovrannaturali diventano metafora di questo mondo, mettendone alla luce vizi e difetti. Un album complesso, dalle sonorità talvolta distorte che oscillano tra progressive metal, space rock ed elettronica.
La band sceglie lo stesso procedimento di composizione anche per il suo secondo album, A Beautiful Life, uscito nel 2005. Registrato in ben quattro continenti, il nuovo progetto dei Mars mantiene come temi principali quelli del disco precedente, così come il metodo di scrittura. Jared Leto si rivela ancora una volta una penna abile in astrazioni e retorica, sempre attento alla contemporaneità e i suoi problemi. Cambiano, invece, le sonorità. A Beautiful Life risulta più facile all’ascolto, grazie al sound modern e alternative rock che si allontana dal metal. Restano le forti e complesse armonizzazioni, ma diminuiscono gli accordi distorti. The Kill, secondo singolo estratto, è il vero grande successo dell’album che porterà i Thirty Seconds To Mars alla fama mondiale.
This Is War e la “battaglia” contro la EMI
Era già accaduto per i Queen nel 1975: quando una band si scontra con un produttore o una casa discografica, desidera una rivincita. Il gruppo di Freddie Mercury & Co. diede vita al proprio capolavoro, A Night At The Opera, dodici tracce di pura meraviglia, contenente l’impareggiabile Bohemian Rhapsody e la provocatoria e vendicativa Death On Two Legs. I fratelli Leto e Tomo Miličević, invece, hanno realizzato This Is War. Nel 2008, infatti, la EMI cita i Thirty Seconds To Mars, chiedendo 30 milioni di dollari di risarcimento per non aver rispettato delle condizioni del contratto, firmato nel 1999. Jared si rifiuta, e da lì è guerra.
Abbiamo vissuto un periodo davvero intenso per realizzare questo album. È stata una battaglia d’ingegno durata due anni, feroce, dura ma efficace dal punto di vista della creatività. Con il senno di poi, tutti quegli elementi avversi ci hanno reso più forti e hanno reso l’album migliore.
Se nei due album precedenti il cantante-attore aveva preferito un tipo di scrittura metafora della realtà, qui sceglie la concretezza. This Is War rimane un concept album, ma ogni canzone è un colpo sferzato alla casa discografica, ai demoni del passato di Leto e alla società. Il risultato è quello di un progetto musicalmente perfetto, un’autentica rock opera, che unisce il new wave degli anni Settanta-Ottanta al progressive rock e all’heavy metal. La sperimentazione strumentale abbraccia la tradizione di Pink Floyd e My Chemical Romance che viene premiata con quattro milioni di copie vendute in tutto il mondo, un tour di più di trecento date – per il quale la band entra nei Guinness World Record – e l’acclamazione da parte della critica. I Thirty Seconds To Mars dimostrano di essere i veri vincitori del conflitto.
La musica a colori di Love, Lust, Faith and Dreams
A guerra finita, atmosfera e toni si placano. Lo stesso fanno le sonorità e i testi confluiti in Love Lust, Faith and Dreams, il quarto album in studio della band uscito nel 2013. Le atmosfere cupe di This Is War – soprattutto in brani come Night Of The Hunter, Hurricane e Stranger In A Strange Land – tendono a dissolversi, simile alla reazione del cielo dopo una tempesta. Anche questo disco segue una linea guida, spiegata già dal titolo. I temi principali sono, appunto, l’amore, la lussuria, la fede e i sogni.
Rispetto alle volte precedenti, Love, Lust, Faith and Dreams risulta un concept album anche a livello di packaging. La copertina presenta un’opera dell’artista Damien Hirst: una serie geometrica di pallini colorati. A ogni tematica è associato un colore, che si trova anche accanto alle canzoni della scaletta. Il rosso identifica l’amore, il giallo la lussuria, il verde la fede e il blu i sogni. Dopo tre progetti in cui gli appassionati del gruppo cercavano di svelare misteri e significati celati dietro ai vari testi, ecco che i Thirty Seconds To Mars forniscono loro una mappa per addentrarsi ancor di più nel loro universo. Un universo in cui ogni Echelon si sente a casa.
America e la svolta pop
Infine, nel 2018 arriva America, l’album della discordia. Infatti, se gli Echelon si sono sempre dimostrati solidali nelle scelte musicali di Jared Leto, America crea all’interno del fandom una spaccatura. Lo stesso vale per la critica. L’intento del progetto è quello di raccontare l’amata madrepatria con le sue sfaccettature, contraddizioni, pregi e difetti. Il frontman resta coerente con la sua scelta di leitmotiv, ma apporta un netto spostamento del baricentro per quanto riguarda le sonorità. Se gli album precedenti rientravano sotto la definizione di “rock”, America è decisamente pop, con contaminazioni non solo dell’elettronica più moderna ma anche della trap. Lo stesso Leto ha dichiarato che dietro all’intero lavoro ci sia un suo profondo desiderio di cambiamento: “I must change or die”, dice persino nel brano Dawn Will Rise.
Risulta molto particolare il packaging dell’album. Già con Love Lust, Faith and Dreams, i Thirty Seconds To Mars avevano unito musica e arte. Con America, continuano a esplorare questo territorio, rilasciando diverse versioni con copertine differenti. Ognuna di esse è monocromatica e presenta una lista di cinque parole su un preciso argomento: i nomi americani più iconici, le posizioni sessuali più popolari o ancora l’elenco degli Youtuber più pagati degli Stati Uniti.
Gli Echelon: il cuore pulsante dei Thirty Seconds To Mars
Oltre che nella musica, la potenza della band risiede nei fan, ribattezzati già dal 2002 Echelon. Questo termine non è solo il titolo di una delle canzoni dell’album self-titled, ma è il nome di un sistema satellitare americano, usato dal governo per intercettare tutte le chiamate che avvenivano sul territorio. Giusto per ribadire la passione per misteri e universi alternativi. I primi Echelon non partecipavano solamente agli eventi dal vivo dei Thirty Seconds To Mars, ma si prodigavano per farli conoscere, in anni in cui non c’erano social media e gli unici contatti digitali erano i primi forum che iniziavano a formarsi. Prese vita un senso di grande famiglia, che ancora oggi unisce migliaia di Echelon di tutto il mondo.
Così, i Thirty Seconds To Mars, sulla scia del carisma e della potenza magnetica di Jared Leto, hanno creato un’autentica comunità per la quale si impegnano con eventi esclusivi, quali Camp Mars o Mars Island: tre giorni di campeggio in cui gli Echelon di qualsiasi Paese possono conoscersi, stare insieme e condividere la propria passione per la band, assistendo a due concerti e incontrando i loro idoli. Leto non ha paura del termine “setta”, anzi spesso ripete provocatoriamente il motto “Yes, this is a cult”, accompagnato dall’hashtag #YouWouldntUnderstand.
Il senso di appartenenza provato da ogni Echelon va al di là di quello che gli altri possono immaginare. Si tratta di quella famiglia, di quell’ancora a cui aggrapparsi e quel rifugio che Jared e Shannon hanno sempre voluto e quasi mai trovato. Consiste nella dimostrazione che la musica possa essere l’alleata più potente contro le difficoltà che la vita presenta. Basta solo saper ascoltare.