L’Antartide è l’unico continente rimasto intoccato dalle spartizioni territoriali sin dalle origini del pianeta. Questa sua primordialità, tuttavia, non è immune da rivendicazioni geopolitiche più o meno valide da parte di diversi stati sovrani. Anche per impedire dispute territoriali, nel 1959, nasce il Trattato Antartico, pietra miliare del cosiddetto Sistema Antartico.
Tale sistema si compone del primo accordo generale già citato più altri accordi: il Protocollo di Madrid del 1991 sulla Protezione Ambientale; la Convenzione di Londra del 1972 per la conservazione delle Foche in Antartide; quella di Canberra del 1980 sulla Conservazione delle Risorse Marine Viventi in Antartide e quella di Wellington del 1988 per la Gestione delle Attività Minerarie. Di queste, solo l’ultima non è stata ratificata; si tratta infatti di un tema spinoso perché, alla fine, le risorse sono il vero obiettivo. Ma ciò che ha maggiormente impedito la ratifica è proprio l’ambiguità dello statuto internazionale dell’Antartide, a cui si sovrappongono diverse rivendicazioni di sovranità.
Il trattato antartico nei suoi articoli fondamentali
Lo scopo del trattato
Il Sistema Antartico nasce a Washington con il Trattato Antartico del 1959 che vede la firma di dodici Paesi membri, divenuti ad oggi, cinquantatré. Essi si accordarono per un pacifico sfruttamento dell’continente ghiacciato a fini principalmente di ricerca scientifica, ma non solo, come enunciato all’articolo 1 del trattato:
Art. I
(1) Nell’Antartide sono autorizzate soltanto attività pacifiche. Sono vietati, fra l’altro, tutti i provvedimenti di carattere militare, come l’insediamento di basi, la costruzione di fortificazioni, manovre ed esperimenti di armi di qualsiasi genere.
(2) Il presente Trattato non si oppone all’impiego di personale o di materiale militari per la ricerca scientifica o per qualsiasi altro scopo pacifico.
Il tema delle rivendicazioni
Il trattato inoltre afferma che lo scopo non è quello di gestire le rivendicazioni territoriali che, dal 1961, sono state in effetti congelate ma restano valide. Gli stati che avanzano rivendicazioni sono sette: Gran Bretagna, Australia, Nuova Zelanda, Francia, Norvegia, Cile ed Argentina mentre ci sono altre rivendicazioni non riconosciute. Russia (prima Urss) e Usa, invece, si riservano di farne in futuro, nonostante l’articolo 4 del trattato che dice:
Art. IV
1) Nessuna disposizione dei presente Trattato può essere interpretata: a) come costituente, per una Parte contraente, una rinuncia ai suoi diritti di sovranità territoriale oppure alle rivendicazioni territoriali nell’Antartide da essa precedentemente fatte valere; b) come una rinuncia totale o parziale di una Parte contraente ad una base di rivendicazione di sovranità territoriale nell’Antartide, che potrebbe risultare dalle sue attività o da quelle dei suoi cittadini nell’Antartide o da qualsiasi altra causa; c) come pregiudicante la posizione d’una Parte contraente per quanto concerne il riconoscimento o il non riconoscimento di questa Parte del diritto di sovranità, di una rivendicazione o di una base di rivendicazione di sovranità territoriale di qualsiasi altro Stato nell’Antartide.
(2) Nessun atto o attività intrapresi durante la validità del presente Trattato costituisce una base che consente di far valere, sostenere o contestare una rivendicazione di sovranità territoriale nell’Antartide né di istituire diritti di sovranità in questa regione. Durante la validità del presente Trattato, non deve essere presentata alcuna nuova rivendicazione né estesa una rivendicazione di sovranità territoriale precedentemente fatta valere.
Le implicazioni di un nuovo panorama geopolitico
Tuttavia i tempi cambiano e la situazione in Antartide, considerato anche l’avvento della potenza cinese, sta cambiando. L’affastellarsi di varie potenze geopolitiche dopo la guerra fredda ha scatenato una corsa all’Antartide. Tra i contendenti ritroviamo la Turchia, l’India, il Pakistan, la Cina e l’Iran che screditano e cercano di bypassare il Trattato, a cui tutti pure, eccetto l’Iran, hanno aderito. Il problema è che la scrittura del trattato risale ad ormai sessant’anni fa: le dinamiche della guerra fredda erano ben diverse da quelle attuali.
Molti parti del Trattato temono inoltre che molti stati stiano facendo indebitamente affluire in Antartide contingenti militari senza
darne notifica, violando quindi il trattato. Altri invece, come l’Australia, sono preoccupati per i sistemi di sorveglianza delle basi cinesi. L’Antartide infatti, libera dalle onde radio, è ottima per gli studi sullo spazio più lontano ma anche come base operativa per armamenti e reti di sorveglianza.
Inoltre, è di fondamentale importanza, per capire le ragioni di questo interesse, rimarcare come il trattato non nacque col desiderio di salvaguardare l’ambiente. La veridicità di questa affermazione, fatta dallo studioso Alessandro Antonello, è supportata dal fatto che nel trattato si trovi un solo sottoparagrafo riguardante la conservazione dell’ambiente. L’Antartide infatti, oltre che un paradiso naturale, è una zona molto pescosa e probabilmente ricca di materie prime come il petrolio.
Certamente questa “copertura” ha avuto poi risvolti positivi anche a livelli diplomatici: basti pensare al Protocollo di Madrid del 1991 sulla Protezione Ambientale. Si potrebbe, questo punto, tacciare di cinismo le parti contraenti, ma in fondo non si tratta che di realpolitik. Il perseguimento del vantaggio economico e delle risorse naturali viene (quasi) sempre prima di ogni aspetto etico o morale, sia esso rilevante o meno.
Quando la geopolitica e gli interessi commerciali minacciano la ricerca scientifica
Altro dato fondamentale è la data di scadenza dei trattati riguardanti l’estrazione delle risorse nel territorio antartico, ovvero il 2048. In quell’anno dovranno essere ridiscusse le condizioni imposte finora dai trattati: non c’è nessuna certezza che rimarranno invariate. La quantità di petrolio che giace sotto il terreno antartico, infatti, fa gola a molti e, ora del 2048, le riserve mondiali attuali saranno di gran lunga diminuite. Inoltre, vi è l’incognita dell’assetto geopolitico che è irrimediabilmente destinato a variare. Nel frattempo infatti, la Cina ha aperto quattro basi e intende aprirne una quinta, la Corea del Sud una e l’India invece ben tre.
Il continente antartico è quindi al centro di una disputa dove, oltre agli interessi degli stati occidentali, di quello australiano e neozelandese, emergono
sempre con più forza gli interessi di Cina e Russia. Il problema di fondo, sostengono esperti come Yelena Yermakova, è la poca democraticità costitutiva del sistema antartico. Esso fu impostato durante la guerra fredda, quando molti Paesi erano ancora sotto il dominio coloniale inglese o francese. Ora, questi Paesi sono esclusi dallo scenario antartico a causa dell’impossibilità di competere, fatta eccezione per alcuni, con le grandi economie mondiali. Se l’interesse fosse puramente scientifico e ambientale, allora tutti gli stati dovrebbero essere invitati a prendere parte, per quanto possibile, al progetto.
Il fatto è che questo sistema sembra invece privilegiare un club elitario di stati; non è un caso che i nuovi membri siano principalmente gli aspiranti protagonisti dello scenario mondiale. Inoltre, il diritto di voto nell’assemblea, spetta solo alle parti consultive ovvero gli aderenti al trattato che hanno svolto ricerche, e quindi investito fondi, nel territorio. Questo limita di fatto la sovranità decisionale a pochi scelti. Si può quindi affermare che l’Antartide rappresenti, fatte le debite differenziazioni, un piccolo specchio della geopolitica internazionale.
Un progetto che dà speranza
Il 29 settembre 1982, il primo ministro della Malesia, Mahathir Mohamad, teneva un discorso davanti all’Assemblea Generale dell’ONU. Egli riteneva che le Nazioni Unite dovessero
finalmente concentrarsi sul trovare una soluzione definitiva alla questione antartica. L’idea del primo ministro malese si basava sul fatto che, non essendoci nativi antartici, gli stati presenti sul territorio dovessero comportarsi come amministratori fiduciari per tutta la comunità internazionale. La prospettiva migliore rimaneva però quella dell’amministrazione ONU su tutta l’area. Il ministro degli esteri malese, alla firma della convenzione di Montego Bay (1982), definiva infatti il territorio come “un’area di interesse comune che potrebbe portare immensi benefici a tutta l’umanità“.
Essendo periodo di guerra fredda, la Malesia, membro della conferenza degli stati non allineati, propose la sua idea anche in quella sede, conducendo gli stati ad una risoluzione comune. Alla trentottesima Assemblea Generale dell’ONU, con il supporto degli stati non allineati, la Malesia e Antigua e Barbuda inserirono la discussione sull’Antartide nell’agenda. Tuttavia, le potenze già firmatarie del Trattato Antartico respinsero il progetto: chiaro segno del forte interesse, non solo scientifico, verso il territorio. Il risultato fu che, a causa dell’opposizione sia di firmatari del Trattato sia di membri della conferenza degli stati non allineati, la questione rimase in sospeso e lo è ancora ai giorni nostri.
Fonti
Rivendicazioni territoriali in_Antartide
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