Distopia e cinema: critiche sulla società

distopiaIl racconto distopico, definito anche anti-utopico o utopia negativa, descrive uno scenario pessimistico solitamente ambientato nel futuro e basato su tendenze negative presenti nel contesto storico in cui si scrive. In antitesi all’utopia, la distopia è caratterizzata da società oppressive e condizioni politiche estreme, spesso influenzate da pericoli ambientali o tecnologici.

La parola “distopia”, coniata a metà del diciannovesimo secolo da John Stuart Mill, è composta dal prefisso greco “dys”, connotativo di un concetto particolarmente negativo e “topos”, che significa “luogo”. Il vocabolo si contrappone alla parola “utopia“, formata da “u”, ovvero “non”, e “topos”. Il termine “utopia” venne coniato da Thomas Moore (Londra, 1478-1535), la cui opera più famosa è proprio Utopia, trattato che descrive la società ideale secondo l’autore. L’origine del genere filosofico-letterario dell’utopia, con cui si cimentarono anche Tommaso Campanella e Francis Bacon, viene però sancito da La Repubblica di Platone, la celeberrima utopia socio-politica del filosofo ateniese, redatta tra il 380 e il 370 a.C.

Gli scenari utopici permettono di esplorare contesti ideali alternativi a quelli reali, stimolando il pensiero critico e mettendo in discussione la propria realtà. La distopia, invece, rappresenta l’opposto della realtà ideale, ed è spesso concepita come una condizione sociale originata dall’estremizzazione di ideologie e valori assoluti.

Le distopie, infatti, tendono a descrivere i pericoli percepiti nella società contemporanea, proiettati in un futuro distante nel tempo e nello spazio, ma nel quale lo spettatore riesce a immedesimarsi facilmente. Questo tipo di narrazione deriva dall’esigenza di esplorare e criticare le tendenze negative della società contemporanea, mettendo in luce i limiti e i pericoli dei possibili sviluppi sociali, politici o tecnologici.

Il governo dei filosofi

La società ideale descritta ne La Repubblica è strutturata secondo gli ideali e i principi filosofici di Platone, che notoriamente includono la destrutturazione del concetto di famiglia e l’affidamento del governo ai sapienti, ovvero i filosofi. La lontananza di questa concezione da quella moderna ha spinto molti – in particolare il filosofo Karl Popper (1902-1994) – a sostenere che quella descritta da Platone è una società totalitaria che, in effetti, si avvicina molto più a una distopia che a un mondo ideale. Non a caso, diverse distopie contemporanee, cinematografiche o letterarie, immaginano la degenerazione di una sorta di “governo dei filosofi”.

Il ribaltamento dell’utopia platonica che caratterizza questo genere di racconto descrive solitamente una degenerazione sociale e politica che elimina dalla narrazione gli elementi di giustizia ed equilibrio citati ne “La Repubblica” e fondamentali nell’idea di società perfetta di Platone. Il pensiero socio-politico platonico, infatti, suppone che i governanti agiscano guidati dalla ragione e dalla saggezza, nell’interesse del bene comune. Tuttavia, come successo nel corso della storia, la distopia vede questi principi fondamentali disgregarsi dando origine a società manipolate da individui corrotti, interessi egoistici e ideologie totalitarie.

Il ribaltamento dell’utopia platonica riflette quindi una critica al concetto stesso di una leadership illuminata o di un governo ideale. Intende mostrare come anche le migliori intenzioni possano degenerare in oppressione e tirannia quando non ci sono controlli adeguati sul potere, quando manca un equilibrio tra autorità e libertà individuale. In questo modo, la distopia si propone di mettere in guardia il pubblico contro l’idealizzazione acritica di ogni struttura di potere, promuovendo una maggiore consapevolezza riguardo ai potenziali abusi di potere nella società.

L’intrattenimento distopico come critica sociale

A partire dal ventesimo secolo sia la letteratura, sia la cinematografia hanno utilizzato la rappresentazione distopica come mezzo per criticare l’ingiustizia sociale, la disuguaglianza e la distanza socio-economica tra le classi.

Nella letteratura, 1984 di George Orwell (1949) e Il mondo nuovo di Aldous Huxley (1932) sono alcuni esempi classici di distopie letterarie. In questi racconti emerge in primo piano la critica verso l’oppressione governativa, il controllo della mente e la perdita delle libertà individuali. Queste opere cardine della distopia letteraria dipingono un mondo in cui le élite dominanti esercitano un potere assoluto sulla popolazione, opprimendo e sottomettendo le masse.

Anche nella cinematografia, la distopia e il ribaltamento dell’ideale platonico mettono in discussione le strutture di potere e le norme sociali dominanti. Alcuni classici del genere distopico comprendono Metropolis di Fritz Lang (1927) e Brazil di Terry Gilliam (1985). Questi classici esplorano temi simili, mostrando società futuristiche divise tra una classe dominante privilegiata e una massa di persone impoverite e  diseredate. Questi due prodotti cinematografici sono passati alla storia come due dei più iconici film di questo genere, proponendo scenografie e trame che hanno notevolmente influenzato il cinema distopico e fantascientifico.

L’intellettualismo distopico al cinema

La distopia si è insomma rivelata un potente strumento di critica sociale nell’ambito della cinematografia contemporanea. Questo approccio distopico esplora la possibilità di società apparentemente ideali guidate da un’élite di sapienti, ma in realtà corrotte, tiranniche, ingiuste e classiste.

Alcuni esempi della produzione cinematografica del genere distopico comprendono:

  • THX 1138” (1971) – Diretto da George Lucas, questo film presenta una società futuristica controllata da un governo autoritario e tecnocratico, dove la popolazione è privata delle proprie libertà.
  • Gattaca” (1997) – Di Andrew Niccol, dipinge un futuro in cui le persone sono  discriminate in base al loro patrimonio genetico, con conseguente perpetuazione della disuguaglianza sociale e dell’oppressione.
  • The Matrix” (1999) –  Andy e Larry Wachowski  propongono una critica alla perdita di libertà individuale e all’alienazione nella società moderna. La realtà è un artefatto creato da macchine intelligenti, dove gli esseri umani sono schiavi inconsapevoli.
  • Equilibrium” (2002) – Diretto da Kurt Wimmer, questa pellicola mostra un regime totalitario in cui le emozioni umane sono soppresse.
  • The Giver – Il mondo di Jonas” (2014) – Questo film, di Phillip Noyce, presenta una società apparentemente utopica, governata da intellettuali che controllano ogni aspetto della vita dei cittadini.
  • The Circle” (2017) – Diretto da James Ponsoldt, rappresenta una società futuristica in cui una potente azienda tecnologica governa la vita di milioni di persone attraverso il controllo dei dati e della privacy.

Questi film offrono una prospettiva intrigante sulla possibilità di una società distopica governata da intellettuali e filosofi. Le pellicole esplorano le implicazioni etiche e morali di una degenerazione del potere quando è illimitato e concentrato nelle mani di pochi.

Riflettere sulla propria realtà attraverso il cinema

Rappresentando mondi distopici, sia la letteratura che la cinematografia offrono uno specchio inclemente della società contemporanea, invitando il pubblico a riflettere sulle sue strutture di potere e sulle disuguaglianze presenti. Queste opere fungono da avvertimento, mostrando le possibili conseguenze di un mondo in cui la disparità tra le classi è eccessiva e l’ingiustizia sociale è diffusa. La rappresentazione distopica costituisce uno strumento efficace per stimolare il dibattito e la riflessione critica sulle questioni socio-economiche del nostro tempo.

Attraverso l’utilizzo di scenari distopici, anche la cinematografia offre una rappresentazione estrema delle nostre strutture sociali e delle loro imperfezioni, invitando il grande pubblico a riflettere sulle conseguenze negative di un mondo in cui l’ingiustizia e la disuguaglianza sono lasciate impunite. In questo modo, il ribaltamento dell’utopia platonica si rivela un potente strumento di critica sociale, incoraggiando il dibattito e la riflessione critica sulle questioni etiche del nostro tempo. Nel perseguire questo obiettivo, il cinema in particolare si rivela uno strumento particolarmente potente, grazie alla sua capacità di comunicare efficacemente messaggi complessi e al contempo carichi emotivamente, e alla possibilità di attrarre un pubblico eterogeneo.

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