i batteri OGM contro l’inquinamento ambientale

Il sito del Ministero della Salute riporta la seguente definizione di organismi geneticamente modificati (OGM): “… organismo, diverso da un essere umano, in cui il materiale genetico (DNA) è stato modificato in un modo differente da quanto avviene in natura, con l’accoppiamento e la ricombinazione genetica naturale“. Nell’immaginario comune gli OGM sono piante e ortaggi, magari con dimensioni e colori “strani”, in realtà i primi organismi geneticamente modificati sono stati alcune specie di batteri14 | Il 9 aprile il Tar del Lazio si pronuncerà sul ricorso … | Flickr. Un esempio famoso e importante è quello dell’insulina, ottenuta grazie a batteri OGM, a partire da quella suina. La “questione OGM” è  ancora “scottante” perché tocca temi etici e di salute molto sentiti, ma anche particolarmente complessi. Gli aspetti da considerare sarebbero dunque molteplici. Tuttavia, i protagonisti di queste righe saranno quegli organismi geneticamente modificati allo scopo di contrastare l’inquinamento ambientale.

I batteri OGM “mangia petrolio”

In un articolo pubblicato sulle pagine di Huffpost del 2022, si legge che più del 90% dei versamenti di idrocarburi nelle acque oceaniche è da attribuire alle attività dell’uomo. L’inquinamento dei mari dovuto al petrolio è un grande problema, anche per la difficoltà nel contrastarlo. Lo afferma Katherine French, biologa e ricercatrice dell’università di Berkeley, che ha seguito una sperimentazione per permettere ad alcuni batteri di “disintegrare” gli idrocarburi.

In natura esistono già degli specifici batteri capaci di digerire e scomporre gli idrocarburi (rendendoli quindi “innocui”) grazie alla produzione di specifici enzimi. Il problema è che sono in grado di sopravvivere in condizioni ambientali diverse rispetto a quelle dei luoghi in cui sarebbero necessari per liberarsi del petrolio. È qui che interviene l’ingegneria genetica: i ricercatori di Berkeley hanno creato dei piccoli elementi genetici (detti plasmidi) che consentono la produzione degli enzimi in grado di degradare gli idrocarburi. I plasmidi sono delle sequenze di geni “accessorie” presenti in tutti i batteri, così definite perché non contengono materiale genetico indispensabile per la vita o necessario alla duplicazione dei batteri. Essi sono, tuttavia, fondamentali nelle sperimentazioni di manipolazione genetica. Infatti, sono in grado di spostarsi da una cellula all’altra, arricchendo la cellula ricevente con nuovo materiale genetico.

Sfruttando le caratteristiche di questi piccoli elementi genetici, i ricercatori hanno inserito i plasmidi “anti-petrolio” in un ceppo di Escherichia Coli, batteri che normalmente non sono in grado di produrre enzimi “mangia petrolio”. Nonostante siano sopravvissuti per poco tempo, i batteri OGM, una volta posti nel sito di interesse, sono stati in grado di trasferire i plasmidi ai batteri locali. I nuovi batteri “potenziati” sono riusciti a dimezzare la quantità di idrocarburi presente nei siti inquinati in un tempo di due mesi.

OGM contro la plastica

Sempre a proposito di salute degli oceani, ancor più urgente e sentito è l’inquinamento da microplastiche. Sul sito del Parlamento europeo si legge: “Nel 2017 l’ONU ha dichiarato che ci sono 51mila miliardi di particelle di microplastica nei mari, 500 volte più numerose di tutte le stelle della nostra galassia“. Inoltre sono ormai sempre più numerose le analisi che hanno rilevato tracce di microplastiche nei corpi degli animali, nei cibi e nelle bevande e persino nelle feci umane (ne avevamo parlato qui).

La scienza sta studiando tantissimi modi diversi per contrastare questa pericolosa realtà.Inquinamento massiccio da plastica: microplastiche trovate nel sangue umano - La Voce dell'Jonio È del settembre 2023 una ricerca dell’università della Carolina del Nord (NC State University) sulla degradazione delle plastiche. Anche in questo caso i ricercatori hanno analizzato dei batteri in grado di decomporre il PET (polietilene tereftalato).  Si tratta della specie Ideonella Sakaiensis, i cui geni “speciali” sono stati incorporati in un plasmide trasferito poi nei batteri Vibrio Natriegens, una specie marina. I test effettuati hanno dato buoni risultati in acqua salata; perciò, gli studiosi sperano in un avanzamento di queste nuove soluzioni.

Novità contro l’inquinamento in arrivo anche dalla Cina

L’inquinamento da microplastiche è globale, tanto da interessare anche la Cina. Un recente studio pubblicato su Eco-Environment & Health (EEH) evidenzia le potenzialità dell’ingegneria genetica nel contrasto all’inquinamento da plastiche. Gli studiosi cinesi sottolineano come ormai i tradizionali trattamenti della plastica siano inadeguati ad affrontare la realtà attuale. Essi sottolineano particolarmente i concetti di upcycling e closed-loop recycling, ovvero il riutilizzo di materiali di scarto, tra cui la plastica, per la produzione di prodotti completamente nuovi, senza perdere le loro caratteristiche fondamentali. Con un procedimento simile a quello applicato dai ricercato della NC State University, i batteri OGM depolimerizzano il PET di scarto trasformandolo in un “prodotto intermedio” che possa essere destinato a un nuovo uso.

Batteri OGM come alternativa ai fertilizzanti

I batteri OGM sarebbero, inoltre, in grado di contrastare l’inquinamento dovuto ai fertilizzanti; è uno studio americano che propone questa soluzione nel campo dell’agricoltura. Sono noti i lati oscuri dei fertilizzanti, tra i quali quello di essere prodotti da combustibili fossili. Inoltre, lo spargimento a pioggia sui terreni porta a un consumo in eccesso, favorendo la dispersione nelle acque con conseguenze molto gravi sugli ecosistemi acquatici locali.

Agritech e paesi in via di sviluppo, servono finanziamenti e formazione | Tech Economy 2030Nel 2022 i ricercatori di diverse università americane, tramite manipolazione genetica, hanno prodotto un batterio (partendo da Azotobacter vinelandii) capace di rilasciare azoto alle piante. L’ambizioso scopo è quello di sostituire i fertilizzanti azotati con batteri OGM. Il batterio modificato, posto nella porzione di suolo dove si innestano le radici di alcune colture, consentirebbe non solo di rilasciare azoto ma anche di farlo in modo controllato, in base alle necessità della pianta. La produzione di diverse tipologie di batteri consentirebbe di trattare nello stesso modo altri tipi di piante con un fabbisogno di azoto differente.

I rischi e gli ostacoli

La ricerca pubblica studi promettenti anche se ancora nelle fasi iniziali, non mancano però critiche e scetticismi. Ad esempio, sembra non essere ancora chiaro quali effetti negativi possa avere la liberazione di batteri OGM alieni in una determinata zona. La poca chiarezza riguardo alle possibili ricadute sugli equilibri degli ecosistemi dovute all’introduzione  in natura di batteri OGM alieni è una delle argomentazioni più diffuse contro la loro diffusione. A ciò vanno aggiunte le delicate questioni etiche, sempre coinvolte in questi casi.

Sicuramente riguardo gli OGM c’è da fare ancora chiarezza e al momento, almeno in Italia, si è piuttosto cauti nell’impiego delle tecniche genetiche, differentemente da altri Paesi. Tuttavia, i piccoli risultati raggiunti grazie al costante e paziente lavoro degli scienziati rappresentano sempre, in un modo o nell’altro, un tassello in più da prendere in considerazione nel progresso degli strumenti forniti dalla ricerca genetica.

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