I sintomi della depressione post-partum, per quanto frequenti, sono spesso difficili da riconoscere, sminuiti o ignorati quando si presentano. La difficoltà nel riconoscere e validare l’insorgere di un disturbo dell’umore legato alla gravidanza e alla transizione al ruolo di neogenitore deriva da cause culturali.
Infatti, le aspettative sociali prevedono donne grate, energiche, forti e gioiose, pronte a prendersi cura dei loro bambini grazie all’istinto materno e a un comportamento di cura innato. Questa immagine idealizzata del ruolo materno porta a sminuire le sensazioni di stanchezza, tristezza, esaurimento o a sentimenti di vergogna nelle madri.
Un problema reale
La depressione post-partum è un disturbo depressivo unipolare reattivo specificatamente legato al periodo successivo al parto, all’esperienza psicoemotiva, fisica e ormonale della neomamma. Questa forma depressiva è viene descritta nel DSM-5 come una sottocategoria del Disturbo Depressivo Maggiore, diagnosticabile attraverso strumenti di screening e questionari appositamente creati.
Nonostante la depressione post-partum sia riconosciuta a livello ufficiale, viene spesso erroneamente diagnosticata come un disturbo depressivo generico, portando a interventi non specifici e, quindi, meno efficaci. Come riportato dal professore Giorgio Vittori, infatti, la diagnosi, il monitoraggio e l’informazione delle neomamme verso la tematica sono problematiche ignorate dalla maggior parte dei ginecologi e dei professionisti sanitari.
Secondo i dati riportati dalla Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia, in Italia sono più di 50.000 le madri che soffrono di depressione post-partum ogni anno. Le donne a rischio sono circa mille ogni mese. Nei casi più gravi è necessario ricorrere a trattamenti sanitari obbligatori (TSO) e provvedimenti sanitari extraospedalieri, per un totale di circa mille interventi di questo tipo ogni anno. Questa problematica, più diffusa del percepito popolare, risulta anche particolarmente onerosa, richiedendo un costo sociale di circa 50 milioni di euro ogni anno.
Il problema della depressione post-partum risulta essere, quindi, diffuso e considerevole. Allo stesso tempo, però, la difficoltà nell’ottenere una diagnosi adeguata e la scarsa informazione sul tema creano ulteriori danni economici, sociali e legati al benessere delle persone.
Le cause e i fattori di protezione della depressione post-partum
La depressione post-partum colpisce dal 10% al 15% delle neomamme. I fattori di rischio nell’insorgere dei sintomi della depressione perinatale riguardano aspetti sociali, ambientali, genetici e ormonali, oltre alla stessa esperienza traumatica del parto.
Infatti, gli episodi depressivi sono spesso correlati a eventi e situazioni stressanti, come difficoltà socio-economiche, lutti ed eventi paranormativi, precedenti episodi depressivi o babyblues. Contribuiscono anche relazioni conflittuali all’interno del nucleo familiare, isolamento sociale e mancanza di sostegno da parte di partner, amici e famiglia. Ulteriori fattori ambientali di rischio sono gravidanze non programmate o indesiderate, essere vittima di violenza sessuale, domestica o ostetrica. Influisce anche aver avuto precedenti aborti, spontanei o volontari, un parto pretermine o complicato e ricoveri in terapia intensiva o malformazioni congenite del neonato.
Oltre a questi fattori, ulteriori trigger derivano da un basso senso di autoefficacia, autostima e fiducia nella proprie capacità. Infine, gli sbalzi ormonali fisiologici legati a progesterone ed estrogeni che si verificano normalmente dopo il parto e storie familiari di depressione che svelano una predisposizione genetica rappresentano altre tipologie di fattori di rischio.
Prevenire o contrastare l’insorgere della depressione post-partum e perinatale è possibile attraverso una solida rete sociale di aiuto e di sostegno alla neomamme. Risulta importante anche stabilire confini chiari e permeabili tra il sottosistema coppia e il sottosistema genitoriale, ritagliarsi dei momenti di cura personale, fisica e psicologica. Infine, è fondamentale un monitoraggio professionale e la possibilità dei neogenitori di riconoscere i primi sintomi di depressione per intervenire repentinamente e in modo efficace.
I sintomi della depressione post-partum
Circa il 12% delle neomamme sviluppa sintomatologie di depressione post-partum in un periodo che varia tra le sei e le dodici settimane dopo il parto e che dura da due a sei mesi. Anche se i primi segnali depressivi possono manifestarsi durante la gestazione.
I sintomi depressivi legati alla maternità comprendono sentimenti di profonda tristezza, episodi di pianto incontrollato, disturbi dell’umore, del sonno e dell’appetito, isolamento, stanchezza e mialgie. Inoltre, I sintomi della depressione perinatale sono caratterizzati da ansia, preoccupazione o disinteresse verso il neonato e un senso di inadeguatezza verso il ruolo genitoriale. Per questo le neomamme provano senso di colpa, paura di nuocere in qualche modo al bambino e, nei casi più estremi, sperimentano l’ideazione suicidaria.
Il disturbo depressivo post-partum viene spesso confuso con i babyblues. Il fenomeno dei babyblues descrive un’esperienza comune che si verifica nel 70%-80% delle neomamme a ridosso del parto e si risolve in una o due settimane. I sintomi dei babyblues sono simili a quello della depressione post-partum, ma più lievi, transitori e legati a normali variazioni ormonali. Mentre la depressione post-partum insorge più di un mese dopo il parto e dura per diverso tempo, durante il quale i sintomi si aggravano gradualmente. Spesso la vergogna della madre o la confusione dello stato depressivo con condizioni più leggere e transitorie portano a ignorare i segnali di disagio e a un conseguente peggioramento della condizione della neomamma.
La depressione post-partum impedisce alle donne affette da questo disturbo di prendersi cura di sé stesse e del neonato. Le neomamme, infatti, in questa condizione faticano a interagire e a entrare in connessione con il figlio, aumentando le possibilità di compromettere lo sviluppo affettivo, cognitivo e sociale del bambino. Inoltre, la depressione post-partum di un genitore aumenta la probabilità di sviluppare un disturbo dell’umore nel partner e di creare stress nella coppia. Se non trattata, la depressione post-partum può diventare cronica o peggiorare in forme più gravi, come forme di psicosi post-parto, il rischio di suicidio e di infanticidio.
La prevenzione è la miglior cura
Per contrastare in modo efficace la depressione post-partum è fondamentale riuscire a identificare i primi segnali di malessere e chiedere l’aiuto necessario.
Al fine di affrontare questo disturbo, è possibile intraprendere percorsi di psicoterapia e, se necessario, integrare una cura farmacologica. Un altro strumento a sostegno dei genitori affetti da depressione perinatale sono i programmi di screening e di monitoraggio del rischio di sviluppare patologie depressive. Infine, esistono servizi ospedalieri che mettono a disposizione percorsi di sostegno a cui gli individui affetti da disturbi depressivi post-partum possono rivolgersi.