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Burnout e stress lavorativo, gli effetti della hustle culture

Burnout

La nostra realtà lavorativa è caratterizzata dalla produttività tossica. Il pensiero che l’unico modo per arrivare al successo e alla realizzazione personale sia essere costantemente produttivi, spingendosi al limite, risulta però irrealistico e logorante. Questo approccio orientato alla performance e alla competitività, infatti, interferisce con il benessere dei lavoratori, che possono sviluppare una serie di sintomi psicosomatici. In alcuni casi di stress intenso e prolungato è frequente che si verifichi l’insorgere di patologie e disagi più importanti, come la sindrome da burnout.

La hustle culture, promossa da numerosi ambienti lavorativi, tende a idealizzare questa idea tossica di lavoro. I dipendenti, infatti, spesso devono confrontare sé stessi con modelli e narrative che spingono a sacrificare bisogni primari e vita privata per raggiungere il successo.

La hustle culture e lo stress lavorativo

Con hustle culture ci si riferisce a un modello produttivo moderno che caratterizza numerosi ambienti lavorativi. Questa cultura promuove l’idealizzazione del lavoro duro e prolungato e un particolare stile di vita, spesso malsano e usurante, con la promessa del successo. I lavoratori hanno come unico obiettivo raggiungere sempre più risultati, trascurando vita privata e risposo per rientrare negli standard competitivi delle realtà aziendali. Gli ambienti lavorativi di questo tipo portano i lavoratori a una sensazione di sopraffazione e alla perdita di motivazione. Lo scarso benessere dei lavoratori rivela il limite e il lato negativo di questo approccio al lavoro.

L’ossessione per la produttività può portare all’insorgere di disagio psicologico: lo stress, infatti, può portare a stati di ansia, a senso di colpa nei momenti di riposo, a un costante senso di insoddisfazione e ad aspettative irrealistiche che non contemplano il fallimento. Già normalmente trascurare alcuni aspetti come il riposo, l’esercizio e la cura della persona aumentano la probabilità di sviluppare patologie anche a livello fisico.

A lungo termine, lo stress promosso dalla hustle culture porta a una compromissione del benessere individuale e lavorativo, oltre a una diminuzione della produttività aziendale. Due fenomeni psicologici collegati alla hustle culture sono il workhaolism e il burnout.

Il workahaolism come conseguenza della hustle culture

Il workaholism, o dipendenza da lavoro, è una dipendenza comportamentale caratterizzata da ritmi di lavoro eccessivi e compulsivi. Spesso rappresenta una strategia di coping disfunzionale orientata al lavoro: questo diventa un elemento che tende a invadere e dominare la totalità del tempo e degli ambiti di vita del workaholic.

Questa dipendenza è caratterizzata dall’attaccamento emotivo ai risultati lavorativi, dal progressivo aumento del tempo dedicato al lavoro, dalla tendenza a una sensazione di astinenza nei periodi di ferie o durante la malattia. Inoltre, la priorità della vita lavorativa su ogni altri aspetto aumenta conflittualità e tensione nelle relazioni interpersonali.

Le persone dipendenti dal lavoro possono sviluppare disagio sia a livello fisico, sia a lavello mentale: risultano frequenti in questi soggetti manifestazioni psicosomatiche, malessere emotivo, difficoltà comunicative, scarso coinvolgimento emotivo e partecipazione in attività non lavorative.

Il burnout e la cultura del lavoro

Il fenomeno del burnout descrive una condizione di esaurimento psicofisico derivante da una condizione prolungata di intenso stress sul luogo di lavoro.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità definisce il burnout:

uno stato di stress cronico lavoro-correlato caratterizzato dalla sensazione di completo esaurimento delle proprie energie fisiche e mentali.

La sindrome da burnout è caratterizzata da tre manifestazioni sintomatiche principali. La prima riguarda una costante sensazione di esaurimento energetico, psicologico, fisico ed emotivo. La seconda si riferisce a una sensazione di alienazione verso qualsiasi attività riguardante il lavoro, la quale alimenta stress e frustrazione.

L’insieme di questi fattori contribuiscono ad alimentare il terzo sintomo, ovvero la conseguente riduzione della performance lavorativa. Infatti, la diminuzione della motivazione, il distacco dall’ambiente lavorativo e la costante sensazione di stanchezza ed esaurimento contribuiscono a ridurre la percezione di autoefficacia negli individui. In queste situazioni le richieste lavorative vengono percepite come sempre più pressanti e irraggiungibili. Dall’altra parte le persone in una condizione di burnout si sentono impotenti e bloccate in uno stato di malessere.

In particolare, i sintomi del burnout sono classificabili in psicologici, fisici e comportamentali. I principali sintomi psichici della sindrome da burnout sono senso di fallimento e sconfitta, bassa autostima, distacco, perdita di motivazione, ansia, insoddisfazione e cinismo. Le manifestazioni fisiche del fenomeno, invece, riguardano stanchezza, compromissione del sistema immunitario, emicrania, dolori muscolari, disturbi dell’appetito e del sonno. Infine, i sintomi comportamentali comprendono atteggiamento di rinuncia, tendenza alla procrastinazione, riduzione della produttività, abuso di alcol e sostanze, eccessivo consumo di cibo e assenteismo.

In più, i fattori contestuali legati alla hustle culture giocano un ruolo fondamentale nella diffusione della sindrome da burnout e dei sintomi a essa correlati.

Gli interventi di promozione del benessere lavorativo

Lo stress lavorativo nasce dalla percezione individuale delle caratteristiche ambientali sul luogo di lavoro. Al fine di promuovere il benessere dei lavoratori, è necessario creare ambienti di lavoro stimolanti e caratterizzati da buone relazioni tra tutti i componenti aziendali. È inoltre importante promuovere lo sviluppo di un senso di appartenenza e incentivare motivazione, responsabilità ed equilibrio tra vita lavorativa e personale. Tutti questi elementi possono contribuire ad aumentare la soddisfazione del personale e a modulare gli effetti dello stress.

Per raggiungere questi obiettivi, spesso le aziende chiedono consulenze a psicologi professionisti. Gli psicologi del lavoro, infatti, operano attraverso valutazioni di rischi legati allo stress, alla sicurezza e alla salute nel contesto lavorativo. Successivamente alla fase di valutazione si occupano di creare e implementare interventi di sostegno individuale, di riorganizzazione del contesto lavorativo e di promozione del benessere.

Un’altra tipologia di intervento che si sta diffondendo negli Stati Uniti consiste nel proporre ai dipendenti programmi di benessere aziendale. Questi programmi costituiscono un tentativo di agire concretamente per contrastare il malessere derivante da contesti lavorativi stressanti. Allo stesso tempo sta anche aumentando la tendenza a ristrutturare l’organigramma aziendale, introducendo manager formati per riconoscere i primi segni di malessere e intervenire. Formare e sensibilizzare i quadri dirigenti verso le conseguenze di un ambiente lavorativo eccessivamente stressante è un elemento di rilievo per poter modificare la cultura lavorativa e aziendale in una direzione orientata non al successo, ma al benessere.

La falsa promessa della produttività tossica

La promessa dell’hustle culture di poter raggiungere la soddisfazione personale attraverso il successo lavorativo e la rinuncia a una vita equilibrata risulta quindi vana. Infatti, il sacrificio richiesto porta alla compromissione della vita personale, della salute fisica e di quella mentale. In più, creare lavoratori esausti, demotivati e fragili fisicamente e mentalmente contribuisce, in realtà, a ridurre la produttività dell’azienda. L’idea di dover inseguire il successo lavorativo a qualsiasi costo, quindi, rappresenta un’approccio malsano e controproducente, che tende a svalutare i lavoratori e che non comporta nessun beneficio effettivo.

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