Per quanto una moderna città sia fornita di tutto ciò di cui abbiamo bisogno per condurre la nostra vita (scuole, ospedali, luoghi di svago e altro), non sempre tutti i servizi sono così facilmente accessibili a tutti i cittadini.
Immaginatevi, per esempio, quello che molti devono fare ogni giorno per raggiungere il loro luogo di lavoro. A meno che non abitino vicino al loro ufficio, devono prendere l’auto e navigare in una città appena sveglia nel pieno dell’ora di punta; oppure devono prendere uno dei mezzi pubblici a disposizione (bus, tram, metropolitana o qualsivoglia veicolo disponibile), e il tutto non con meno disagi. Magari alcuni di essi hanno anche l’urgenza di portare i loro figli a scuola, o altre commissioni di qualche tipo, e alla fine si trovano ad aver circumnavigato il tessuto urbano, vittime di uno snervante traffico (a cui, tra l’altro, anche loro contribuiscono).
Tale situazione è evidenziata da un sondaggio condotto da Deloitte, secondo il quale per l’82% dei cittadini l’auto è ancora un bisogno predominante, nonostante la fiducia nei futuri meccanismi e forme della mobilità. Inoltre, tre italiani su quattro dichiarano che l’80% dei loro viaggi si volge nel centro urbano in cui vivono, evidenziando ulteriormente l’importanza della mobilità urbana e del suo potenziale impatto sulla qualità della vita quotidiana.
Riprogettare le città
Negli ultimi tempi, quindi, con l’avanzata sempre più pronunciata dei temi della sostenibilità ambientale e sociale, è emersa anche la tendenza a riprogettare gli spazi urbani e i relativi servizi, di modo da renderli più accessibili, più vicini al singolo cittadino e alle sue esigenze. Da tutto ciò è nata la seguente idea: la città dei quindici minuti.
L’idea di base è molto semplice: si tratta di un modello urbanistico in cui tutti i servizi di cui il cittadino necessita si trovano a una distanza massima di quindici minuti a piedi o in bicicletta da casa sua, venendo a creare quartieri che in tal modo diventano una cellula completa del tessuto urbano.
Il modello si basa su quattro pilastri: la vicinanza, per la quale tutti i servizi siano rapidamente disponibili; l’ecologia, grazie alla riduzione degli spostamenti e all’utilizzo ridotto di mezzi più inquinanti come l’auto; la maggior partecipazione alla vita del quartiere, in virtù della quale i cittadini si sentirebbero più parte di una comunità; e la solidarietà, che si verrebbe a formare in conseguenza dei punti precedenti.
Origini del progetto
Anche se l’idea è diventata popolare solo di recente, il concetto di una città di quindici minuti risale al 2016, grazie all’esperto in sistemi complessi e innovazione Carlos Moreno, professore all’Università Sorbonne di Parigi. La visione di Moreno si basa sulla progettazione di un ambiente urbano dove ogni cittadino abbia a disposizione nelle vicinanze i luoghi nei quali l’uomo contemporaneo può soddisfare quelle che vengono identificate come le “sei necessità“: in primis la casa, ovviamente, poi il lavoro, il cibo, i servizi sanitari, i servizi educativi, e ultimo, ma non per importanza, l’intrattenimento.
Secondo i sostenitori, tale modello di sviluppo urbano presenta il vantaggio di essere altamente flessibile e in grado di integrarsi nelle varie tipologie di città nel mondo, dalle più grandi alle più piccole, superando le varie barriere culturali. Altro aspetto sottolineato è la presunta neutralità politica di questa visione dello spazio urbano; la città pensata da Carlos Moreno dovrebbe essere basata solo sui bisogni dei cittadini, e non presenta aspetti prescrittivi riguardo l’estetica dell’architettura (un elemento a cui viene prestato una certa cura nelle varie ideologie politiche quando si progetta uno spazio pubblico).
L’implementazione e la volontà politica
L’idea può sembrare interessante in un mondo sempre più all’insegna della rapidità e della riduzione dello spreco di tempo, e vari progetti in tal merito sono sorti negli ultimi anni.
Tra i principali sostenitori, ad esempio, vi è Anne Hidalgo, sindaco della città di Parigi e membro del partito socialista francese, che durante la sua campagna elettorale ha contribuito a espandere e rendere più popolare tra i non specialisti la visione di una città basata sulla prossimità dei servizi essenziali per tutti i cittadini, con la promessa che, dopo la pandemia di CoVid-19, la capitale francese sarebbe diventata la #VilleDuQuartDHeure.
Tuttavia, l’idea non si è radicata solo nella direzione politica della Ville Lumière, ma ha raggiunto una portata globale ormai piuttosto significativa. Il gruppo “C40 Cities Climate Leadership Group” (una rete composta dai sindaci di quasi un centinaio di città di importanza planetaria per il loro impatto sulla demografia e sulle attività economiche globali) ha avviato un partenariato con Nordic Real Estate Partners (NREP) in merito all’implementazione ed esecuzione di alcuni progetti pilota in alcune città, e nei quartieri selezionati di esse, al fine di riprogettare lo spazio urbano ispirandosi al modello qui esposto. L’obiettivo è la riduzione nell’utilizzo di veicoli privati (le macchine in primis), diminuendo così il livello di inquinamento dell’aria negli spazi urbani e migliorando la vita degli abitanti dei quartieri.
La situazione in Italia
L’idea di riprogettare gli spazi urbani secondo una filosofia più a misura d’uomo è arrivata anche nel nostro Paese, ne sono esempi i progetti avviati nelle due più importanti città italiane: Milano e Roma.
A giugno 2022 il Comune di Milano ha emesso un bando rivolto alle piccole e medie imprese, finanziato con i fondi del Programma Operativo Nazionale (PON) 2014 – 2020 (i cui finanziamenti arrivano dal FESR, il Fondo Europea per lo Sviluppo Regionale, tramite il REACT EU), al fine di implementare o migliorare i servizi mancanti o deficitari nelle varie zone della città.
Le risorse previste per questo progetto superano 1.300.000 euro, e i costi dei progetti presentati dovranno essere tra i 30.000 e i 100.000 euro, dei quali il l’80% verrà dato come contributo a fondo perduto. Tuttavia, per incentivare dei progetti ad alto impatto sociale, le imprese con i progetti più socialmente di successo avranno accesso a una riserva premiale che permetterà di coprire i costi di progetto fino al 90%.
Non solo Milano, anche Roma, la Città Eterna, si è politicamente attivata in tal senso. La Giunta Capitolina di Roberto Gualtieri, nella seduta del 22 settembre 2022, ha approvato i Documenti di Indirizzo alla progettazione urbanistica nell’ambito del programma “15 municipi, 15 progetti per la città dei 15 minuti”. La visione del progetto è quella di un città decentrata, inclusiva, accessibile non solo fisicamente, ma anche socialmente, in cui la partecipazione popolare è un elemento essenziale, migliorando anche il collegamento fra il centro e la periferia della città (un elemento da tenere conto in special modo nel caso di Roma, la cui area urbana è molto estesa).
Criticità
Nonostante le buone premesse, non sono mancate le obiezioni e le critiche all’implementazione.
Innanzitutto, a differenza di quello che dicono i suoi sostenitori, la città dei quindici minuti non sarebbe secondo alcuni implementabile in quasi ogni tessuto urbano. L’urbanista di Toronto Jay Pitter scrive su «Bloomberg» che tale modello sarebbe difficilmente implementabile nelle città del continente nordamericano; infatti, mentre le città del Vecchio Continente sono molto più antiche dell’automobile e, come conseguenza, progettate senza tenere conto delle vetture nel tessuto urbano principale, le città statunitensi sono costruite basandosi sulla mobilità che le auto private danno ai loro utilizzatori, e quindi un tessuto urbano che cercherebbe di eliminarle anche solo in parte creerebbe dei problemi di mobilità.
Altro aspetto criticato è la compartimentazione che queste comunità verrebbero a creare nel tessuto urbano. Lo spazio urbano non è ininfluente nel creare barriere razziali e sociali; infatti, già nei decenni precedenti si è cercato di creare delle unità di quartiere autosufficienti (principalmente negli Stati Uniti), col risultato di imprimere nel tessuto urbano la segregazione razziale e sociale tra gli abitanti di una stessa città. Conseguentemente a ciò, il rischio della città dei quindici minuti è che vengano esasperate le tensioni sociali, invece di ridurle, ignorando decenni di pianificazione urbana con cui alcune città oggi si trovano a dover fare i conti, e che non possono essere poco considerate nell’implementazione di una qualsivoglia politica pubblica.
CREDITI