Nella letteratura scientifica la definizione di “eco-ansia” è stata descritta come:
“La sensazione generalizzata che le basi ecologiche dell’esistenza siano in procinto di crollare”.
(Glenn Albrecht, 2019)
Il lento e inesorabile stato di degradamento globale è sicuramente evidenziato dai sempre più frequenti disastri ambientali su larga scala. Il dramma della siccità, l’innalzamento medio delle temperature, lo scioglimento dei ghiacciai, la distruzione degli incendi boschivi, l’intensità delle piogge torrenziali, la tragicità delle alluvioni sono segnali inequivocabili del malessere ecologico globale.
L’esperienza sempre più violenta e frequente di disastri ambientali legati al cambiamento climatico ha dato origine a conseguenze tra le quali spicca per dissenso il concetto di eco-ansia. Un disturbo di ansia indotto dal cambiamento climatico che può tradursi in diversi impulsi reattivi. Una reazione adattiva favorirà un atteggiamento di motivazione nei confronti dell’attivismo climatico. Un’eventualità è una reazione opposta. L’eco-paralisi è una passività ansiosa che impedisce al soggetto l’affronto della crisi ambientale.
Un’indagine italiana condotta nel 2019 ha indicato che su un campione nazionale di 800 giovani adulti il 51% ha identificato come principale causa del proprio disagio il cambiamento climatico. Se il disturbo colpisce principalmente le nuove generazioni è ascrivibile al fatto che il cambiamento climatico risulta oggi pericolosamente e irreversibilmente imminente. L’estrema globalizzazione dell’informazione, l’intensificazione della componente divulgativa e le modalità attraverso le quali è espletata, la progressiva sensibilizzazione e la consapevolezza sviluppatesi sul tema rendono l’emergenza climatica una vera e propria disfunzione nel processo evolutivo del nostro pianeta. A compromettersi al fianco del pianeta è la qualità della vita di molti individui che lo abitano. L’insieme di questi fattori fanno dell’eco-ansia un fenomeno senza precedenti e relativamente nuovo, nonostante sia oggetto di studi e ricerche da ormai qualche anno.
Categoria sociologica o paternalismo perbenista?
Coesistono i due sempiterni schieramenti tra detrattori e sostenitori. Curioso parlare di detrattori di fronte a un sentimento collettivo dichiarato, ma non c’è da stupirsi dato il numero di negazionisti dell’emergenza climatica saldamente ancorati al tessuto sociale. Di fatto l’eco-ansia non risulta annoverata tra i disturbi d’ansia riconosciuti, ma la ricerca si dirige verso una progressiva e minuziosa identificazione degli effetti psicologici del collasso ambientale in virtù della sensibilizzazione. L’American Psychological Association (APA) definisce l’eco-ansia come “una paura cronica del destino ambientale“.
Dall’altro lato della bilancia la politica che, come dura contestatrice delle istanze di attivismi ambientalisti, è lo specchio di una generazione che affonda le proprie radici nell’imponenza capitalistica che governa l’andamento socio-economico globale, la cui direzione risulta decisiva per il destino del pianeta. Difficilmente il concetto di ansia collegato al mutamento climatico ha riscosso consenso. Molto più comuni le testimonianze che narrano le gesta e i sentimenti di attivisti ambientalisti come eco-teppismo, eco-vandalismo. La retorica di un vero e proprio flagello che «Il Giornale» descrive come “il cortocircuito di un generazione incapace di vivere nella realtà“. La dualità interpretativa è calzante: la chiara incompatibilità di convivere nel compiacimento di una conduzione, ora più che mai insostenibile, delle vicissitudini naturali e antropologiche.
Tutte assunzioni che confutano la teoria che colloca la sensibilizzazione collettiva sulla salute mentale in una posizione ancora troppo arretrata. Nonostante la scienza e la natura si siano schierate impulsivamente. Così l’eco-ansia diventa l’ultima frontiera di irrisione sulla commistione di due temi tanto centrali quanto sottovalutati.
Il caso finlandese
Come evidenziato dal sondaggio (Fondo Finlandese per l’Innovazione, 2019) riportato da Panu Pihkala, docente e ricercatore presso l’Università di Helsinki, in Finlandia il 25% della popolazione ha dichiarato di nutrire sentimenti di ansia associati al cambiamento climatico. Del segmento più giovane (di età compresa tra i 15 e i 30 anni) il 33% manifestava ansia. Emerge inoltre, che una delle principali emozioni legate al cambiamento climatico è frustrazione in riferimento al dibattito climatico in generale, ma anche nei confronti della mancanza di celerità da parte dei governi e dell’azione di società ambientaliste.
Lo studio menziona ulteriori emozioni emerse registrate durante il sondaggio: colpa, vergogna e dolore. Si profila che il 24% degli intervistati riportava di provare senso di colpa associato al cambiamento climatico. L’età sembra essere stato un fattore decisivo: del segmento dei più giovani il 31% ha riportato senso di colpa, mentre degli over 65 solo il 18%.
Stravolgimento del benessere generale
L’ansia climatica sembra essere solo uno dei disastrosi effetti che gravano sulla qualità generale della vita. Un ragionamento che per essere tale necessita di uno sguardo più ampio e trasversale. L’ APA rende noti diversi studi sugli effetti che contribuiscono allo stravolgimento del benessere generale. Eventi climatici estremi producono conseguenze mediate attraverso l’ambiente ma soprattutto attraverso i sistemi sociali. Le disfunzioni dei sistemi sociali sembrerebbero essere effetti collaterali prevedibili non ancora degni di rimarchevole attenzione, ritenuti ineluttabilmente un problema marginale. Recenti studi hanno portato alla luce i drammatici effetti dei cambiamenti climatici sulla salute mentale.
Disfunzioni sociali legate alla crisi climatica
L’ansia climatica parrebbe solo una lieve conseguenza se paragonata alla totalità degli effetti sulla salute mentale rilevati in associazione all’emergenza climatica come l’esacerbazione della violenza di genere, i disturbi da stress post-traumatico, il suicidio, l’aumento dell’aggressività negli individui. Questo dato assume valore di monito per una crescente presa di consapevolezza circa la salute mentale che ricava sussistenza dall’equilibrio globale generale.
Meccanismi propedeutici alla connessione tra eventi estremi e violenza di genere sono resi evidenti dallo sconvolgimento della vita quotidiana che spesso si traduce in incertezza economica e alimentare. Un ulteriore fattore trainante documentato è l’aumento dei livelli di stress e la perdita di controllo dovuti all’incapacità di far fronte emotivamente ad eventi disastrosi che portano in alcuni casi a intensificati modelli di violenza. Recenti studi eseguiti in seguito al Camp Fire del 2018, hanno dimostrato inoltre come l’esposizione diretta o indiretta a eventi climatici estremi come incendi boschivi sia causa di disturbo da stress post-traumatico (PTSD), depressione e sintomi di ansia. Il fenomeno della potente desolazione urbana ha determinato la nascita del concetto di solastalgia. Il filosofo ambientale Glenn Albrecht ha coniato il termine per descrivere la nostalgia derivante dalla perdita della propria abitazione o dei luoghi a sé cari.
Riscontrati lievi aumenti dei tassi di suicidi: un aumento dello 0,7% sul territorio degli Stati Uniti e del 2,1% nei comuni messicani simultaneamente all’aumento della temperatura media mensile. È stato condotto uno studio in India (paese economicamente dipendente dalle precipitazioni) con lo scopo di evidenziare come le fluttuazioni del clima, in particolare la temperatura siano un fattore scatenante in grado di influenzare i tassi di suicidio. A sostegno della congiunzione tra suicidio e cambiamento climatico c’è dunque l’influenza sulla produzione agricola con danneggiamenti al raccolto e il conseguente aggravamento degli oneri di debito delle famiglie contadine.
Per un futuro più sostenibile
L’eco-ansia, oltre a rappresentare una conseguenza del mutamento climatico, è anche una risposta razionale e sensata all’attuale situazione. Ma la soluzione risiede principalmente nell’azione politica e collettiva. Corretta informazione, ottimismo volto all’attivismo e un azione di adattamento al cambiamento climatico (comportamento pro-ambientale) sono la ricetta verso la costruzione di un futuro più sostenibile sul piano ecologico, sociale e psicologico.